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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

La piccola Matilda uccisa a 23 mesi, processo per bodyguard palermitano: "Non è da condannare"

Il caso della bambina morta nel Vercellese. A tredici anni di distanza l'omicidio resta ancora senza un colpevole. Il pg ha chiesto l'assoluzione per Antonino Cangialosi, ex compagno della mamma (che era in casa insieme alla piccola)

La morte della piccola Matilda è ancora una storia di un omicidio senza colpevoli. Una vicenda che ora sembra sul punto di entrare nell'archivio dei casi insoluti. Matilda è la bimba di 23 mesi uccisa il 2 luglio 2005 a Roasio, nel Vercellese, da un colpo alla schiena troppo violento per il suo corpicino. Adesso la Procura ha chiesto l'asoluzione per il palermitano Antonino Cangialosi, ex compagno della mamma di Matilda, su cui sin da subito si erano annidati molti dubbi. 

Oggi Matilda avrebbe quindici anni. La sua morte, dopo tredici anni, è rimasta incastrata in un intricato labirinto di sentenze e di ricorsi. Ora il pg Marcello Tatangelo ha, di fatto, proposto l'assoluzione per Cangialosi. Ecco i fatti: quel giorno, in casa, erano solo in tre. Elena Romani, la bella hostess di 31 anni. Sua figlia Matilda, di appena 23 mesi. E il compagno della donna, palermitano, ex bodyguard di 33 anni, Antonino Cangialosi.

Quel giorno, il 2 luglio 2005, era un sabato. Secondo le perizie medico-legali, a provocare la morte della piccola sarebbe stato un colpo violento alla schiena, forse un calcio, che le provocò la lesione di rene e fegato. Per la sua morte, in un primo momento vennero indagati la mamma e il compagno, come già accennato le uniche persone che si trovavano nell'abitazione di Cangialosi, dove la donna si era trasferita da pochi giorni. 

Alle sei del pomeriggio il comandante della stazione dei carabinieri di Masserano, nel Biellese, segnalò ai colleghi che era morta una bambina. La piccola, spiegò il militare al telefono, era deceduta in circostanze misteriose in una dimora circondata dal verde dei campi e dal silenzio dei boschi. Qualcuno aveva ucciso la bimba. Ma la mamma non è stata, come ha stabilito la Cassazione con un verdetto poi diventato definitivo. E non è stato neppure il suo compagno palermitano, come ha spiegato nel frattempo un giudice di Vercelli al termine del processo di primo grado celebrato con rito abbreviato. 

Antonino Cangialosi è stato prosciolto due volte e poi assolto al termine dell’unico processo al quale è stato sottoposto. Ma se l’innocenza della donna è stata dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio, il cammino processuale dell’ex bodyguard palermitano ha dovuto affrontare più battaglie. I destini processuali dei due ex fidanzati presero quasi subito strade diverse. Dopo la morte della bambina, entrambi vennero indagati per omicidio. Ma se per Cangialosi il gup di Vercelli pronunciò una sentenza di proscioglimento 'per non aver commesso il fatto', Elena finì addirittura in carcere e ci rimase per 118 lunghissimi giorni. A incastrarla fu lo sfogo cui si lasciò andare qualche ora dopo il delitto, mentre era seduta nella sua auto. L’hostess vercellese non poteva immaginare di essere intercettata e a voce alta disse: 'È colpa della mamma, la mammina ti ha fatto male. Sono stata io, amore ti ho dato le botte'. Finì sotto accusa e nella sua dura requisitoria il pm di Vercelli Antonella Barbera spiegò: 'Fin da subito Cangialosi si è dato da fare per far intervenire per tempo il 118, quando lui e la Romani si erano accorti che la piccola giaceva inanimata e i soccorsi non arrivavano. Ed è ancora lui a denunciare il ritardo nei soccorsi. Senza la sua attività probabilmente non sarebbe venuta a galla tutta la tragedia. Mentre la mamma è apparsa decisamente restia a sollevare quel polverone".

Ma il dibattimento si concluse con l’assoluzione. E fu assoluzione anche al termine del processo d’appello, con i giudici che nelle loro motivazioni indicarono invece in Cangialosi l’assassino della bambina. E' stato lui, sottolinearono, a uccidere Matilda con un gesto "insensato e feroce": le ha premuto un piede sulla schiena "con forza talmente sproporzionata e spietata brutalità da causarne il decesso". Gli atti del procedimento furono quindi restituiti a Vercelli per una nuova indagine sul bodyguard, ma anche la nuova inchiesta si concluse con un proscioglimento.

Antonio Cangialosi è stato infatti prosciolto da tutte le accuse (per lui il pm Paolo Tamponi aveva chiesto otto anni). Secondo la Cassazione, tuttavia, il trauma del quale fu vittima la piccola Matilda venne prodotto "durante l'assenza dall'abitazione della Romani, uscita nel cortile per stendere all'aria il cuscino lavato" dal vomito della bimba che si era sentita male. Una convinzione evidentemente non condivisa dal tribunale di Vercelli che ha assolto Cangialosi per "non aver commesso il fatto".  Una storia proseguita ora con la Procura Generale di Torino che ha chiesto di non condannare Antonino Cangialosi. Il processo si sta celebrando in corte di Assise d'Appello. Queste le parole del pg Marcello Tatangelo: Il fatto che dopo 13 anni non si possa arrivare a un giudizio di colpevolezza sulla morte della piccola Matilda "è una sconfitta personale per tutti noi che ci siamo occupati del caso e una sconfitta del sistema giustizia, ma condannare una persona sulla base delle risultanze dei vari processi non si può".

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