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Cronaca

Sushi e sashimi, avvertimento dell’Istituto Zooprofilattico: possono contenere parassiti

E' il risultato di un monitoraggio regionale, effettuato anche nella provincia di Palermo, su 8 mila campioni di specie ittiche siciliane. Gli specialisti: "Non creiamo allarmismi. E' sufficiente seguire alcune regole, sia nei ristoranti che a casa"

Sushi e sashimi. Un tempo apprezzate da pochi adepti ora anche nel nostro Paese queste pietanze sono gradite a milioni di persone, che affollano ogni giorno i ristoranti giapponesi. Peccato però, che, parallelamente al crescere dei locali specializzati (ormai decine anche a Palermo), oggi sono in aumento i casi d’intossicazione legati al consumo di questi cibi. Ma quali sono i rischi cui si va incontro mangiando pesce crudo, carpacci, alici marinate o salmone affumicato? Quello che non tutti gli appassionati sanno è che anche il pesce ha dei parassiti, che possono essere trasmessi all’uomo con estrema facilità se non vengono osservate alcune norme. Il più pericoloso tra questi organismi si chiama Anisakis, un parassita ospitato nelle viscere e nei muscoli di numerose specie marine.

A studiare gli effetti che le larve dell’Anisakis possono provocare nell’uomo è il Centro di referenza nazionale per le Anisakiasi (C.re.n.a), che ha sede all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia. Il Centro, diretto dal dottor Vincenzo Ferrantelli, ha effettuato un monitoraggio, su decreto dall’assessorato regionale alla Salute, i cui risultati adesso sono stati pubblicati. Dalle analisi di circa 8 mila campioni, provenienti da tutte le province siciliane, è emerso che il pesce più infestato da queste larve è la spatola, seguito da suro, sgombro, merluzzo, scorfano e alici. Ma attenzione a non creare allarmismi. “La presenza di questi parassiti nel pesce è assolutamente normale, perché fa parte del naturale processo ecologico dei principali sistemi acquatici marini”, spiega Salvatore Seminara, commissario dell’Istituto Zooprofilattico.

A costituire una minaccia per l’uomo sono le larve dell’Anisakis, quando questi tipi di pesce vengono consumati crudi o poco cotti. Le conseguenze sono spiacevoli: dolori addominali, nausea, disturbi intestinali, a volte febbre, tutti i sintomi di una zoonosi conosciuta con il nome di Anisakiasi, ai quali possono associarsi manifestazioni di orticaria-angioedema, nota come “Anikasiasi gastro-allergica”. Se nelle forme meno gravi può essere sufficiente una terapia sintomatica, nella maggioranza dei casi si rende necessario un intervento chirurgico per la rimozione delle larve. Cosa fare, dunque, per evitare questa malattia?

A spiegarlo è Santo Caracappa, direttore sanitario dell’Istituto Zooprofilattico: "Il metodo più efficace è la cottura superiore ai 60 gradi centigradi per almeno un minuto fino al cuore del prodotto. Nel caso di pesce destinato a essere consumato crudo, i ristoranti, i sushi-bar devono avere l’abbattitore termico (strumento in grado di abbassare rapidamente la temperatura degli alimenti), utile per portare il pesce a -20 gradi per almeno 24 ore. Nel caso, invece, di consumo domestico, per evitare l’Anisakiasi si deve congelare il pesce in un freezer (contrassegnato con tre o più stelle) a temperature ancora più basse (-17 gradi) per almeno 96 ore”. Dallo studio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale è emerso anche che la marinatura, le tecniche del carpaccio e della tartara non rappresentano un metodo sicuro per la bonifica del pesce infestato.

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