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Cronaca

Chiedono scusa ma non basta: assalto in casa di Sbacchi, condanne confermate

Inflitti 8 anni a due componenti del commando armato di pistola che due anni fa, a Mondello, sequestrò il noto penalista, per poi rapinarlo (10 mila euro il bottino)

Sarebbero entrati, con pistole alla mano e volto coperto, nella villa dell'avvocato Gioacchino Sbacchi, a Mondello, minacciando il noto penalista per farsi consegnare contanti e gioielli per 10 mila euro. Adesso a distanza di quasi due anni la Corte d'Appello ha confermato le condanne a 8 anni per i due rapinatori, Salvatore Puntaloro e Salvatore Orlando, fratellastri. A nulla è servita la "retromarcia" dei due, che prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, hanno chiesto scusa alle vittime della rapina. Sbacchi, tra gli avvocati (tra gli altri) di Andreotti, venne depredato nel cuore della notte e sequestrato. Era il settembre 2014.

Poi le indagini e la ricostruzione del colpo nei minimi dettagli. Ad entrare in azione, quella notte, sarebbe stato un commando di quattro persone. Oltre a Puntaloro, 34 anni e Orlando, 26 anni, fu arrestato (in un secondo momento) anche Benito Biondo, l'unico al quale i giudici hanno ridotto la pena: la condanna è passata da 6 anni e 10 mesi, a 4 anni e mezzo. Non è stato mai rintracciato invece il quarto complice.

Le minuziose indagini svolte dagli agenti della Squadra Mobile e dai colleghi dell'Antirapina hanno consentito di ricostruire l'accaduto. Tutto è cominciato quando l'avvocato ha sentito alcuni strani rumori. Una volta alzatosi dal letto, si è trovato di fronte a quattro uomini con in mano le pistole che lo hanno ricondotto senza troppi giri di parole nella propria camera. Stessa sorte per la figlia e la collaboratrice domestica, svegliate nel cuore della notte e radunate nella stanza dell'avvocato. I criminali hanno minacciato verbalmente e fisicamente i tre, chiedendo ripetutamente dove fosse custodito il denaro in casa. Trenta minuti interminabili, durante i quali la collaboratrice si è vista puntare una pistola alla tempia per evitare che urlasse.

Poco dopo l'avvocato ha ceduto, consegnando la chiave della cassaforte dove però non c'erano contanti e preziosi. Durante le concitate fasi della rapina, la banda si era lasciata andare in alcune affermazioni che hanno permesso alla polizia di risalire all'identità di alcuni di loro. A quel punto le vittime sono state legate, mentre qualcuno della banda ha staccato la linea telefonica per evitare comunicazioni con l'esterno. Ai criminali non era rimasto che setacciare casa, rovistando tra mobili e cassetti, razziando qualche gioiello, materiale elettronico e contanti per diecimila euro. Accontentandosi del bottino, i quattro sono fuggiti lasciando le vittime legate nella stanza da letto, chiusa a chiave. Fondamentale per la ricostruzione della rapina il ritrovamento di un cellulare che era stato rubato quella sera e utilizzato incautamente, seppure per pochi minuti, dalla madre di uno dei malviventi

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