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Mercoledì, 17 Aprile 2024
Mafia

Mafia e gioielli: resta in carcere l'erede di Totò Riina, la Cassazione non grazia Settimo Mineo

Confermata la custodia cautelare per l'81enne arrestato dai carabinieri lo scorso dicembre. Considerato l'erede del padrino corleonese, era stato designato a capo del mandamento di Pagliarelli

Era lui il nuovo capo dei capi. E anche ora continuerebbe ad avere un ruolo centrale nelle dinamiche di Cosa nostra. La Cassazione conferma la custodia cautelare in carcere per Settimo Mineo, 81 anni, arrestato dai carabinieri sei mesi fa. Negli ambienti mafiosi palermitani era considerato l'erede del boss mafioso Totò Riina. La sua scalata si è interrotta all'alba di una mattina di dicembre.

Il nuovo padrino intercettato | Video

Mineo, gioielliere, sarebbe stato designato a capo del mandamento mafioso di Pagliarelli proprio per sostituire il padrino corleonese, morto nel 2017 dopo una lunga malattia. Il vecchio boss era stato condannato a cinque anni di carcere al maxiprocesso di Palermo, che fu istruito dal giudice Giovanni Falcone, e poi riarrestato nel 2006 nell'ambito dell'operazione 'Gotha'.

Smantellata la nuova Cupola, 46 arresti

Mineo uscì dal carcere nell'estate del 2013 usufruendo di uno sconto di pena di tre anni, grazie a un intervento della Cassazione, che escluse l'aggravante della recidiva. Che proprio lui fosse l'uomo designato a raccogliere l'eredità di Riina i magistrati e gli investigatori lo avevano intuito nel 2014 durante una riunione al al Viminale. In quell'occasione tracciarono una lista da paura, con tutti i padrini appena scarcerati. La paura era dettata dalla possibile ricostituzione di una nuova Cupola. Con una convinzione sullo sfondo: e cioè che la commissione provinciale potesse essere riconvocata solo dal suo presidente, ovvero da Totò Riina. Almeno, fino a quando era in vita. E dopo la morte del padrino corleonese fu proprio Mineo - il boss più anziano della mafia siciliana - l'erede designato. Settimo di nome, primo nella nuova Cupola. Tra i vari racket avrebbe puntato anche su quello delle scommesse. Con i centri utilizzati per gestire le risorse dei clan.

E ora la Cassazione conferma la custodia cautelare in carcere. Come sottolinea la Suprema Corte, nelle motivazioni, "a Mineo si contesta oltre all’appartenenza a Cosa nostra, di aver diretto il mandamento mafioso di Pagliarelli e di aver fatto parte, in tale qualità, della ricostituita commissione provinciale di Cosa nostra e di aver disposto, durante la riunione del 29 maggio 2018 il rispetto delle regole tradizionali dell’associazione, di aver mantenuto i contatti con gli associati nel corso di ripetuti incontri e riunioni con altri capi mandamento, reggenti e uomini d’onore, esercitato un controllo capillare sul territorio, occupandosi in prima persona di autorizzare l’apertura di esercizi commerciali, di provvedere all’assistenza degli associati detenuti e delle loro famiglie, al finanziamento della famiglia mafiosa di Pagliarelli ed alla gestione delle risorse anche mediante centri scommesse".

La Cassazione, come riporta l'agenzia Agimeg, ha ritenuto sostanzialmente corretta l’ordinanza con cui il Tribunale di Palermo ha disposto la custodia cautelare in carcere: "La natura eccezionale delle esigenze risulta adeguatamente giustificata dal rilievo attribuito sia alla posizione apicale che al concreto attivismo del Mineo, che, benché ultrasettantenne, ha costituito un punto di riferimento per gli associati e per gli altri capi mandamento, richiamati al rispetto delle regole tradizionali ed alle sanzioni estreme previste in caso di inosservanza, in tal modo riaffermando la propria autorità e dando nuovo slancio all’associazione a livello provinciale nonché dimostrando con concreti interventi nelle vicende esaminate il potere intimidatorio e di controllo mantenuto sul territorio".

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