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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia

I summit al Civico, il pizzo al Policlinico: a capo della mafia un nuovo triumvirato

I retroscena dell'operazione "Verbero" che ha portato all'arresto di 39 persone. Al bar dell'ospedale in 3 decidevano le strategie. Chiesta la "messa a posto" alla ditta che esegue i lavori al nosocomio. Il barbiere chiede il permesso al boss per aprire la sua attività. Le punizioni agli spacciatori che vendevano poco

Si incontravano al bar del Civico per decidere le strategie. Proprio in quel bar, ora sequestrato, avevano deciso “la messa a posto” per la ditta che si occupava dei lavori di ristrutturazione al Policlinico. Volevano l'1% su un appalto da 50 milioni di euro: 500 mila euro. Un triumvirato – composto da Alessandro Alessi, Massimiliano Giuseppe Perrone e Vincenzo Giudice – era alla guida del potentissimo clan di Pagliarelli. Droga e pizzo: restano sempre queste le fonti di approvigionamento maggiori per la mafia. Solo che, rispetto al passato, le denunce non sono più oasi nel deserto. E così l'imprenditore non ha avuto dubbi sul da farsi e si è rivolto ai carabinieri.

Questi alcuni dei retroscena dell’operazione "Verbero", le cui indagini sono state avviate anni addietro, che stamattina ha portato all’arresto di 39 persone (NOMI). Venti sono finite in carcere e 13 ai domiciliari. Mentre per gli altri sei è scattata la misura dell’obbligo di dimora del comune di residenza. (LE INTERCETTAZIONI - VIDEO) A vario titolo dovranno rispondere di: di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, traffico di stupefacenti, corruzione ed altri reati connessi. L’attività d’indagine è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, procuratore capo Francesco Lo Voi, procuratore aggiunto Leonardo Agueci, procuratore aggiunto Maria Teresa Principato e sostituti procuratori Caterina Malagoli e Francesco Grassi.

IL TRIUMVIRATO - Con l’operazione “Verbero” è stato disarticolato il mandamento mafioso di Pagliarelli, storica roccaforte di Cosa nostra. Arrestati i capi delle famiglie mafiose di Pagliarelli, Corso Calatafimi e Villaggio Santa Rosalia. A comandare erano in 3: Massimiliano Giuseppe Perrone, Alessandro Alessi e Vincenzo Giudice. Uno era stato processato e assolto. Un altro aveva già pagato il conto con la giustizia. Il terzo, infine, gestirebbe il bar all'interno dell'ospedale Civico tramite un prestanome. Sarebbero loro i giovani triumviri, tutti sulla quarantina, alla guida del grande e potente mandamento. Raggiunto dal provvedimento restrittivo anche Salvatore Sansone, nipote del capo mandamento di “Pagliarelli”, e Nino Rotolo, ritenuto elemento di spicco della famiglia mafiosa di "Uditore". Le indagini hanno evidenziato la difficoltà di Cosa nostra a esprimere in quel contesto malavitoso una leadership autorevole, sebbene distante da quella dei vecchi capi, e unanimemente riconosciuta, con la conseguente esigenza di affidare la gestione del sodalizio a una sorta di "organo collegiale", costituito da tre giovani "uomini d’onore" tenuti al reciproco confronto sulle scelte strategiche.

Mafia, smantellato clan Pagliarelli - LE FOTO

SUMMIT AL CIVICO - "Si incontravano al bar dell'ospedale Civico di Palermo con gli accoliti per decidere le strategie mafiose", ha rivelato Agueci nel corso della conferenza stampa. "Mi chiedo come mai queste persone potevano fare quello che volevano - denuncia il procuratore - il bar del Civico costituiva uno dei luoghi di incontri tra il triumvirato e i loro complici". Per questo il bar è stato sequestrato. "Stiamo indagando sulla gestione storica del bar, fin dal suo inizio. Sono in corso accertamenti", spiega invece il comandante del Reparto operativo dei Carabinieri di Palermo Salvatore Altavilla. E continuano ad aleggiare, anche dopo il blitz, i dubbi sulla sulle attività legate al nosocomio. Uno degli arrestati, Vincenzo Bucchieri, è stato intercettato mentre parlava con un vittima delle estorsioni: "Qui esiste una gerarchia che avanti da oltre 100 anni". E proprio su questo punto continueranno a concentrarsi le indagini di Procura e carabinieri.

