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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia Brancaccio

I summit nelle case di riposo di Brancaccio, così Scimò e Testa guidavano il clan

I retroscena dell'operazione "Maredolce 2" che ha portato all'arresto 25 persone. In manette i nuovi capi e gli affiliati. Tra i nuovi business la gestione dei centri per anziani e i videopoker. I capi impartivano ordini e risolvevano le questioni tra le famiglie

Le estorsioni restano una delle attività "preferite" da Cosa nostra anche se il business sembra in calo, affiancato invece dal sempre remunerativo traffico di droga, da quello delle sigarette di contrabbando, dalla gestione dei videopoker e delle case di riposo per anziani, intestate a prestanome ma controllate dalla famiglia di Corso dei Mille. E proprio le case di riposo diventano luogo prediletto per incontri tra i boss. E' quanto emerge dall'operazione antimafia condotta oggi dalla polizia, che ha arrestato 25 persone.

Droga, slot e case di riposo: colpo al clan di Brancaccio, 25 arresti

Gli indagati sono accusati, a diverso titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, incendio, trasferimento fraudolento di valori aggravato, autoriciclaggio, detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio e contrabbando di tabacchi. Sotto sequestro alcune imprese e diversi veicoli per un valore complessivo di circa un milione di euro. 

Gli arresti e la successione al vertice del mandamento

Dalle indagini è emerso che immediatamente dopo l’arresto di Pietro Tagliavia, ritenuto reggente fino al 2015 dal mandamento, il potere (e parallelamente l'attenzione degliinvestigatori) è passato nelle mani di Luigi Scimò e Salvatore Testa. Gli inquirenti li definiscono "personaggi di indubbia caratura mafiosa che sono riusciti, in breve tempo, a riorganizzare le fila del sodalizio mafioso di corso dei Mille, profondamente colpito, nel luglio del 2017, dall’operazione 'Maredolce'".

I nomi degli arrestati

Mafia, colpo al clan di Brancaccio: 25 arresti

A loro vengono riconosciute doti "diplomatiche" con la "capacità di mantenere stabili rapporti con autorevoli esponenti di cosa nostra palermitana e non solo come Pietro Salsiera e Sergio Napolitano, ai vertici della famiglia di Resuttana, Giovanni Sirchia, uomo d'onore di Passo di Rigano, Filippo Bisconti, al tempo capo della famiglia di Belmonte Mezzagno e oggi collaboratore di giustizia, e Leo Sutera, rappresentante della provincia di Agrigento, attualmente detenuto".

Il mandamento come un'azienda attiva su più fronti

A capo della famiglia di Corso dei Mille, Scimò e Testa avevano organizzato un folto gruppo attraverso il quale erano in grado di condizionare profondamente il tessuto economico, tanto legale quanto illecito, di quella porzione di territorio. E ognuno aveva un compito. A occuparsi delle estorsioni ai danni dei commercianti erano Salvatore Giordano e Giuseppe Di Fatta, finiti entrambi in carcere.

Il contrabbando di sigarette, invece, era coordinato da Girolamo Castiglione, anche lui arrestato nel blitz di oggi, mentre il settore dei videopoker era gestito tramite i fidati Giovanni De Simone e Aldo Militello. Le indagini hanno consentito di documentare anche l'interesse della famiglia per la gestione delle case di riposo. Strutture intestate a prestanome ma in realtà controllate dallo stesso Scimò, tramite Anna Gumina e Pietro Di Marzo, genero dello stesso Scimò, a cui fu affidata anche la trattativa per l'acquisto di una partita di stupefacente da esponente della famiglia Barbaro di Platì. "La trattativa era finalizzata a stabilire un canale di rifornimento diretto tra Calabria e Sicilia che garantisse l'approvvigionamento di cocaina per le piazze di spaccio attive sul territorio di Brancaccio e controllate dalla famiglia mafiosa", spiegano gli investigatori.

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Nessun crimine senza il nulla osta dei boss

La struttura creata da Scimò e Testa, per gli inquirenti "garantiva all’organizzazione mafiosa un capillare controllo del territorio funzionale alla salvaguardia degli interessi economici dell’organizzazione stessa". Emblematico il caso di una rapina in una sala bingo sottoposta ad amministrazione controllata e al cui interno erano collocati dei videopoker di pertinenza di un'altra famiglia. "Testa e Scimò - dicono dalla polizia - si sono immediatamente attivati per rintracciare gli autori del colpo, evidentemente non autorizzati dai referenti territoriali dell’organizzazione mafiosa, e costringerli a restituire il bottino dopo un breve processo sommario". "Ti rivolti contro di noi?", dice Testa non sapendo di essere intercettato.   

intercettazioni maredolce 2-2-2-2

Non sfuggono al controllo mafioso nemmeno le questioni di carattere personale che riguardino i singoli associati. E' il caso, ad esempio, del furto dello scooter di proprietà di Pietro Di Marzo; questi, sfruttando le sue “conoscenze” sul territorio, ha prontamente individuato l’incauto ladro, costretto i suoi genitori ad acquistare uno scooter simile e, contestualmente, cederne la proprietà al derubato.

"Sti soldi si devono uscire subito" | Le intercettazioni

Incontri tra i boss nelle case di riposo

Il nuovo business dei boss erano le case di riposo, intestate a prestanome ma in realtà controllate dalla mafia. In quelle strutture spesso i boss si riunivano per discutere delle slot, del traffico di sigarette e delle estorsioni. Chiusi in cucina analizzavano i loro investimenti illeciti. Poco importava se, a qualche metro di distanza, c'erano gli anziani ospiti. Seguendo Testa gli investigatori hanno ricostruito un incontro con Giovanni Musso, ritenuto capo famiglia della Noce. L'appuntamento è in via Pianell, all'altezza della casa di riposo gestita da Pietro Di Marzo e dal suocero Lugi Scimò per interposta persona. Il 5 settembre del 2015, presso la casa per anziani "Girasole", gli uomini della polizia documentano un incontro riservato tra Salvatore Testa e Giacomo Teresi, indicato come mafioso del territorio di Brancaccio.

E' del 5 novembre 2016, invece, il faccia a faccia tra Testa e Scimò. La riunione avviene tra le mura della comunità alloggio Don Bosco e desta la preoccupazione di Anna Gumina, raggiunta oggi dal divieto di dimora. La donna teme una possibile ispezione e manifesta i tuoi timori a Di Marzo. "Ma poi queste cose là si fanno - diceva non sapendo di essere intercettata-.? Che se, non sia mai Dio, siamo all'aperto.... io glielo dico che ora io, io glielo dico bello chiaro: o te la pizzichi o non te la pizzichi, non ti seccare, io lì mi spavento, perché Piero, non sia mai Dio, rimpiango le conseguenze io di tutte cose...".

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