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"Amo mio padre, non lo giudico": Riina junior in tv ed è bufera sulla Rai

Le polemiche non hanno fermato la messa in onda dell'intervista di Bruno Vespa a Salvo Riina, il figlio di Totò Riina, a Porta a Porta. "Non tocca a me giudicarlo - ha detto il figlio del boss - Lo hanno giudicato lo Stato e i giudici, non condivido ma mi sta bene"

Le polemiche non hanno fermato la messa in onda dell'intervista di Bruno Vespa a Salvo Riina, il figlio di Totò Riina, a Porta a Porta. La trasmissione è andata in onda nonostante le pressioni dei vertici di viale Mazzini, la rivolta di molti partiti politici, a cominciare da Pd, Si e M5s e la dura presa di posizione del presidente del Senato, Pietro Grasso. Le parole del figlio del boss hanno scatenato una vera e propria bufera mediatica.

MAFIA - "Non mi sono mai chiesto cosa è la mafia, non ho una risposta precisa; oggi la mafia può essere tutto o nulla", e "omicidi e traffico di droga non sono solo della mafia". Come nel suo libro "Riina, family life", Salvo Riina dice più volte nell'intervista che ha avuto "un'infanzia serena": "A casa non ci hanno mai trasmesso le problematiche che vivevano i miei genitori, abbiamo sempre vissuto in tranquillità". La famiglia si faceva chiamare Bellomo, ma tutti compresi i figli - come racconta lo stesso Salvo - sapevano che il loro vero cognome era Riina e non andavano mai a scuola, ma questo per loro non era una cosa strana: "Abbiamo sempre vissuto una vita diversa dagli altri, eravamo particolari", e "non ci facevamo domande, eravamo una famiglia diversa". Il padre diceva di fare il geometra e Salvo racconta che "non ho mai pensato fosse un lavoro di copertura, andava la mattina e tornava tutte le sere a casa; crescendo ho capito che c'era qualcosa di diverso". Perché "sapevamo che il nostro cognome non era Bellomo, era Riina e crescendo lo sentivamo sempre di più, lo vedevamo nei giornali" ma anche su questo "mai nessuna domanda", era "un tacito accordo di famiglia", un "segreto da mantenere" quel cognome che tutti sapevano ma non dicevano, per difendere la famiglia. Ché "siamo sempre stati differenti dagli altri, abbiamo sempre vissuto in maniera diversa, anche in qualche maniera piacevole, pur nella sua complessità, è stato anche per certi aspetti un gioco".

"AMO MIO PADRE" - "Io amo mio padre non sta a me giudicare" dice Salvo Riina. "Amo mio padre, amo la mia famiglia, al di fuori di tutto quello ci hanno contestato, io non giudico, per quello c'è lo Stato, ci sono i giudici; la mia famiglia, mio padre mi hanno insegnato tante cose, il rispetto della famiglia, dei valori, della tradizione, la persona che sono la devo a loro", ha continuato Riina jr, ripetendo: "Io non devo dire se mio padre ha sbagliato, per questo c'è lo Stato non tocca a me dirlo. Mentre Vespa più volte sottolinea le condanne, i 18 ergastoli comminati a suo padre e che nel libro "Riina family life" non c'è mai neanche una parola di rimprovero per il padre-boss, Salvo Riina continua a ripetere: "Il giudizio non sta a me", e per lui "al di là di tutto c'è la persona umana, mio padre".

IL LIBRO - "Penseranno il mio sia un libro reticente ma - ha continuato Salvo Riina - ho voluto soltanto scrivere la mia vita così come l'ho vissuta nella mia famiglia"; "io rispetto mio padre" ripete più volte citando anche i comandamenti, e se Vespa ricorda anche il comandamento "non uccidere", Riina Jr ribatte sempre lo stesso tasto: "Non tocca a me giudicare mio padre, io da parte mia lo rispetto. Non tocca a me giudicare, lo hanno giudicato lo Stato e i giudici, non condivido ma mi sta bene". "Salvatore Riina - conclude - è mio padre, Totò Riina è un acronimo identificato dai giornalisti".

L'ARRESTO - "Per me lo Stato è l'entità in cui vivo, rispetto lo Stato, a volte non condivido leggi e sentenze", ha detto Salvo Riina. E l'arresto di suo padre dopo 20 anni di latitanza? Chiede Vespa, incalzando, se l'arresto fosse, come sottolineano i tg di allora mandati in onda, "una vittoria dello Stato?": "Non lo condivido, perché è mio padre, mi hanno portato via mio padre, non potrei condividerlo", risponde Riina jr.

PENTITI -  "Solo in Italia i pentiti si autoaccusano di centinaia di omicidi e non fanno un giorno di carcere", dice il figlio di Vespa. Dopo un filmato sull'arresto di Brusca, ribadendo ciò che ha scritto nel suo libro - che "in Italia i pentiti diventano improvvisamente rispettabili" - Riina jr ha detto che "solo in Italia, e non negli altri Paesi democratici, accade che un pentito che si accusa di centinaia di omicidi non fa un giorno di carcere, accusano le altre persone, poi tornano liberi a fare quello che facevano prima". I pentiti ha sottolineato Vespa sono uno strumento della lotta alla mafia, ma per Riina Jr "si poteva scegliere almeno di fargli scontare un minimo di cio che hanno fatto". "Chiunque può fare accuse ad altri per il proprio tornaconto - ha aggiunto - poi ci sarà un giorno in cui tutti dovranno pentirsi davanti a Dio".

STRAGE DI CAPACI - Durante l'intervista di Bruno Vespa a Salvo Riina sono stati proiettati molti filmati, che ricordano eventi tragici e la storia della lotta la mafia, tra cui quelli della strage di Capaci, il 23 maggio 1992, dove venne ucciso il giudice Falcone, sua moglie e tre agenti della scorta. "Ricordo quando successe il fatto - dice Salvo Riina - avevo compiuto da poco 15 anni, eravamo a Palermo, ero con la mia compagnia di amici, vicino alla sede della Regione, quando vedemmo tante e tante sirene e ambulanze; andavano verso Capaci, ci siamo chiesti che cosa fosse successo, poi ci ha risposto un uomo in un bar che ci disse 'hanno ammazzato Falcone'; ci ammutolimmo". Poi "tornato a casa c'era mio padre, guardava l'edizione straordinaria del tg, in silenzio". Ma "non ebbi alcun sospetto". Dopo Capaci, l'attentato a Borsellino, e anche lì nessun sospetto: "Ogni volta che succedeva qualcosa mio padre veniva accusato".

LE REAZIONI
Maria Falcone - 
Maria Falcone, la sorella di Giovanni, considera "incredibile" quanto accaduto: "Da 24 anni mi impegno per portare ai ragazzi di tutta Italia i valori di legalità e giustizia per i quali mio fratello ha affrontato l’estremo sacrificio ed è indegna questa presenza in una emittente che dovrebbe fare servizio pubblico".

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