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Cronaca

Dalla clown therapy al volontariato in Africa, la missione di un medico palermitano in Kenya

Paolo Marchica, 28enne specializzando in Chirurgia plastica, è partito per prendersi cura dei pazienti di un ospedale che si trova a 120 chilometri dalla capitale Nairobi. "Ho avuto a che fare con traumi della mano, ferite croniche, ustioni, cicatrici deturpanti"

Aveva già sentito il bisogno di dedicare il suo tempo libero ai più sfortunati. Quando era studente alla facoltà di medicina all’Università di Palermo, insieme ad altri compagni di corso, si era travestito da clown e girando per i reparti pediatrici si era impegnato a modellare i palloncini creando forme che potessero strappare un sorriso ai piccoli pazienti siciliani. "Mi era capitato di fare un cagnolino, un fiore, una spada. Ricordo con allegria un piccolo che mi chiese un’astronave. Io ci ho provato, è venuta una mostruosità, ma il bambino è rimasto contento e questo è l’importante" ci racconta Paolo Marchica: 28enne palermitano, oggi medico specializzando in Chirurgia Plastica alla facoltà di medicina di Padova.

E’ proprio insieme direttore della clinica di Chirurgia Plastica dell’azienda ospedaliera dell’Università di Padova Franco Bassetto che Marchica è partito per prendersi cura dei pazienti kenioti del North Kinangop Catholic Hospital, a circa 120 chilometri a nord della capitale Nairobi. Lì, alla corte di Don Sandro Borsa, il giovane chirurgo plastico ha trascorso 22 giorni a gennaio, vivendo la sua prima esperienza di medico volontario in Africa.

"La chirurgia plastica - spiega a PalermoToday Marchica - ha una doppia valenza: estetica e ricostruttiva. Se in Europa l’ago della bilancia pende di più a favore dell’estetica, qui è tutta ricostruttiva. Ho avuto a che fare con traumi della mano, ferite croniche, ustioni, cicatrici deturpanti o ritraenti. Mi viene in mente il caso di una bambina di 10 anni con tutto il braccio destro ustionato a causa di un liquido bollente. Qui ogni deformazione, soprattutto per le donne, è qualcosa di degradante. E così l’abbiamo aiutata".

L’operazione si chiama “inserimento di espansore tissutale”. "Praticamente - continua il chirurgo - abbiamo messo un palloncino sotto la pelle sana vicino alla cicatrice, che si gonfia per settimane acquisendo volume, poi verrà asportata e la nuova cute espansa andrà a ricoprire quella vecchia e rovinata. E’ stata un’esperienza unica poter aiutare quella ragazzina perché i genitori erano stati in molti altri posti, dove non avevano trovato alcun riscontro. Quando abbiamo detto loro che avremmo potuto aiutarli, si sono commossi e ci hanno ringraziato ancor prima che la operassimo, mentre la piccola ci sorrideva: aveva capito che avrebbe potuto stare meglio, che avrebbe potuto tornare ad essere una donna un giorno".

Insomma c’è forse un rapporto diverso tra medico e paziente? "Mentre in occidente stiamo perdendo la fiducia del paziente - ammette Marchica - qui viene sempre riconosciuto il nostro lavoro. E’ un’esperienza che consiglierei a chiunque perché aiuta ad acquisire una maggiore autonomia e responsabilizzazione. Quando tornerò a Padova sarò più sicuro delle mie capacità, mi sono reso conto di poter fare certe cose e gestire situazioni diverse. Ma soprattutto - conclude - dopo aver assistito persone che fanno anche 8 ore di viaggio per una visita, forse guarderò in modo diverso i miei pazienti, credo che cercherò di essere ancora più attento e scrupoloso per l’uomo o la donna che avrò di fronte, più di quanto non lo fossi già prima. 

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