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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

"E' il momento della responsabilità, ma dopo si dovrà riflettere": la lettera del presidente dell'ordine degli infermieri di Palermo

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PalermoToday

Sono un infermiere che da 41 anni vive le corsie ospedaliere ed il contesto sanitario regionale e nazionale. Uno che ha visto nascere quello che è stato lo straordinario sistema sanitario nazionale, nel 1978, e poi pian piano ha assistito al suo progressivo smantellamento. Ho visto passare tanti governi, ministri della salute, assessori alla salute e funzionari regionali e, di volta in volta, ho nutrito la speranza che si ritornasse sulla strada maestra ed invece, letto dopo letto, struttura dopo struttura, si è tagliato e smantellato tutto nel nome della spending review. Anno dopo anno tutti i governi che si sono succeduti hanno ridotto il personale sanitario. Quanti decisori politici inetti e arroganti hanno attinto dalla sanità pubblica per poi sprecare le risorse in opere pubbliche alquanto inutili o mai completate. Per non parlare degli sprechi all’interno della sanità stessa con il malaffare dell’aziendalizzazione e della politica che l’ha governata.

Oggi alla luce di quanto sta accadendo è impossibile non riflettere sulle esperienze fatte sul ruolo svolto nella qualità di rappresentante della professione infermieristica: le richieste inoltrate, le istanze prodotte, gli emendamenti presentati i modelli organizzativi suggeriti. Potremmo ripetere all’infinito “noi l’avevamo detto” senza essere retorici. Verrebbe da dire: “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. Comprendo chi è andato fuori le righe perché le lettere e le denunce, di tutti i sindacati (questa volta unanimi) e degli Ordini Professionali per i decisori, sono rimasti ancora una volta inascoltati. Oggi tutti ci elogiano perché ci stiamo immolando per salvare vite umane. Non ve ne eravate accorti? L’abbiamo sempre fatto con estrema professionalità e umanità, e quando abbiamo rianimato qualcuno in particolare nei turni di notte, quando negli ospedali ci sono pochi medici e molti infermieri, non l’abbiamo neanche divulgato per deontologia professionale e perché non andiamo alla ricerca di encomi. Nel frattempo gli infermieri muoiono.

Nei TG citano solo i medici caduti in servizio ma sono morti anche tanti infermieri che lavoravano in prima linea, sono morti tecnici di radiologia, operatori del 118, personale di supporto e ausiliari. In questa epidemia emerge anche una differenziazione per classi sociali, d’altronde gli infermieri guadagniamo solo 1500 euro al mese e pertanto se non ci fanno i tamponi o i nostri tamponi non vengono processati cosa vuoi che sia. Ha forse ragione chi ha detto che “siamo carne da macello”? Non è questo il momento delle polemiche e ne siamo convinti. Siamo consapevoli anche degli sforzi che stanno facendo molte direzioni aziendali. Oggi è tempo di combattere, l’uno accanto all’altro, per fermare l’avanzata del virus. Ma domani bisognerà tornare a sedersi intorno ad un tavolo per dirci chiaramente che il Sistema Sanitario Nazionale non deve ripartire dal punto in cui lo abbiamo lasciato prima di questa emergenza. Perché se riprenderemo lì, dal punto in cui questa crisi ci ha colto, vorrà dire che tutte le vite di medici, infermieri, operatori sanitari, sacrificate sull’altare del dovere, non sono servite a nulla. Non ce lo possiamo permettere.

La parola d’ordine deve essere ricominciare! Ricominciare da capo, a partire dall’ascolto di chi in trincea c’è sempre stato. C’era prima e ci sarà dopo il “coronavirus”. L’Italia non può più permettersi di formare i propri infermieri, i migliori al mondo, per poi vederli partire perché all’estero trovano stipendi adeguati e contratti a tempo indeterminato. Non deve più accadere che vengano proposte assunzioni a tempo determinato, a 12 euro l’ora, facendo leva sul senso del dovere che scorre nel sangue di ciascun infermiere. Da tempo ormai si fa un gran parlare di “umanizzazione delle cure”, da tempo denunciamo, inascoltati, che questo obiettivo è rimasto lettera morta. Oggi l’emergenza ha messo a nudo la realtà: il budget prima del paziente. E’ questa la verità, è questo il male che dobbiamo combattere se vogliamo che quello che è accaduto non accada più.

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