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Cronaca

Carceri, protestano gli agenti di polizia penitenziaria: "Poca sicurezza e organico ridotto"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PalermoToday

Il Sinappe e il Cnpp del corpo di polizia penitenziaria hanno manifestato pubblicamente ieri 23 giugno 2020, stazionando contemporaneamente davanti a tutti gli istituti penitenziari della Sicilia. L’adesione è stata visibile in tutte le realtà sin dai giorni scorsi, quando tutto il personale della Regione ha rifiutato la mensa di servizio sia per quanto accaduto presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere sia per le azioni poste in essere contro i poliziotti penitenziari che - in contrapposizione ai detenuti che hanno organizzato rivolte ben organizzate a Salerno, Milano, Modena, Palermo, Siracusa - hanno saputo riportare l’ordine e la sicurezza nell’istituto penitenziario. C’è stato il ben servito al personale di polizia penitenziaria che ha saputo operare in un contesto di violenza inaudita. "Siamo in piazza - affermano i dirigenti sindacali del Sinappe e del Cnpp - a tutela della polizia penitenziaria che quotidianamente vede calpestare la dignità, i diritti e il prestigio del corpo, all’interno di una Amministrazione che da mesi è alla gogna per provvedimenti ed inefficienze del quadro dirigenziale ma che tutt’oggi è completamente assente rispetto ai bisogni delle donne e degli uomini del corpo di polizia penitenziaria". Le ultime dichiarazioni di prestigiosi uomini della magistratura fanno ancor più preoccupare per la tenuta della democrazia e la serenità del personale della polizia penitenziaria che opera all’interno dei penitenziari. Sentir dire che "le carceri sono in mano ai detenuti" (cons. Ardita all’audizione alla Commissione parlamentare antimafia) è di una gravità inaudita. Vogliamo rendere onore e chiedere il rispetto dello Stato per gli uomini e le donne in divisa che hanno saputo riportare l’ordine e la sicurezza negli istituti penitenziari, durante quelle vili rivolte, che operano quotidianamente a tutela delle vite umane per il reinserimento sociale di una parte della società che ha commesso gli errori e che dovrà pagare il conto. Durante le manifestazioni sono state denunciate le gravi difficoltà in cui opera tutto il personale di polizia penitenziaria in servizio negli istituti della Sicilia. Sono state ricordate le aggressioni perpetrati ai danni del personale nelle carceri di Agrigento, Barcellona Pozzo di Gotto, al Pagliarelli di Palermo, all’Istituto Calogero Di Bona-Ucciardone di Palermo, Siracusa, San Cataldo e tanti altri attentati ai danni dei beni del personale. Il personale di polizia penitenziaria lavora giornalmente sotto gli standard minimi di sicurezza, non è più tollerabile sul piano della gestione e dell’organizzazione del lavoro. "Siamo fortemente preoccupati - continuano i sindacalisti - del silenzio del ministro della Giustizia, per l’assenza di azioni immediate da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e per l’inefficienza del Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria della Sicilia". Si sottolineano soprattutto, al fine di una maggiore attenzione dello Stato per le ordinarie attività all’interno dei penitenziari siciliani, la grave carenza di personale, aggravata maggiormente laddove sono state attivate nuove sezioni, l’incremento dei detenuti (doppio rispetto alla capienza precedente), ma ancor di più per l’assenza di una politica seria sulla distribuzione degli organici relativi alle reali necessità lavorative. E’ necessario l’incremento immediato del personale con l’assunzione di almeno 5,000 unità di polizia penitenziaria attraverso lo scorrimento delle graduatorie già esistenti. "La politica penitenziaria è stata fallimentare, la situazione - aggiungono - ha superato ogni limite di sopportazione ed è fuori dal controllo dello Stato. Chiederemo l’intervento della Corte europea dei diritti dell'uomo a tutela del personale del corpo di polizia penitenziaria e per debellare le condizioni di trattamento disumano a cui è costretto ad operare.

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