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Cronaca

Omicidio Scopelliti, svolta dopo 27 anni: "Fu un favore a Totò Riina"

Indagate 17 persone, decisive le rivelazioni di due pentiti. Il magistrato della Cassazione fu ucciso il 9 agosto del 1991 a Villa San Giovanni: sarebbe stato eliminato dalle ‘ndrine calabresi come favore al boss corleonese che temeva l’esito del giudizio della Cassazione sul maxiprocesso a Cosa nostra

Svolta nell'omicidio di Antonino Scopelliti, il magistrato della Cassazione ucciso il 9 agosto del 1991 a Villa San Giovanni, grazie anche alle dichiarazioni di un palermitano. A 27 anni dal delitto, la Procura distrettuale di Reggio Calabria ha indagato 17 tra boss e affiliati a cosche siciliane e calabresi, tra cui il superlatitante Matteo Messina Denaro. L'ipotesi è quella di un 'patto' tra mafia e 'ndrangheta per eliminare Scopelliti, che doveva rappresentare l’accusa nel primo maxiprocesso alla mafia siciliana.

L’inchiesta si avvale delle dichiarazioni dei collaboratori Francesco Onorato, palermitano, e Maurizio Avola, catanese. Il giudice Scopelliti sarebbe stato ucciso dalle ‘ndrine calabresi come favore a Totò Riina che temeva l’esito del giudizio della Cassazione sul maxiprocesso a Cosa Nostra. 

Avola ha fatto ritrovare nelle campagne siciliane il fucile calibro 12 utilizzato dal commando entrato in azione a Villa San Giovanni. Ai 17 indagati, con l'eccezione di Messina Denaro, è stato recapitato un avviso di garanzia e giovedì prossimo i pm conferiranno un incarico tecnico per esaminare fucile e cartucce ritrovati dalla polizia.

Scopelliti stava completando il lavoro iniziato da Giovani Falcone e Paolo Borsellino. Il commando entrato in azione la sera del 9 agosto 1991 sarebbe stato composto sia da calabresi sia da siciliani. Mentre era in auto il magistrato venne affiancato da due persone a bordo di una moto che aprirono il fuoco e fecero finire il veicolo fuori strada. L’ipotesi dell’accordo mafia-`ndrangheta era stata presa in esame sin dall’epoca del delitto, anche perché Scopelliti doveva sostenere l’accusa nel maxi processo tant’è che i vertici della “cupola”  finirono a processo ma boss del calibro di Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Bernardo Brusca furono assolti in via definitiva.

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