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Mafia, asse Palermo-Agrigento per gestire appalti e racket: 9 arresti

Le accuse sono di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, illegale detenzione di armi, detenzione di sostanze stupefacenti. Ricostruita la mappa del pizzo imposto alle imprese

Cosa nostra tentava di condizionare appalti importanti come quello del rigassificatore di Porto Empedocle, dei collegamenti con Lampedusa e le attività di ristrutturazione degli alloggi popolari. Per raggiungere lo scopo le "famiglie" di Palermo e Agrigento collaboravano, portando avanti un antico legame criminale. E' quanto scoperto dalla polizia, che ha eseguito tredici ordinanze di custodia cautelare (9 arresti e 4 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria), emesse dal gip di Palermo Giangaspare Camerini su richiesta dei pm Maurizio Scalia, Rita Fulantelli ed Emanuele Ravaglioli della Dda. Le accuse sono di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, illegale detenzione di armi, detenzione di sostanze stupefacenti. Gli indagati sono in tutto 34. I NOMI DEGLI ARRESTATI E DEGLI INDAGATI

L'operazione è stata denominata "Icaro".  Le indagini, svolte dalle squadre mobili di Palermo e Agrigento, "hanno confermato come non si sia mai spezzato lo storico vincolo tra Cosa nostra palermitana e agrigentina" come dimostrato dai documentati summit svoltisi nelle campagne agrigentine tra ruderi ed appezzamenti di terreno. Gli investigatori hanno ricostruito la mappa del pizzo imposto alle imprese e come le organizzazioni mafiose tentavano di condizionare una serie di opere edili.

Mafia, operazione Icaro: le foto degli arrestati

Scoperta anche la pianta organica di Cosa nostra nella parte occidentale di Agrigento. "Sono stati raccolti - spiega la polizia - numerosi elementi indiziari a carico del capo famiglia della cosca di Agrigento, Antonino Iacono, 61 anni e del capo famiglia della cosca di Porto Empedocle, Francesco Messina 58 anni. Operavano con metodo mafioso ed estorsivo per condizionare l’attività di ristrutturazione del rigassificatore di Porto Empodecle. Dalle risultanze investigative, oltre alla supremazia dei due 'capifamiglia', sono emersi i ruoli di spicco di numerosi soggetti organici all’associazione, quali Giuseppe Piccillo, uomo di fiducia di Iacono, delegato all’organizzazione di incontri con esponenti mafiosi di altre famiglie locali e per conto del quale si è reso responsabile di più azioni intimidatorie, finalizzate a estorcere il pizzo a numerose imprese locali attive nel settore del calcestruzzo; Francesco Capizzi e Francesco Tarantino, organici alla famiglia mafiosa di Porto Empedocle e soggetti di fiducia di Messina, per conto del quale si sono resi responsabili di azioni estorsive in pregiudizio di imprese edili operanti in quel centro. Questi avrebbero tentato di conidzionare il trasporto da e per l’isola di Lampedusa, nonché l’attività di ristrutturazione di alloggi popolari a Porto Empedocle. Tra gli arrestati anche Gioacchino Cimino, 61 anni, ritenuto organico alla famiglia di Porto Empedocle".
 

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