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Sabato, 20 Aprile 2024
Mafia Resuttana-San Lorenzo

Mafia, dal Bar Golden allo Shamrock: ecco chi sono le vittime del pizzo

In 2 anni, tra appostamenti e intercettazioni, i carabinieri hanno ricostruito la "messa a posto" di alcuni commercianti e altri episodi mai denunciati. "Una banda di parassiti", così il procuratore capo Lo Voi ha definito i 25 arrestati dell'operazione Talea che hanno smantellato la cosca di San Lorenzo

Come la talea attecchisce e cresce rapidamente una volta piantata, anche il mandamento di Resuttana-San Lorenzo ha mostrato di essere capace di ricomporre altrettanto rapidamente la sua "banda di parassiti", per stringere nella morsa mafiosa negozianti e imprenditori. Almeno 22 gli episodi quelli accertati dai militari grazie ad appostamenti e intercettazioni e ai danni di "vip" del commercio palermitano e non. Alcuni hanno pagato, altri invece hanno subito minacce o danneggiamenti ma non hanno ritenuto necessario segnalarlo alle forze dell'ordine. Proprio dal nome della pianta prende spunto l'operazione che oggi ha portato all'arresto di 25 persone.

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L’elenco delle attività finite nel mirino è lungo: c'è lo Shamrock di viale Campania, il cui titolare a fine 2015 è entrato in contatto con alcuni degli arrestati. Almeno due le estorsioni che si sarebbero consumate. A queste si aggiungono quelle alla pizzeria Savoca di viale Strasburgo (tra il 2014 e il 2015), al Bar Golden di piazza Giovanni Paolo II (ex piazza De Gasperi, nel febbraio 2015), il bar Alba di piazza Don Bosco (prima della nuova gestione a cura di Apr srl), alle ditte Costrulandia (impegnata con un cantiere a Mondello) e Costruzioni Napoli Benedetto. Poi anche la Birreria Bistrot Lowenhaus di piazza Don Bosco, ma dopo i primi contatti - a ottobre 2015 - la titolare si è rivolta ai carabinieri per spiegare l'accaduto. Così come il titolare del pub Plaza di piazza Unità d'Italia e l'imprenditore di una ditta edile di Borgetto.

Più numerosi i commercianti che, sebbene fossero stati avvicinati per la "messa a posto", non hanno denunciato intimidazioni o episodi "strani": la rivendita Gammichia Gomme (che ha subito anche un incendio doloso a giugno 2015), l’Osteria Lo Bianco di via Belgio, il Jayson pub di via dei Nebrodi, la pasticceria Cappello di via Nicolò Garzilli, il bar Pane e Caffè di via Empedocle Restivo, la Birreria Nuova Addaura al Roosevelt, il centro estetico Pietro Caccamo di viale Strasburgo, la Edil Service di Alcamo e la concessionaria Auto Car Service di Partinico.

A ciascuno di loro, in un caso o nell’altro, verrà chiesto nei prossimi giorni di presentarsi in caserma per riferire ogni informazione in loro possesso sulla "banda di parassiti". Così l’ha definita il procuratore capo Francesco Lo Voi nel corso della conferenza stampa sui 25 arresti eseguiti dai carabinieri guidati dal comandante Antonio Di Stasio che hanno azzerato la cosca. A guidarla Maria Angela Di Trapani, figlia dello storico boss e moglie di Salvino Madonia, condannata e scarcerata nell’aprile 2015 dopo aver, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, retto le sorti del clan mentre il marito ergastolano era detenuto al 41bis.

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Proprio a lei si rivolgevano tutti i sodali fino alla nomina di Giovanni Niosi (63 anni). Ma la sua leadership, messa già in discussione dall’organizzazione criminale per una serie di comportamenti sospetti e per la mancanza dei requisiti necessari per un boss, crollò nel momento in cui ha deciso di patteggiare la pena in un processo per cui era imputato per il reato di estorsione aggravata in concorso con i Lo Piccolo. A ciò si aggiunge la sua gestione non accorta delle casse mafiose, dalle quali avrebbe anche preso del denaro per sé, non garantendo il necessario supporto economico a carcerati e famiglie.

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A sostituirlo, con il placet di Di Trapani e quello di Paolo Calcagno da Borgo Vecchio, sarebbe stata la triade composta da Pietro Salsiera (59 anni, Sergio Napolitano (50) e Sergio Macaluso (44). Una scelta necessaria ma discussa e sofferta: "Prima parliamone tra di noi poi vediamo che dice quello pure quello .... perché non è che è bello che magari noi ci mettiamo contro... siamo ... arriviamo noi altri, noi altri freschi di padella ...e ci andiamo a prendere questo viaggio a metterci contro a stu cristiano", dicevano Macaluso e Napolitano.