CONTROLLO DEL TERRITORIO - Non si muove foglia che la famiglia non voglia. La presenza capillare sul territorio aveva permesso alla consorteria di diventare un punto di riferimento per quegli imprenditori o commercianti che avevano deciso che sarebbe stato più vantaggioso piegarsi alla mafia. E' il caso di un barbiere, che prima di aprire la propria attività si era rivolto alla cosca per chiedere l'autorizzazione. Ne sarebbe seguita una riscossione continua del pizzo, sempre utile per fornire liquidità da reinvestire nelle attività illecite. Poi c'è il caso del titolare di un autolavaggio, finito nel mirino dei controlli della polizia municipale. Per risolvere le sue beghe amministrative sarebbe arrivato ai capi per farsi risolvere il problema, entrando in contatto con un vigile, Gaetano Vivirito, poi accusato di corruzione. Ma gli introiti del racket e della droga veniva utilizzati anche per aprire nuove attività, come centri scommesse, tabacchi e piccoli ristoranti. Poco importava se poi chiudevano: l'importante era fare circolare il denaro della "famiglia".

De Riggio Lo Voi Agueci Altavilla 26 maggio 2015-2DROGA E PIZZO - I boss non rinunciano alle estorsioni, affare storico dei clan palermitani. Ma negli ultimi anni sono aumentate le denunce. Ma questo, se ha consigliato maggiore prudenza, non ha frenato i boss. Che in uno dei summit al bar hanno ordinato la "messa a posto" (500 mila euro) a una delle ditte che sta facendo i lavori di ristrutturazione del Policlinico. L'imprenditore però non ha avuto dubbi sul da farsi e si è rivolto ai carabinieri. Le attività hanno consentito di constatare un rinnovato interesse verso il traffico di sostanze stupefacenti che il sodalizio, ricorrendo a canali di approvvigionamento piemontesi e campani, era in grado reperire in grandi quantità. Alcune operazioni svolte negli anni scorsi – che hanno portato al sequestro di oltre 400 chili di hashish, possono adesso inquadrarsi nell’ambito delle attività mafiose. (Nella foto a destra: Giuseppe De Riggi, Lo Voi, Agueci, Altavilla)

In particolare, nel novembre 2012, i carabinieri hanno arrestato Giacinto Tutino, vicino agli ambienti mafiosi bagheresi, sorpreso alla guida di un furgone adibito al trasporto di cavalli all’interno del quale erano nascosti 250 chili di hashish acquistati dal clan camorristico dei "Gallo-Cavaliere" di Torre Annunziata. Nel marzo 2014, è stato intercettato un ulteriore carico di 150 chili di hashish - trasportato dal torinese Eros Fonsato e dai catanesi Agatino Spampinato e Salvatore Bellia. L’ingente quantitativo di droga - che questa volta arrivava da Torino - è stato ricondotto a Concetta Celano, una donna di origini siracusane considerata già nel 2003, il "capo di una violenta e armata organizzazione di trafficanti, in contatto diretto con il Perù e l'Ecuador". Proprio Celano ebbe la "sfacciataggine" di presenziare all'udienza per la convalida dell'arresto di due suoi corrieri. Raggiunse il posto su un'auto a noleggio, all'interno della quale sono stati trovati 5 chili di stupefacenti che stava riportando al suo fornitore perché non ritenuti di qualità.

I NEGLIGENTI PAGANO PEGNO - La famiglia mafiosa, per lo spaccio di stupefacenti, seguiva un protocollo piuttosto rigido che prevedeva anche delle sanzioni per gli spacciatori. Questi ultimi ricevevano la droga solitamente il giovedì, così da essere "carichi" per il weekend, e permettere la raccolta del denaro durante il lunedì successivo. I venditori al dettaglio erano responsabili sia dell'hashish e della cocaina loro affidata, sia del territorio di riferimento. E se sbagliavano i conti o vendevano poco la "famiglia" gli portava via moto e scooter fino a quando non si fossero messi "a posto". Nei casi peggiori, invece, venivano organizzate delle vere e proprie spedizioni punitive che finivano nel sangue.

Procuratore Ageuci 26 maggio 2015-2LA MAFIA NON E' SCONFITTA - "Voglio ringraziare i colleghi dell'ufficio gip che sono sommersi di lavoro, di carte e delle nostre richieste, ma, nonostante ciò, riescono a far fronte in tempi ragionevoli ai loro impegni”, ha concluso invece il procuratore Francesco Lo Voi.  A sorprendere gli investigatori, se così si può dire, la capacità di adattare le necessità della Cosca all'andamento economico. "Incredibile quanto sappiano essere camaleontici - spiega il comandante Salvatore Altavilla - quanto siano bravi a fare cassa in modi diversi". "Al Civico - spiegano il procuratore aggiunto Leonardo Agueci - avevano intenzione di insediarsi così da controllare le attività che avrebbero potuto garantire un rientro economico. E qui, come per tutte le altre amministrazioni pubbliche, si continueranno a concentrare le nostre indagini con l'obiettivo di scovare eventuali infiltrazioni. Chi ha detto che la mafia è stata sconfitta - ha concluso - si deve essere chiaramente distratto".

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