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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Via Ernesto Basile

Parco Cassarà, il pentito Lo Verso rivela: "Era 'discarica' usata anche dalla mafia"

Secondo il collaboratore di giustizia, nell'area c'erano attività inquinanti ed è stato scaricato anche lo scavo per realizzare il carcere Pagliarelli. I resti trovati 3 anni fa, che hanno portato al sequestro e alla richiesta di giudizio per 12 persone, sono compatibili con quanto raccontato

“Era la discarica pubblica di Palermo, incontrollabile e accessibile a tutti”. E' così che il collaboratore di giustizia Stefano Lo Verso parla dell’area sulla quale oggi si trova il Parco Cassarà. Una zona che il pentito, pur essendo di Ficarazzi, conosce bene, “da quando ero bambino perché mio nonno ha acquistato questo terreno all’inizio degli anni ‘50”: un’area di 20 mila metri quadrati che venne poi espropriata alla famiglia proprio per realizzare il parco (“abbiamo avuto 800 milioni di lire”).

Lo Verso sostiene che “tutto lo scavo, tutta la terra tolta per fare il carcere di Pagliarelli” sia stato scaricato proprio in quella zona. Che lì sarebbero andati “tutti i camion del boss Benedetto Capizzi”, ma anche di “tutti quelli che erano vicini ad ambienti malavitosi”. E lo ribadisce più volte: “Tutti vedevano, tutti sapevano, ma nessuno parlava… anche i vigili urbani andavano e venivano, ma non è mai stato preso un provvedimento”.

Il pentito è stato sentito nell’ambito dell’inchiesta sulla bomba ecologica scoperta nel parco una vicenda per la quale la Procura ha appena chiesto il processo per dodici tra burocrati e tecnici. Ha raccontato ai magistrati come quella zona sia cambiata tra gli anni ’60 (“erano tutti agrumeti e mandarineti” e “coltivavamo un verde molto più bello del parco Cassarà”) e gli anni ’80, quando in quel punto della città, tra via Basile, corso Pisani e via Altofonte, sarebbero stati interrati rifiuti pericolosi di ogni tipo. Rifiuti prodotti dalle tante attività – una fabbrica di cera, una falegnameria, un deposito di carburante, un’officina di sverniciatura che avrebbe attirato clienti “da tutta Palermo e anche da fuori”, allevamenti di animali (cavalli, maiali, mucche, galline), “uno sfasciacarrozze enorme”, ma anche da “uno che impastava la creta”, da altri che “facevano frattaglie”, “uno che riempiva le bombole per gli estintori” – che in quel periodo sarebbero state avviate in quei terreni. Scarti che sarebbero finiti proprio nella zona in cui oggi si trova il parco, che per questo è sotto sequestro da 3 anni.

Lo Verso, quando aveva appreso dai giornali che in quell’area erano state ritrovate anche sabbie da verniciatura non si sarebbe dunque meravigliato. “E’ diventata una discarica pubblica dopo che hanno fatto il carcere di Pagliarelli – spiega il pentito – perché prima non ci veniva nessuno a scaricare… Quando è stato fatto il carcere tutto lo scavo, tutta la terra tolta andò a finire là, scaricavano e se ne andavano”. Secondo la sua versione, il padre sarebbe anche andato a lamentarsi con il responsabile degli scavi e, quando il suo vasto terreno avrebbe rischiato di essere danneggiato, si sarebbe rivolto anche a “Ignazio Motisi, esponente mafioso di Pagliarelli… e c’è stato un interessamento, che la nostra proprietà non l’hanno toccata”.

Lo Verso ricorda di aver visto in quegli anni camion scaricare di giorno come di notte: “Tutti i camion del boss Benedetto Capizzi” e quelli “di tutti quelli che erano vicini ad ambienti malavitosi”, dice. E rimarca: “Tutti vedevano, tutti sapevano e nessuno parlava, era una discarica pubblica a tutti… Giustamente a distanza di 25-30 anni qualcuno cerca (cioè vuole capire da dove siano arrivati tutti gli scarti trovati nel terreno del parco, ndr), ma perché non si preveniva allora che tutti vedevano e nessuno bloccava questa cosa?”.

I rifiuti trovati grazie a una consulenza della Procura sono compatibili con gli scarti prodotti dalle attività di cui parla Lo Verso, dunque l’inquinamento, anche delle falde acquifere, sarebbe partito proprio tra gli anni ’80 e ‘90. La stessa famiglia del collaboratore, più recentemente, nel 2009, avrebbe scritto “alla questura, al Comune e a vari enti” con l’ausilio di un avvocato per segnalare il degrado della zona (“avevo scoperto che forse nascondevano anche della droga nei nostri giardini”), “ma nessuno ha preso mai provvedimenti”. E aggiunge: “Una persona vuole fare un cambiamento, si rivolge all’autorità e le autorità dove stanno? Se uno si rivolgeva ad altri ambienti risolveva le
cose, invece con lo Stato non risolve niente”. Lo Verso specifica infine di aver reso queste dichiarazioni “da cittadino”, “perché questo è successo, evitate di fare succedere altri casi così, non chiudiamo gli occhi, ma davanti a un’evidenza così, denunciate o andate a dare informazioni a chi è di competenza”.

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