I nomi degli arrestati

A loro il compito di guidare la banda nelle sue attività quotidiane. Non più solo danneggiamenti ed estorsioni, ovvero quei "lavoretti" che spesso appaltavano a uomini dello Zen dietro il pagamento di 100 euro), ma anche spaccio di droga e scommesse. Le agenzie di betting avrebbero potuto garantire soldi facili e puliti, evitando che i soldati finissero in carcere e dunque mettendo a rischio la tenuta della "famiglia". D'altro canto era "gradito" qualsiasi business sarebbe servito a garantire il sostentamento delle famiglie mafiose o dei detenuti. Quanto raccolto dagli investigatori in oltre due anni di indagini "offre uno spaccato - ha spiegato il procuratore aggiunto Salvatore De Luca - chiaro sulle dinamiche di un mandamento in periodo di crisi. E’ emersa la rigorosa delimitazione dei mandamenti, individuabile approssimativamente in via Dante".

La nota del Bar Alba

"In merito alla notizia sulle esternazioni della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo secondo le quali la gestione del 'Bar Alba', non si comprende bene in che periodo, pagato il 'pizzo' a quelli che la stessa Procura ha definito 'banda di parassiti' di Cosa nostra, fermo restando il plauso al proficuo Lavoro della Magistratura, è imperativo svolgere alcune precisazioni e distinzioni". E' quanto si legge in una nota del bar. "Dal giorno 11 aprile 2016 le attività di piazza Don Bosco e via Regina Margherita meglio conosciute rispettivamente come il Bar Alba di piazza Don Bosco e il Caflish-Bar Alba di Mondello, sono di proprietà della società A.P.R. s.r.l. - si legge - La detta società non ha nulla a che vedere o a che spartire con le precedenti 'Pasticceria Alba srl', 'Bar Alba srl' e 'Pastocceria Alba s.r.l.'., a più riprese e in vari momenti titolari dei predetti esercizi, e oggi tutte in fallimento".

"Tra A.P.R. s.r.l. e le predette società non sussiste alcun legame e alcuna continuità economica o giuridica tanto che la predetta A.P.R. s.r.l. ha dovuto ricominciare da zero ogni attività, richiedere ex novo autorizzazioni e licenze, e persino stipulare nuovi contratti per la locazione degli immobili e nuovi contratti per tutte le utenze, nonché comprare ai pubblici incanti buona parte delle attrezzature e degli arredi - spiega la società - Tanto precisato i Soci tutti e i Componenti del Consiglio di Amministrazione di A.P.R. s.r.l. escludono nella maniera più categorica di avere mai ricevuto richieste di 'pizzo' o di qualsivoglia regalia da parte di chicchessia e anzi preannunciano a propria tutela e a tutela di A.P.R. s.r.l. l'avvio di ogni iniziativa volta a difendere l'onere e la reputazione propria e della predetta società".

"In particolare i componenti del Consiglio di Amministrazione, Giuseppe Caronia, Ermelindo Provenzani e Marcello Madonia, protestano la loro assoluta estraneità ad ogni forma di contiguità con frange deviate del tessuto sociale ed esponenti di ogni sorta delle consorterie malavitose ed anzi riaffermano con forza e fermezza la loro adesione totale ai valori della Legalità, richiamando alla memoria della Collettività tutte le iniziative finora svolte a vario titolo nella lotta al fenomeno delinquenziale in genere e a quello di matrice mafioso in ogni sua forma e nelle competenti sedi innanzi l'Autorità Giudiziaria", spiegano. E concludono: "Al contempo ribadiscono con altrettanta fermezza la assoluta disponibilità a qualsivoglia confronto con gli Inquirenti purché non venga in nessun modo fatta confusione tra A.P.R. s.r.l., che opera solamente da poco più di un anno e mezzo, e le precedenti società che hanno gestito i detti punti vendita o addirittura con la società che, nell'esercizio sito a Palermo nella viale Strasburgo già denominato 'Dolcissimo', qualche anno fa, ben prima che A.P.R. s.r.l. fosse costituita e iniziasse a operare, ha arbitrariamente e illegittimamente utilizzato il marchio ''BAR ALBA'', così come risulta essere emerso in sede giudiziale nell'ambito della procedura esecutiva avviata per il pignoramento del marchio 'BAR ALBA'".

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