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Settimo di nome, primo nella nuova Cupola: la scalata del gioielliere erede di Totò u curtu

Mineo, l'ottantenne arrestato dai carabinieri, era considerato l'erede del Capo dei Capi. Il vecchio boss era stato condannato a cinque anni di carcere al maxiprocesso e poi riarrestato nel 2006 nell'ambito dell'operazione 'Gotha'

Era lui il nuovo capo dei capi. Ma la sua scalata si è interrotta all'alba di oggi. Settimino Mineo, l'ottantenne arrestato dai carabinieri, era considerato l'erede del boss mafioso Totò Riina. E' finito in manette con l'accusa di essere il nuovo capo mandamento di Pagliarelli.

Smantellata la nuova Cupola, 46 arresti

Il nuovo padrino intercettato | Video

Mineo, che è un gioielliere, sarebbe stato designato a capo del mandamento mafioso di Pagliarelli proprio per sostituire il capomafia Riina, morto un anno fa dopo una lunga malattia. Il vecchio boss era stato condannato a cinque anni di carcere al maxiprocesso di Palermo, che fu istruito dal giudice Giovanni Falcone, e poi riarrestato nel 2006 nell'ambito dell'operazione 'Gotha'.

I nomi dei 46 arrestati

Folla davanti alla caserma, l'uscita degli arrestati | Video

Ed emergono alcuni retroscena. Mineo - che ufficialmente ha una gioielleria in corso Tukory - aveva il terrore di essere intercettato, per questo il vecchio boss non utilizzava neppure il telefono cellulare. Inoltre, cercava di utilizzare l'auto il meno possibile e preferiva camminare a piedi. Di Mineo per la prima volta aveva parlato il primo grande pentito di Cosa nostra, Tommaso Buscetta. Nel 2006, finì in carcere insieme con il suo padrino, Antonino Rotolo.

I boss pizzicati dalle telecamere dei carabinieri | Video

I suoi fratelli - Antonino e Giuseppe Mineo - furono uccisi nel 1981 e nel 1982 nel pieno della guerra di mafia. a distanza di sei mesi. Settimo Mineo era stato indicato proprio da Buscetta come uomo d'onore della famiglia di Pagliarelli, uno dei clan palermitani che si erano schierati all'epoca contro Stefano Bontate. Mineo riuscì a sopravvivere a un agguato. Successe quando fu ucciso Francesco Lo Nigro. Erano i primi anni Ottanta. Settimo Mineo era l'uomo designato. Ma riuscì a sfuggire all'agguato. 

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Quando fu scarcerato, cinque anni fa, la Dia lanciò l'allarme. Furono trentasei i padrini tornati in libertà quasi contemporaneamente. "Possono eseguire ancora gli ordini di Riina", avvisò la Direzione investigativa antimafia. Nella lista c'erano nomi di primo piano di Cosa nostra. Tra questi oltre a Settimo Mineo figuravano anche Giuseppe Guttadauro, l'ex aiuto primario del Civico che era diventato capomandamento di Brancaccio, Salvatore Gioeli, reggente di Porta Nuova, Vito Galatolo, figlio del capomandamento dell'Acquasanta, Nicolò Salto, Nunzio Milano, e Pietro e Cosimo Vernengo. 

Mineo uscì dal carcere nell'estate del 2013 usufruendo di uno sconto di pena di tre anni, grazie a un intervento della Cassazione, che escluse l'aggravante della recidiva. Che proprio lui fosse l'uomo designato a raccogliere l'eredità di Riina i magistrati e gli investigatori lo avevano intuito nel 2014 durante una riunione al al Viminale. In quell'occasione tracciarono una lista da paura, con tutti i padrini appena scarcerati. La paura era dettata dalla possibile ricostituzione di una nuova Cupola. Con una convinzione sullo sfondo: e cioè che la commissione provinciale potesse essere riconvocata solo dal suo presidente, ovvero da Totò Riina. Almeno, fino a quando era in vita. E dopo la morte del padrino corleonese fu proprio Mineo - il boss più anziano della mafia siciliana - l'erede designato. Settimo di nome, primo nella nuova Cupola.

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