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Martedì, 19 Marzo 2024
Cronaca

Poliziotto corrotto dai rapinatori: soffiate e mazzette per coprire scommesse e mantenere moglie e compagna

"Benedetti questi soldi", commentava un membro della banda (poi arrestato), che gongolava per i vantaggi portati dall'agente, a libro paga del clan. Le intercettazioni mostrano l'insistenza dell'uomo in divisa

Una banda criminale e un poliziotto corrotto legati da un obiettivo: il denaro. La prima composta da rapinatori specializzati in rapine a banche, poste e gioiellerie con la "tecnica del buco", il secondo spinto dalla passione per il gioco d'azzardo e dalla necessità di fronteggiare le spese con la sua nuova compagna, oltre all'assegno di mantenimento per moglie e figli. Una necessità costante di liquidità per saldare il conto con l’agenzia di scommesse e recuperare qualche rata non pagata del mutuo. Tanto che Giuseppe Prestigiacomo, il poliziotto del reparto Mobile di Palermo arrestato ieri mattina insieme ad altre cinque persone per il reato di corruzione, si trovava a bussare alle porte dei suoi contatti più volte al giorno, fino a portare all’esasperazione una delle mogli che aveva sarcasticamente invocato l'intervento di qualche associazione antiracket: "...Ogni giorno... che è? Uuu…Addiopizzo…com'è?".

Le indagini che hanno portato ai sei arresti, con l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Roberto Riggio su richiesta del procuratore aggiunto Bernardo Petralia e dei sostituti Francesco Del Bene e Maria Teresa Maligno, vengono avviate dagli investigatori di Udine, dopo una rapina del giugno 2014 che fruttò un ingente bottino. Cinque mesi dopo sono intercettati alcuni rapinatori palermitani (LEGGI I NOMI) che ormai avevano deciso di puntare oltre i confini siciliani, pianificando colpi "in trasferta" perché nell’Isola loro facce erano conosciute. Le cimici hanno registrato una conversazione in una villetta della città friulana, da loro affittata e utilizzata come base per gli incontri, durante la quale lasciavano intendere di avere una "talpa" pronta a lanciare loro l’allarme. "Noi gli abbiamo sempre detto…solo se abbiamo gli sbirri che sai che ci devono arrestare".

E così fu. Prestigiacomo, fiutando un imminente pericolo grazie alle sue conoscenze sulle attività svolte dai colleghi dalla sezione Antirapina, contattò uno dei componenti della banda tramite vari passaggi di cellulare per bloccare un sopralluogo ritenuto rischioso. "Ora è arrivata la telefonata…e ha detto…'vieni subito a casa (Palermo ndr)'". Una chiamata che avrebbe salvato loro la pelle. Una garanzia che andava pagata bene, come spiegava un altro dei rapinatori, che parlava anche di 2-3 mila euro in caso di soffiate grosse. "Però, oggi…stiamo avendo i risultati come l’abbiamo avuti pure…perché ci ha detto…andate che voi non c’è niente…potete camminare cosa volete fare fate!”. D’altronde per quella banda di rapinatori aver stretto un accordo del genere con un poliziotto significava avere un grosso vantaggio. Ma quel denaro era speso bene, un vero e proprio investimento per la causa. "Minchia che sono benedetti questi soldi!", diceva Pietro Madonia. "Minchia..e niente hai detto! Siamo ricchi avendo uno così!", gli faceva eco un altro.

Nel periodo successivo a quelle intercettazioni, però, alcuni dei criminali sono stati bloccati prima di colpire una banca a Udine e le indagini sono passate dal Friuli a Palermo. I parenti di alcuni degli arrestati, adottando una strategia comune per autotutelare la banda, hanno cercato in qualche modo di convincere gli investigatori che la storia di avere una talpa fosse una montatura, una "carta" giocata da uno dei rapinatori per tirarsi fuori dal prossimo piano. "Si vantava (di avere questa conoscenza ndr) perché se ne voleva andare…tutto qua! In effetti se ne voleva andare e lui per andarsene gli ha detto così”, commentano alcuni dei familiari anch'essi intercettati. Ma quell’informatore, pronto a violare i segreti investigativi anche per 100 o 200 euro, c'era realmente. Prestigiacomo infatti andava spesso in casa di Madonia e Lo Iacono, nonostante fossero assenti, per "prelevare" qualche banconota. Una prassi ormai consolidata che arrivava a creare pure dissapori tra i componenti della banda e le loro donne.

"Passa la mattina, mezzogiorno e sera…Suona due volte…tototontototon… gli ho detto ‘chi è?’, ‘maa..niente ha lasciato detto per me?’. Gli ho detto ‘no niente…’. Ma che! Tre volte al giorno! Minchia che cazzo ne fa? Se li spara?", chiedeva la moglie a Rosolino Lo Iacono. "Se li spara! Glieli fa mangiare a quella pu***! Perché quello mi spiegava, con lo stipendio gli passa tutto il mantenimento a sua moglie e ai suoi figli”, gli rispondeva il marito ricordando poi quella conversazione: "E a quella te la devo campare io? Perché - gli chiedeva - ce la corichiamo assieme?". Richieste e mazzette immortalate da cimici e telecamere piazzate durante le indagini della Squadra Mobile, guidata da Rodolfo Ruperti, e dalla sezione Anticorruzione con a capo Silvia Como, che hanno ripreso con le telecamere anche un altro agente il quale probabilmente conosceva bene il microsistema di cui faceva parte Prestigiacomo ma che, ad oggi, non risulta indagato.

Sei palermitani arrestati per corruzione, c'è anche un poliziotto: "Talpa in Questura"
Proprio una settimana fa altri agenti erano stati coinvolti in vicende di presunta corruzione. Soldi e regali per "perdonare" automobilisti e motociclisti: con questa accusa la polizia mercoledì scorso aveva arrestato tre uomini della Polstrada palermitana, in servizio nel compartimento "Sicilia Occidentale".
"Non c'è alcuna particolare attenzione su nostri agenti di polizia, nessuna caccia alle 'mele marce' che però una volta individuate vanno eliminate. Noi dobbiamo reprimere i reati. Siamo stati investiti di un compito - spiega Ruperti -  dopo quanto scoperto durante le indagini dei colleghi e della Procura di Udine e di fronte a un reato abbiamo solamente proceduto secondo quanto previsto dalla legge".

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