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Cronaca Libertà / Via Remo Sandron

Nervi tesi alla Leopolda, protesta dei lavoratori Almaviva: interviene la polizia

I dipendenti del call center hanno inscenato un sit-in davanti alla sede della ex fabbrica Sandron, per chiedere l'attenzione degli esponenti del governo nazionale presenti all'incontro. Poi sono riusciti a parlare col sottosegretario Delrio

Dentro eurodeputati, parlamentari, imprenditori e sindaci, fuori centinaia di lavoratori a rischio licenziamento. Sono alcuni dei 4000 dipendenti del call center Almaviva Contact, scesi in piazza questa mattina in occasione della "Leopolda siciliana", per far conoscere la situazione di precarietà in cui vivono ormai da tre anni, attraverso un volantinaggio massiccio. Sono le voci di Wind, Enel, Sky, Alitalia, Tim, Vodafone e Fastweb. "Ma non siamo solo numeri - tengono a precisare - e dietro a uno schermo e a un 'buongiorno come posso aiutarla?', ci sono 6000 famiglie".

Si sono così riuniti davanti all'ex fabbrica Sandron, nello spazio adiacente all'Aula Bunker dell'Ucciardone - dopo essersi mossi in corteo da piazza Giachery - per essere ricevuti dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio e dal sottosegretario di Stato all'Istruzione Davide Faraone, e avere risposte sul futuro dell'azienda. Decine i poliziotti posti all'ingresso per sedare gli animi in una sorta di recinto umano. Dentro, infatti, nel primo giorno della "Sicilia 2.0", si parla di sanità, università, energie rinnovabili e lavoro. Lavoro che i lavoratori di Almaviva rischiano di perdere.

I problemi principali in cui versa l'azienda riguardano il decentramento della sede e le gare al massimo ribasso. "Le logiche perverse - si legge nel volantino diffuso - di questo settore fanno sì che le grandi aziende di telecomunicazioni affidino le loro attività di assistenza ai clienti, basandosi unicamente sul prezzo più basso e ignorando le professionalità consolidate da anni. Per abbassare ulteriormente i prezzi, spostano il traffico telefonico dei consumatori italiani verso call center esteri, dove gli operatori sono pagati un quarto di quello che costiamo noi, violando la legge che impone che il consumatore debba essere informato della sua facoltà di scegliere di parlare con l'operatore italiano".

Leopolda, protestano i lavoratori di Almaviva - foto Bonfardino

"Faraone vieni fuori", hanno urlato - tra fischi e slogan - i tanti lavoratori, ognuno con un cartello con la scritta nera su bianca #iosonoAlmaviva. "La nostra azienda - si legge ancora nel volantino - dice che costiamo troppo perché dobbiamo competere con il prezzo dei colleghi albanesi. La conseguenza è che perdiamo gli appalti, non trovandone di nuovi, e già da tre anni utilizziamo gli ammortizzatori sociali per evitare i licenziamenti". "Siamo stanchi - dice Martina Siino, del comportato Alitalia -, non possiamo andare avanti così. Qui c'è gente che lavora da 12, da 13 anni. Quando lo Stato non ci difende, quando si fanno accordi con i competitori in Albania, quando la stessa azienda non ci tutela, noi non sappiamo più a chi appellarci. La colpa è un po' di tutti - continua - ma a non non sta rimanendo più nulla. Cos'altro ci devono togliere?".

Nel corso della mattinata, una delegazione di sedici persone tra sindacalisti, lavoratori e rappresentanti è stata accolta da Delrio e Faraone, cui è stata esposta la situazione di Almaviva e chiesto risoluzioni al problema. Dal canto loro i due sottosegretari hanno risposto che si faranno in qualche modo carico della situazione. "Ci vorranno risentire - spiega Veronica Tavolante della Cisl - ed entro una settimana ci daranno una risposta. Noi gli abbiamo spiegato che c'è una vertenza in atto e non sappiamo contro chi lottare. Per essere cittadini tutelati dobbiamo andare a vivere in Albania? Cosa, in ogni caso anticostituzionale, perché ciò sarebbe possibile solo se i posti in Italia fossero saturi".

In piazza però ci sono anche decine di vigili del fuoco precari. "Viviamo in questa situazione da più di 20 anni - dicono in coro - ci fanno solo promesse ma va ogni giorno peggio. Quest'anno, poi, Renzi ha fatto ulteriori tagli e noi ci ritroviamo a lavorare 12 giorni al mese a dispetto dei 20 di prima. Siamo lavoratori formati, abilitati a lavorare in modo professionale, ma cosa riceviamo per questo? Pagamenti ogni 3 mesi e il rischio di essere tutti fuori dal 2016, perché il nostro posto potrebbe essere affidato a lavoratori, in seguito a dei concorsi. Il presidente del Consiglio sta facendo tagli sulla sicurezza dei cittadini e questo non è accettabile".

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