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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Pistole e narcotraffico dalla Spagna: la malavita palermitana che comanda a Roma

C'è "molta" Palermo tra gli arrestati della maxi operazione che ha sgominato una rete di spaccio internazionale di cocaina e hashish. In 21 in manette, emerge la figura di Giuseppe Portanova. Quei collegamenti con Pippo Calò

Finanziava l’attività, organizzandola e dirigendola, con ripetuti viaggi in Spagna per andare a trattare con i pusher catalani. C'è "molta" Palermo tra gli arrestati della maxi operazione che - a Roma - ha sgominato una rete di spaccio internazione di cocaina e hashish: il capo della banda criminale era proprio un cinquattottenne palermitano, Giuseppe Portanova. 

Settecento chili tra hashish, marijuana e cocaina, 5 pistole, 100 proiettili di vario calibro e un milione di euro in beni sequestrati, ma soprattutto 21 arresti: è questo il bilancio dell'operazione Critical che ha colpito il litorale romano. Traffico di droga tra Barcellona, Ostia e Roma. Il blitz è scattato a seguito di un'ordinanza emessa dal Gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Dalle indagini emerge l'influenza del gruppo dei palermitani nella Capitale, vicini allo storico boss Pippo Calò, 86 anni, il "cassiere" di Cosa Nostra. Nell'ambiente Portanova - diventato negli anni narcotrafficante internazionale di spicco - era il "Vecchio" (ma c'era chi lo chiamava il "Presidente").

Le carte parlano chiaro. Ad agire, sui rispettivi territori di Ostia e Colli Albani, erano due bande guidate da Fabrizio Ferreri, detto Dentone, e Luca Turnu, detto Luchetta da una parte e da Giuseppe Portanova dall'altra. Due gruppi uniti da legami forti, entrambi di origini palermitane. Emerge infatti anche il ruolo di Fabrizio Ferreri, nipote del palermitano Rosario Ferreri, titolare di un negozio di materassi a Ostia, autista di Francesco D'Agati e uomo di Pippo Calò.

"La vicinanza di Portanova a Ferreri, entrambi del '59, insieme ai D'Agati e alla famiglia Fasciani - si legge sull'ordinanza - rimanda a Pippo Calò, anche riguardo all'individuazione dell'ala di Cosa nostra cui essi sono collegati". Tra i palermitani finiti in manette figura anche Giuseppe Balistreri, 52 anni, che aveva preso parte ai viaggi in Spagna per definire l'acquisto della droga con i fornitori e organizzare la spedizione del carico dalla Catalogna all'Italia. 

IL TRAFFICO DI DROGA - I gruppi criminali si occupavano di smerciare ingenti quantitativi di stupefacente sul mercato locale ed anche in parte del territorio nazionale. I grossi quantitativi di droga venivano importati dalla Spagna e giungevano via mare al porto di Civitavecchia, nascosti in camion che trasportavano frutta e verdura. Successivamente la droga veniva trasferita in alcuni box appositamente approntati dall'organizzazione e gestiti da diversi sodali che si occupavano anche di rifornire i vari acquirenti.

LE ACCUSE - Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di "associazione armata finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio continuato e in concorso di ingenti quantità di stupefacenti, ricettazione in concorso, detenzione illegale di armi in concorso e possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi. Gli arrestati, a conclusione delle operazioni di rito, sono stati portati a Regina Coeli, a disposizione del giudice.

L'AGGUATO AD OSTIA - Nel corso delle investigazioni è emerso che la banda era in procinto di compiere ad Ostia nei confronti di una persona al momento rimasta ignota. Il gesto, organizzato con l'approvazione e il sostegno di membri della famiglia Spada, nota nell'ambiente, non è stato portato a termine solo perché i due killer sono stati ostacolati dall'intervento dei carabinieri che, nel corso di una perquisizione effettuata all'interno del loro covo all'Idroscalo, hanno rinvenuto e sequestrato uno scooter Yamaha T-Max, risultato rubato, due caschi con visiera schermata, guanti, tute da lavoro ed un revolver Taurus calibro 38 special con matricola abrasa e 4 proiettili nel tamburo.

INDAGINE INIZIATA DAL 2015 - L'attività investigativa costituisce la fase conclusiva di un'indagine, avviata nel maggio 2015. La cessione veniva effettuata attraverso una collaudata tecnica volta a raggirare le eventuali investigazioni, con una sorta di "messaggi in codice" che i fornitori e gli acquirenti si scambiavano attraverso contatti telefonici.

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