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Mafia, i boss dello Zen gestivano droga e racket: 12 condanne

Si tratta del processo di appello nato dall'operazione "Fiume" del 2014. Personaggio chiave è Guido Spina, in manette una dozzina di volte ma mai finito in cella per ragioni di salute. La condanna a 20 anni inflitta in prima grado è stata ridotta di due mesi

Spaccio di droga, racket, "gestione" delle case popolari dello Zen. E' il business curato, dalla sua villa all'interno del popolare quartiere, da Guido Spina. Il boss emergente, in manette una dozzina di volte ma mai finito in cella per ragioni di salute, in appello si è visto ridurre la condanna a 20 anni di due mesi.

Il processo è quello nato dall'operazione "Fiume" portata a termine nel giugno 2014 con l'arresto di 17 persone. Spina è ritenuto il referente della famiglia mafiosa dello Zen. Nelle sue mani, secondo l'accusa, il traffico di sostanze stupefacenti e la commissione di estorsioni nei confronti sia di esercizi commerciali sia degli abitanti del quartiere. (L'ARRESTO DEL BOSS - VIDEO).  Gli affari erano gestiti direttamente dalla sua abitazione allo Zen, dotata di sofisticati sistemi di sicurezza e all'interno della quale si svolgeva un "supermercato" della droga all'ingrosso e dettaglio.

Mafia allo Zen: i volti dei 17 arrestati

Spina agiva con l'aiuto di Vincenzo Cosenza, anche lui condannato in primo grado a 20 anni con pena adesso ridotta di due mesi. Scende a due anni (dai 3 anni e 4 mesi) la pena inflitta ai pentiti Sebastiano Arnone e Salvatore Giordano, genero e suocero. Dovrà scontare 9 anni e 4 mesi Pietro Vitale, per il quale è stato applicato il meccanismo della continuazione con una sentenza per fatti analoghi, emessa il 6 settembre 2012. Nove anni a testa anche per la moglie di Spina (Alba Li Calsi) e Cosenza (Maria Valenti). Angela e Antonio Spina, figli di Guido, hanno avuto otto anni ciascuno. A 10 anni è stato condannato Francesco Firenze, a 8 Nicolò Cusimano, a 4 Paolo Meli. 

Cinque gli assolti: Isidoro Cracolici e Nunzio Lombardo (in primo grado condannati a due anni ciascuno), Antonino Di Maio (aveva avuto 2 anni e 8 mesi), Giuseppe Leto (aveva rimediato un anno e otto mesi), Giovanni Battista Di Giovanni (un anno).

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