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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Pasquetta e le origini “dell’arrustuta”, “Un’affermazione del legame ad una comunità”

Arriva l'immancabile appuntamento per i palermitani, che non si lasciano sfuggire l'occasione per una gita fuori porta. L'antropologo Buttitta: "Manteniamo le tradizioni per contrastare le derive consumistiche"

Accendete il fuoco, scaldate le griglie, "sterilizzatele" con il limone e preparate le vostre ruote di salsiccia. La pasquetta è dietro l'angolo. Arriva l'immancabile appuntamento per gli amanti della carne, "uno dei primi esempi di uscite fuori porta - come fa notare l'antropologo Ignazio Buttitta - che ha sovvertito la prassi offrendo la possibilità per un incontro collettivo, quasi orgiastico, per consumare in compagnia e riaffermare l'appartenenza alla propria comunità". E questo, probabilmente, è uno dei pochi aspetti comuni ai festeggiamenti pasquali a Palermo e dintorni.

"Come ogni aspetto della vita quotidiana - spiega Buttitta - si riscontra la differenza tra la dimensione locale e quella globale o globalizzante. Non è dato sapere quali evoluzioni ancora potranno investire i nostri festeggiamenti religiosi, ma di certo va fatto un tentativo per contrastare le derive consumistiche". Rispetto ad altre festività nostrane, quale per esempio quella della patrona Santa Rosalia - ammette lo stesso presidente dell'omonima fondazione -, viene valorizzato in misura inferiore l'aspetto turistico e maggiormente quello religioso. Ma c'è il rischio che certe tradizioni si vadano perdendo, soprattutto in un territorio come quello palermitano dove si avverte una forte stratificazione". Mentre negli altri capoluoghi siciliani si registra, solitamente, un unico appuntamento fino alla Pasqua, a Palermo i festeggiamenti si snodano durante l'intera settimana.

Ignazio Buttitta-2"E' un caso unico - racconta Buttita (nella foto a destra) - dove le diverse processioni e la loro organizzazione si ricollegano alle singole confraternite o parrocchie, quasi come se esistessero più città all'interno della città, dove ogni gruppo rivendica l'identità di quartiere e manifesta la propria 'indipendenza religiosa'. Le varie cerimonie urbane valorizzano la dimensione spettacolare tramite elementi e figure in costume, diverse a seconda delle influenze: da quelle ispaniche a quelle gesuitiche, dove spicca il simbolismo vegetale. Altro aspetto comune è quello penitenziale, che di fatto privilegia le processioni ed i simulacri del Cristo morto, concretizzandosi di volta in volta in forme e maniere differenti.

"Non esiste una festa esemplare, come non c'è un filo conduttore che tenga conto di tutte le tipologie di festeggiamento secondo un'unica chiave interpretativa - conclude Buttitta - e per questo abbiamo i diavoli a Prizzi mentre a Terrasini si dà spazio alle forze virili con la festa degli Schietti. Quello che si nota è un costante impoverimento dei valori tradizionali, per certi versi divenuti beni di mercato, tanto da svuotarli completamente del loro senso. Basti pensare che i portatori della vara di Prizzi, che inizialmente si proponevano autonomamente fra i giovani devoti del paese, adesso vengono pagati per la giornata".

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