rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Caso Dap, il capitano Ultimo: "Massimo rispetto per il lavoro che fa Di Matteo"

Sergio De Caprio, l'ufficiale dei carabinieri che il 15 gennaio 1993 arrestò Totò Riina, dopo le dichiarazioni del magistrato antimafia auspica "un vento nuovo, che spazzi via questo modo di pensare, di contrapporre interessi e fazioni su un bene che è di tutti"

"Parole importanti", quelle pronunciate ieri sera dal consigliere del Csm Nino Di Matteo, intervenendo alla trasmissione "Non è l'Arena" di Giletti, quando ha raccontato del suo incontro con il ministro della Giustizia Bonafede che gli aveva proposto l'incarico come capo del Dap e poi avrebbe cambiato idea. Ne è convinto Sergio De Caprio, meglio conosciuto come "Capitano Ultimo", che ha risposto così a Giletti. "Massimo rispetto per il dottore Di Matteo e per il lavoro che fa da anni".

Di Matteo: "Io al Dap ma poi Bonafede cambiò idea"

L'ufficiale dei carabinieri che il 15 gennaio 1993 arrestò il capo dei capi Totò Riina, ha aggiunto: "Queste parole ci lasciano amarezza nel cuore, speriamo che le cose cambino. Che ci sia un vento nuovo, che spazzi via questo modo di pensare, di contrapporre interessi e fazioni su un bene che è di tutti. Le persone che si danno per gli altri devono essere sostenute".

Nel 2006 De Caprio era stato rinviato a giudizio, insieme con il generale Mario Mori, per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata perquisizione del covo del boss Riina, dopo il suo arresto nel 1993. I due furono assolti definitivamente dalle accuse. Secondo gli inquirenti, con a capo l'ex pm Antonio Ingroia, i carabinieri della Territoriale erano pronti, subito dopo l'arresto del boss, a effettuare la perquisizione del covo ma il capitano Ultimo e i Ros bloccarono l'operazione chiedendo la sospensione "per motivi investigativi".

Il covo venne poi perquisito solo 18 giorni dopo ma nel frattempo era stato ripulito e vennero persino ritinteggiate le pareti. I giudici avevano assolto i due imputati 'eccellenti' perché "il fatto non costituisce reato". L'ex pm Antonino Di Matteo, oggi consigliere del Csm, aveva rappresentato l'accusa nel processo sulla trattativa Stato-mafia, che ha visto tra gli imputati anche il generale Mario Mori, che nell'aprile del 2018 venne condannato a 12 anni di carcere. Condannati anche il generale Antonio Subranni, Marcello Dell'Utri e il colonnello Giuseppe De Donno. Il processo di secondo grado è ancora in corso davanti alla Corte d'appello di Palermo.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Caso Dap, il capitano Ultimo: "Massimo rispetto per il lavoro che fa Di Matteo"

PalermoToday è in caricamento