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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia

"Rapporti con i boss": confiscati beni per 200 milioni agli eredi dell'imprenditore Rappa

C'è anche la sede del Tar di Palermo. Per gli inquirenti "l'intesa con Cosa nostra si è principalmente concretizzata nel versamento consapevole ai capimafia di ingenti somme di denaro, ottenendo, in cambio, la possibilità di realizzare importanti operazioni immobiliari"

Beni per oltre 200 milioni di euro sono stati confiscati dalla Dia agli eredi dell'imprenditore Vincenzo Rappa. Sigilli anche al palazzo che ospita il Tar di Palermo. Il decreto di confisca è stato emesso nei confronti degli eredi di Vincenzo Rappa, morto il 28 marzo del 2009, all'età di 87 anni. Il provvedimento scaturisce da una proposta del  Direttore nazionale della Dia, che nel 2014 aveva portato al sequestro dei suoi beni.

Colpito l'impero Rappa: c'è anche la sede del Tar | Video

Le indagini (coordinate dal Procuratore di Palermo  Francesco Lo Voi, dal Procuratore aggiunto Marzia Sabella e dal pm  Claudia Ferrari) hanno consentito di "ricostruire la biografia e la  parabola economica dell'imprenditore edile Vincenzo Rappa, già  condannato in via definitiva nel 2004 dalla Corte d'Appello di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio aggravato", dicono gli investigatori. Il decreto è stato emesso dal Tribunale di Palermo - I  Sezione Penale e Misure di Prevenzione, presieduta da Raffaele Malizia e composta dai giudici Luigi Petrucci e Giovanni Francolini.

Gli accertamenti eseguiti, "confortati dalle convergenti dichiarazioni rese, tra gli altri, da importanti collaboratori di giustizia: Angelo  Siino, Giovanni Brusca, Vito Galatolo, Salvatore Cancemi, Giovan  Battista Ferrante, Francesco Onorato, Salvatore Cucuzza, Antonino  Avitabile, Calogero Ganci, Francesco Paolo Anzelmo, Tullio Cannella,  Antonino Galliano e Salvatore Lanzalaco, hanno fatto emergere una rilevante sperequazione fra i redditi dichiarati e gli investimenti  effettuati da Rappa, peraltro viziati dall'impiego di capitali  illeciti - dicono dalla Dia - i suoi legami con numerosi personaggi di spicco di cosa nostra: Raffaele Ganci, i Madonia della famiglia di  Resuttana; i Galatolo della famiglia dell'Acquasanta, la famiglia di  Borgetto".       

Per gli inquirenti "l'intesa con Cosa nostra si è principalmente concretizzata nel versamento consapevole ad esponenti  di spicco di quella consorteria mafiosa di ingenti somme di denaro, ottenendo, in cambio, la possibilità di realizzare importanti  operazioni immobiliari, traendo indubbi vantaggi, sia nel settore  dell'edilizia privata, che in quello dei pubblici appalti".

La condotta di Rappa, descritta nel processo penale che nel 2004 portò  alla sua condanna, ha fatto emergere come egli, pur non essendo  organico, avesse fornito a cosa nostra un contributo concreto,  specifico e volontario, che permetteva di consolidare in maniera  decisiva l'apparato strutturale dell'associazione criminale".      

Sempre nel corso del processo, erano emersi nei suoi confronti anche  elementi di reità per riciclaggio aggravato, in quanto alcuni  collaboratori di giustizia avevano dichiarato di essersi avvalsi di  lui, all'epoca insospettabile imprenditore, per sottrarre, dal rischio di eventuali iniziative giudiziarie, beni di loro proprietà, anche se  formalmente intestati agli imprenditori Graziano. Ciò ha portato  all'emissione del provvedimento di confisca che ha colpito i beni  riconducibili a Vincenzo Rappa e acquisiti dagli eredi: intero  capitale sociale e relativo compendio aziendale di 3 società di  capitali (attive nel comparto delle costruzioni edilizi e nel campo  finanziario), 1 società di persone, quote in partecipazioni societarie di una società di capitali, 183 immobili, un intero edificio di otto  piani, rapporti bancari e disponibilità finanziarie.        

In particolare, sono stati interessati immobili "dall'indubbio valore  storico-artistico, oltre che economico", tra cui l'intero edificio del Settecento denominato ''Palazzo Benso'', oggi sede del Tar di Palermo, in via Butera, angolo piazzetta Santo Spirito, confinante con la  passeggiata delle Cattive e Palazzo Butera, composto di piano terra, due piani elevati con ammezzati e piano sottotetto, con terrazza a  mare, esteso per 1.200 metri quadrati; ''Villa Tagliavia'', al civico 123 di via Libertà: un immobile in pieno centro, esteso per 2.300 metri quadrati,  oltre 15.000 metri quadrati di giardino; l'intero edificio sempre a Palermo, in  via Ugo La Malfa n. 153, dove c'è la sede regionale del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il valore complessivo del  patrimonio confiscato, come detto, è stimato in oltre 200 milioni di euro. "E' bene precisare che con lo stesso provvedimento, il Tribunale ha ora disposto il dissequestro di altri beni e società, intestati agli eredi del Rappa, già interessati da sequestro nel marzo 2014; in  merito ai quali il giudice non li ha evidentemente ritenuti riferibili e/o collegabili all'attività imprenditoriale di Rappa", spiegano ancora  dalla Dia.

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