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Cronaca Tribunali-Castellammare / Via Lincoln

L'omicidio e il mancato suicidio all'hotel Archirafi, "a decidere" fu un Gratta & vinci

Verso il rinvio a giudizio Anna Cipresso, alla quale viene contestato l'omicidio del consenziente. I fatti risalgono al 2014, quando avrebbe somministrato una massiccia dose di farmaco alla figlia Elisabetta. Poi provò, senza successo, a togliersi la vita

Avrebbe ucciso la figlia, iniettandole un cockail di anestetici in una camera dell'Hotel Archirafi di via Lincoln, il 19 luglio del 2014. Adesso la Procura – a quasi due anni di distanza – ha chiuso le indagini sull'omicidio di Elisabetta Cipresso, 40 anni, e si appresta a chiedere il rinvio a giudizio di sua madre, Anna Cipresso, 63 anni, ex infermiera del reparto di Oculistica dell'ospedale Civico. La contestazione è di omicidio del consenziente, perché – secondo l'accusa – l'indagata avrebbe somministrato il farmaco su richiesta della vittima. Le pene, per questo particolare tipo di omicidio, sono più basse, vanno da cinque a sedici anni di reclusione. Non è prevista, inoltre, la contestazione di aggravanti.

La morte di Elisabetta Cipresso era avvenuta al culmine di una storia di disperazione e, secondo il racconto della madre (difesa dall'avvocato Antonio Cacioppo), dopo che le due avrebbero acquistato dei "Gratta & vinci" e stabilito che “se vinciamo mille euro, non ci ammazziamo”. Nessuno dei biglietti era risultato vincente e da qui la tragedia. Per la Procura, l'indagata avrebbe somministrato il potente farmaco – il Propofol – alla figlia. La madre ha però sempre negato questa ricostruzione, sostenendo invece che la vittima si sarebbe suicidata.

Gli inquirenti non credono a questa versione – anche se l'autopsia non è riuscita a chiarire il punto – perché il Propofol ha un effetto quasi immediato e, vista la dose massiccia che sarebbe stata assunta dalla vittima, da sola non avrebbe potuto iniettarsela: avrebbe perso i sensi prima di concludere l'operazione. Per questo la Procura ritiene che sia stata la madre ad uccidere la figlia. Anna Cipresso, come ha riferito, avrebbe poi tentato il suicidio anche lei “per amore, per accompagnarla (la figlia, ndr) nel suo percorso, per non restare da sola”.

Le due donne avevano già tentato il suicidio in precedenza, minacciando di dare fuoco alla loro abitazione di via Ughetti, dalla quale erano state poi sfrattate. Poi erano state aiutate da alcuni parenti e infine erano arrivate all'Hotel Archirafi, dove Elisabetta Cipresso era stata ritrovata senza vita.


 

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