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Mafia

"Non era prestanome di Guttadauro", restituiti in appello i beni a Massimo Niceta

Si tratta del troncone trapanese del procedimento che riguarda gli imprenditori palermitani Niceta, titolari di una serie di negozi di abbigliamento

La corte d'appello ha restituito al commerciante palermitano Massimo Niceta il 50% della Nica srl, la sua società che gestiva due negozi in un centro commerciale di Castelvetrano. L'altra metà gli era stata già ridata: Niceta, dunque torna proprietario di tutta l'azienda. I giudici hanno poi confermato la misura della sorveglianza speciale per Francesco Guttadauro, parente del boss Matteo Messina Denaro, ritenuto socialmente pericoloso.

Il sequestro era scattato nel dicembre 2013. Per l'accusa i Niceta - il padre Mario e i figli Massimo, Piero e Olimpia - avrebbero condotto per anni affari con il gotha di Cosa nostra. In particolare con i fratelli Guttadauro, Giuseppe e Filippo. A incastrare Massimo Niceta anche un "pizzino" sequestrato al boss Salvatore Lo Piccolo dopo il suo arresto. “Carissimo amico mio - scriveva Messina Denaro - ricevo la sua lettera e le rispondo immediatamente. La ringrazio di avere trovato il tempo di occuparsi della vicenda del mio amico massimo n. con lui non ho potuto parlare in quanto è fuori per le ferie sono comunque certo che non avrà difficoltà a farle i due favori che lei gli chiede sarà mia cura informarlo appena possibile”. Secondo gli uomini del Ros “Massimo n.” sarebbe stato proprio Massimo Niceta. La vicenda a cui il boss latitante faceva riferimento sarebbe stata la gestione di due negozi nel centro commerciale di Castelvetrano. Invece i giudici hanno non solo stabilito che Massimo Niceta non ha nulla a che fate col "Massimo n." del pizzino, ma addirittura mettono in dubbio che questo fosse stato scritto da Messina Denaro.

Nella decisione odierna invece la Corte, riformando il verdetto del tribunale di Trapani, nega che Niceta fosse un prestanome di Guttadauro, da qui la restituzione dei beni. A carico di Niceta, titolare di una catena di negozi di abbigliamento, resta pendente un procedimento di prevenzione a Palermo. 

"Nel decreto di archiviazione del 3 settembre 2010 - scrive a PalermoToday Massimo Niceta - viene detto in maniera chiara che il pizzino trovato nel covo dei Lo Piccolo al momento della loro cattura non è stato scritto da Messina Denaro Matteo e la dicitura 'l'amico massimo n' non ha alcun riferimento allo scrivente. Per quanto mi riguarda il pizzino neanche esiste". "La mia famiglia - continua Niceta - non va accostata alla mafia. Dal decreto della Corte di Appello del Tribunale di Palermo del 15 dicembre 2017 si evince in maniera chiara ed inequivocabile che non esistono illeciti legami fra la famiglia Niceta e la famiglia Guttadauro. Dal medesimo decreto si evince che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Angelo Niceta, sono state ritenute puramente assertive e non documentate, quindi di fatto il testimone di giustizia è inattendibile".



 

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