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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Scandalo Villa Sofia, la denuncia del sindacato: "La Borsellino sapeva tutto"

Duro attacco di Angelo Collodoro, segretario generale del sindacato dei medici Cimo. Già nei mesi scorsi aveva comunicato alcune presunte violazioni da parte di Tutino, il primario di Chirurgia plastica arrestato per truffa, falso e peculato: "Non aveva neanche i titoli per stare lì"

Una denuncia "violenta", come lo scandalo che ha travolto il mondo della sanità. "Da mesi i vertici aziendali, l’assessorato regionale alla Salute e Lucia Borsellino, sapevano tutto". A parlare è Angelo Collodoro, segretario regionale del sindacato dei medici Cimo all’indomani dell’arresto di Matteo Tutino, il dirigente di Chirurgia plastica e maxillofacciale ormai sospeso da Villa Sofia. Un caso esploso e che a valanga ha trascinato l’assessore dimissionario Lucia Borsellino, che per il sindacato "era a conoscenza dell’esistenza di diverse violazioni". “Chi di dovere - è l'accusa - avrebbe dovuto prendere provvedimenti per tempo. E’ l’esempio di come la politica entri nella sanità e ne condizioni la gestione".

Un'ingarbugliata vicenda che inizia nel gennaio 2013, quando Tutino assume la direzione dell'unità operativa. Ed è proprio allora che tutto ha inizio. Un caso che secondo l'organizzazione sindacale non sarebbe dovuto esplodere perchè il primario, quel posto, non avrebbe potuto neanche occuparlo per due ragioni: aveva autocertificato di essere incensurato mentre sulla sua testa pendeva una condanna per omicidio colposo per un incidente e aveva presentato dei titoli non validi. “Avevamo chiesto la revoca di Tutino interpellando il Miur, che ha sostenuto - spiega Collodoro - di non riconoscere il titolo rilasciato al dottore dall'Albert Einstein College of Medicine grazie al quale veniva nominato primario”. Nota che risale al maggio 2014.

Dall'inizio dell'era Tutino ne sarebbero successe di tutti i colori. Presunte storie di mobbing, di abusi e di una gestione portata avanti con “modalità e procedure arbitrarie, in totale autonomia decisionale”, aggiunge Collodoro. Tante le storture raccontate dal segretario regionale del Cimo durante l'incontro tenuto nello studio legale Mazzei, le irregolarità e le tensioni registrate nell'ambiente per l'incompatibilità fra medici, minando equilibri i cui risvolti negativi si sarebbero abbattuti sui pazienti e sul servizio sanitario. “Una guerra alla persona che ha rischiato di diventare una guerra ai malati”. Questo a causa della conduzione dei reparti e per l'accanimento nei confronti di alcuni colleghi come i dottori Sajeva e Mazzola.

“Un continuo tentativo di delegittimarli e screditarli – proseguono dal sindacato – per governare indisturbati il reparto. Ma con Tutino e Sampieri (commissario straordinario dell'azienda, ndr) le cose sono peggiorate: si è passati da una gestione complessiva da 2 milioni a 800 mila euro, con un tasso di occupazione dei posti che dall'84% è passato al 28%”. E pestando i piedi al duo rivale Sajeva-Mazzola avrebbero creato disagi non di poco conto ai pazienti: “Basti pensare ad una signora che Sajeva, buttato fuori dalla sua stanza e non messo nelle condizioni di lavorare, avrebbe dovuto operare per un tumore – aggiunge Collodoro – e che ha dovuto attendere più di sei mesi”. E per fare numeri e nascondere un management ritenuto fallimentare avrebbero cercato di portare nel reparto di Chirurgia plastica e maxillofacciale medici dall'esterno: “E' il caso della dottoressa Naida Faldetta, in servizio al Cervello, punto di riferimento – aggiungono dal sindacato – per la senologia oncologica”. Il tutto per cercare gonfiare il volume di lavoro e ottenere il rinnovo di un contratto legato alla produttività.

E all'esterno è arrivata una relativa alle richieste di spostamento di ambulatori. “Lui disponeva e altri eseguivano”, aggiunge Collodoro. Tutino aveva scritto a novembre 2014 al direttore generale, al direttore sanitario e a quello amministrativo, mettendo per conoscenza fra i destinatari anche Crocetta e Borsellino. "Così facendo - aggiunge il segretario regionale - ha violato il codice portando fuori questioni interne che andavano comunicate esclusivamente ai vertici aziendali. E invece hanno scritto anche al presidente della Regione e all'assessore". Loro due potevano sapere già da tempo (e in parte così dev'essere) quello che accadeva lì, dove il primario poi arrestato avrebbe messo sotto i ferri persone per operazioni “spacciate” per funzionali ma in realtà di natura estetica, pagati a Tutino dai pazienti e rimborsati dal Sistema sanitario nazionale.

Ma il primario, ascoltato dal gip in un interrogatorio di sette ore, ha rigettato punto per punto le contestazioni mosse sino ad ora nei suoi confronti. Per lui sarebbero stati tutti interventi indicati nei Livelli essenziali di assistenza, legittimi e dunque a carico della sanità pubblica. “Tanti elementi di cui era stato informato chi di competenza alla VI Commissione all'Ars. All'assessorato dovevano sapere”, conclude Collodoro. Ma sembra che ancora molto debba saltare fuori e, come dichiarato, dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci “sono previsti nuovi sviluppi nell'inchiesta”.

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