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Blitz "Montagna", le intercettazioni: "Cosa Nostra deve fare come la ‘Ndrangheta"

L'operazione dei carabinieri, coordinata dalla Dda di Palermo, che negli scorsi giorni ha portato a 56 arresti, anche a Palazzo Adriano, Chiusa Sclafani, Petralia Sottana, Castronovo, San Mauro Castelverde e Caltavuturo. L'intercettazione: "I palermitani non sono più affidabili..."

Un’organizzazione e un iter procedurale al quale attenersi scrupolosamente. A determinare la complessità dei “passaggi” – per pianificare le estorsioni, “perché i soldi servivano per i detenuti e le loro famiglie”, o anche solo per concordare dei semplici incontri – il fatto che, negli interessi vi sono più province mafiose coinvolte. Il mandamento “Montagna” – quello di Santa Elisabetta, che ha dato il nome all’operazione antimafia degli scorsi giorni della Dda di Palermo e dei carabinieri del reparto operativo di Agrigento – aveva uno stretto legame in particolare con le “famiglie” dell’area Palermitana delle Madonie e con quelle della provincia di Enna. Lo ha scritto il giudice per le indagini preliminari Filippo Serio che, accogliendo la richiesta della Direzione distrettuale antimafia, ha firmato le 57 ordinanze di custodia cautelare notificate lunedì scorso.

“Cosa Nostra si deve adeguare ai tempi”

Non riuscivano a parlare con Antonio Giovanni Maranto, 53 anni, di Castellana Sicula. Giuseppe Quaranta, 50 anni, di Favara e Calogerino Giambrone, 56 anni, di Cammarata dopo aver incontrato il presunto referente della famiglia mafiosa di Favara: Pasquale Fanara di 59 anni – ha ricostruito il Gip nelle pagine dell’ordinanza di custodia cautelare – e il boss di Enna, non sarebbero riusciti ancora a parlare con Maranto. I due, in macchina, sono stati intercettati mentre criticavano la complessità dei passaggi che l’organizzazione impone proprio a causa del fatto che vi sono più province mafiose coinvolte.

Giambrone: “Io … sto avendo una delusione caro mio .. con il sistema .. che non riesco a capire … perché tutti questi passaggi … queste cose .. e non c’è niente che quaglia (concretizza) …”. Quaranta: “L’unico anziano che corre è lo zu Pietro (rif. a Pietro Paolo Masaracchia, 67 anni, di Palazzo Adriano). Gli ho sentito dire due parole a quello … e mi sono entrate nel sangue.. ‘qua ci sono io e tu non ci entri … ora si bussa’. Quello che non hanno capito loro è questo… basta che mi dice ‘prendi questa strada e vai avanti’ … . Allora faccio le cose che ti dico io … come ho detto poco fa … venite appresso a me … come lo ha detto lui …gliel’ho detto … a quelli … deve essere di tutti .. o no .. non ne scontentiamo nessuno … il sistema lo hanno capito … 40 anni prima di noi a Reggio Calabria .. hai visto che c’è … tutti questi ci sono … sono di passaggio … per la sopra dice … che dobbiamo fare questo … e facciamo una società, una Srl … iniziamo a fare cose qua … non dobbiamo disturbare … tu devi capire quello che ti dico io ah..”. Secondo la ricostruzione del Gip, Quaranta sosterrebbe che “Cosa Nostra si debba adeguare ai tempi e fare come la ‘Ndragheta che di fatto ha delle vere e proprie società che investono il denaro proveniente dalle attività illecite reinvestendolo”.

Gli arrestati

In provincia di Palermo sono finiti in carcere Franco  D’Ugo (53 anni, nato e residente a Palazzo Adriano), considerato esponente della famiglia mafiosa di Palazzo Adriano, Salvatore Filippo Giacomo Di Gangi (76 anni, nato a Polizzi Generosa e residente a Sciacca), considerato reggente del mandamento di Sciacca, Giovanni Gattuso (62 anni, nato e residente a Castronovo di Sicilia), considerato reggente della famiglia mafiosa di Castronovo di Sicilia, Alessandro Geraci (32 anni, nato e residente a Petralia Sottana), Antonio Giovanni Maranto  (53 anni, nato a Polizzi Generosa e residente a Castellana Sicula), ritenuto reggente del mandamento di San Mauro Castelverde, Pietro Paolo Masaracchia (67 anni, nato e residente a Palazzo Adriano), Vincenzo Pellittieri (66 anni, nato e residente a Chiusa Sclafani), considerato esponente della famiglia mafiosa di Chiusa Sclafani, Salvatore Pellittieri  (26 anni, nato a Palazzo Adriano e residente a Chiusa Sclafani). Agli arresti domiciliari Adolfo Albanese (71 anni, nato a Petralia Sottana ma residente a Caltavuturo). Su di loro il mandamento della “Montagna” (da cui gli inquirenti prendono spunto per dare un nome all’operazione) sapeva di potere contare.

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