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Frutta e verdura della mafia: patto Riina-Casalesi, le mani di Cosa nostra sul made in Italy

I più noti clan della criminalità si dividono il business della tavola mettendo le mani sui prodotti simbolo. Un giro d'affari enorme (21,8 miliardi) con un balzo del 30% nell'ultimo anno. E' quanto emerge dal rapporto elaborato da Coldiretti

Le mozzarelle di bufala, l'olio extravergine, le arance, il pane e la pizza. E poi i ristoranti. Dalle infiltrazioni nel "percorso" dell'olio extra vergine di oliva di Matteo Messina Denaro, fino al controllo del commercio ortofrutticolo della famiglia di Totò Riina: i più noti clan della criminalità si dividono il business della tavola mettendo le mani sui prodotti simbolo del made in Italy. Un giro d'affari enorme, in costante crescita, quello delle agromafie in Italia. Si parla di 21,8 miliardi di euro, con un balzo del 30% nell'ultimo anno. E' quanto emerge alla presentazione del quinto Rapporto #Agromafie2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare. 

LA TAVOLA DELLE COSCHE - Nel rapporto viene allestita una 'tavola delle cosche' con i prodotti frutto dei business specifici dei diversi clan mafiosi, camorristici e 'ndranghetisti. A novembre 2016 la Dia ha deciso di sequestrare i beni di un imprenditore dei trasporti siciliano considerato lo snodo degli affari che il clan dei Casalesi conduce assieme al fratello di Totò Riina, Gaetano, per monopolizzare il trasporto di frutta e verdura da Roma in giù, grazie anche al controllo del grande mercato di Fondi, nell'agro-pontino. Solo nell'ultimo anno - ricorda Coldiretti - le forze dell'ordine hanno messo a segno diverse operazioni contro le attività della malavita organizzata, con arresti, sequestri e confische contro personaggi di primissimo piano della mafia che hanno deciso di investire ed appropriarsi - sottolinea la Coldiretti - di vasti comparti dell'agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l'imprenditoria onesta. Il risultato è la moltiplicazione dei prezzi che per l'ortofrutta arrivano a triplicare dal campo alla tavola, ma anche pesanti danni di immagine per il made in Italy in Italia e all'estero se non rischi per la salute. 

FRUTTA, VERDURA E I POTERI CRIMINALI - A questi reati contro l'agricoltura, secondo il Rapporto, si affiancano racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione nelle campagne mentre nelle città, silenziosamente, i tradizionali fruttivendoli e i nostri fiorai sono quasi completamente scomparsi, sostituiti i primi da egiziani e i secondi da indiani e pakistani che controllano ormai gran parte delle rivendite attive sul territorio. Si direbbe un vero miracolo all'italiana, affiancato però dal dubbio che tanta efficacia organizzativa possa anche essere, spesso, il prodotto di una recente vocazione mafiosa per il marketing. I poteri criminali si "annidano" nel percorso che frutta e verdura devono compiere per raggiungere le tavole degli italiani, e che vede uno snodo essenziale in alcuni grandi mercati di scambio per arrivare alla grande distribuzione.

LA VOCAZIONE MAFIOSA PER IL MARKETING: I RISTORANTI - Tra tutti i settori "agromafiosi" - continua la Coldiretti - quello della ristorazione è forse il comparto più tradizionale e immediatamente percepito come tipico del fenomeno. In alcuni casi sono le stesse mafie a possedere addirittura franchising e dunque catene di ristoranti in varie citta' d'Italia e anche all'estero, forti dei capitali assicurati dai traffici illeciti collaterali.

LE AGROMAFIE NELLE CITTA' ITALIANE - Nello specifico, tra le province che entrano nella "top ten" per un livello alto di criminalità organizzata del tipo dell'agromafia, rientra Palermo, ma ne sono state rilevate due in Calabria, altre due in Sicilia (Caltanissetta e Catania), due in Campania (Caserta e Napoli) e Bari in Puglia. Nel territorio siciliano sono state rilevate massicce infiltrazioni nel mercato ortofrutticolo (dagli agrumi alla frutta fino agli ortaggi a foglia) e nella pesca. "La presenza di importanti città portuali nella top ten dei capoluoghi di provincia colpiti dal fenomeno delle agromafie- afferma il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo - dimostra che tali infrastrutture costituiscono non solo un volano per lo sviluppo economico del territorio circostante, ma anche un'opportunità di crescita, approvvigionamento e distribuzione per le organizzazioni criminali".
 


 

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