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Bruno Vespa: "Riina stava sotto l’ombrellone con la sua famiglia, si è scoperto grazie a me"

Il giornalista e conduttore televisivo torna sull'intervista al figlio del boss corleonese che suscitò tante polemiche: "La rifarei esattamente negli stessi termini, perché si capì per la prima volta quale impunità ebbe il Capo dei Capi"

"Quella volta in cui mi sono trovato in difficoltà? Ricordo le polemiche che suscitò l’intervista al figlio di Riina, Salvo". A parlare è Bruno Vespa, che si confessa a cuore aperto al Tv Sorrisi e Canzoni. La mente del giornalista e conduttore televisivo è volata al 7 aprile 2016 quando decise di invitare nel salotto di Porta a Porta il secondo figlio di Totò Riina, esponente di primo piano dell'organizzazione Cosa nostra, suscitando l'indignazione generale.

Bruno Vespa adesso dice: "Quella è un'intervista che rifarei esattamente negli stessi termini, perché si capì per la prima volta quale impunità ebbe Riina andando a visitare in ospedale la moglie che aveva appena partorito, o andando in vacanza con i figli. Totò Riina stava sotto l’ombrellone con la sua famiglia. E tutto ciò si è capito soltanto con quella testimonianza".

Quella trasmissione andò in onda nonostante le pressioni dei vertici di viale Mazzini, la rivolta di molti partiti politici, a cominciare da Pd, Si e M5s e la dura presa di posizione del presidente del Senato, Pietro Grasso. Le parole del figlio del boss per giorni scatenarono una vera e propria bufera mediatica. "Amo mio padre - disse Riina junior in tv - amo la mia famiglia, al di fuori di tutto quello ci hanno contestato, io non giudico, per quello c'è lo Stato, ci sono i giudici; la mia famiglia, mio padre mi hanno insegnato tante cose, il rispetto della famiglia, dei valori, della tradizione, la persona che sono la devo a loro". Durante l'intervista di Bruno Vespa a Salvo Riina furono proiettati molti filmati, che ricordavano eventi tragici e la storia della lotta la mafia, tra cui quelli della strage di Capaci, il 23 maggio 1992, dove venne ucciso il giudice Falcone. "Ricordo quando successe il fatto - disse Salvo Riina - avevo compiuto da poco 15 anni, eravamo a Palermo, ero con la mia compagnia di amici, vicino alla sede della Regione, quando vedemmo tante e tante sirene e ambulanze; andavano verso Capaci, ci siamo chiesti che cosa fosse successo, poi ci ha risposto un uomo in un bar che ci disse 'hanno ammazzato Falcone'; ci ammutolimmo". Poi "tornato a casa c'era mio padre, guardava l'edizione straordinaria del tg, in silenzio". 

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