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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

"Patto coi boss, un milione di euro al mese con le scommesse": sequestrati beni a imprenditore

Nel mirino della polizia è finito Antonio Lo Baido, 41 anni: insieme al socio Benedetto Bacchi aveva monopolizzato il settore grazie a un accordo con Cosa nostra palermitana

Tramite un vero e proprio accordo contrattuale con Cosa nostra palermitana era riuscito, con il socio Benedetto Bacchi, a realizzare una rete di agenzie di scommesse abusive monopolizzando il settore e generando profitti quantificati nell'ordine di oltre un milione di euro al mese. Il tutto in pochissimo tempo. Adesso la polizia ha fatto scattare un maxi sequestro di beni nei confronti di Antonio Lo Baido, 41 anni, imprenditore palermitano nel settore delle scommesse online. Si tratta di beni per un valore complessivo di circa 250 mila euro.

Il provvedimento, emesso su proposta del questore dalla Sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, riguarda quattro veicoli, tre rapporti finanziari, due società con sede a Partinico attive nel settore dei giochi e delle scommesse e una quota pari al 50% di una società con sede ad Alcamo attiva nel settore dell'organizzazione di eventi.

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Lo Baido era stato arrestato, insieme ad altre 31 persone, il 1° febbraio 2018 nell'ambito dell'operazione 'Game Over' condotta dalla Squadra mobile di Palermo. Le accuse a vario titolo erano di associazione mafiosa, concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso, truffa aggravata ai danni dello Stato, esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse e associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti connessi alla gestione illecita di imprese dedite all'utilizzo di piattaforme online finalizzate al gioco.

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"L'operazione  - dicono gli inquirenti - aveva confermato l'esistenza di una forte compenetrazione tra l'attività di Cosa Nostra e la gestione e distribuzione sul territorio delle sale gioco e scommesse. In questo contesto, Lo Baido aveva un ruolo di primissimo piano. La figura di Lo Baido assume, quindi, i caratteri propri dell'“imprenditore colluso” con Cosa nostra che aveva scelto come socio deliberatamente l'organizzazione mafiosa, stipulando patti con i suoi esponenti in modo da poter realizzare la strategia di espansione del proprio circuito di scommesse, offrendo in cambio elevati profitti derivanti dalla sua attività illecita. Le indagini hanno dimostrato come parte dei profitti venivano poi distribuiti come compenso alle famiglie mafiose, a seconda del volume d'affari dei punti scommesse distribuiti nelle varie aree di influenza. Il patrimonio dell'imprenditore, una parte del quale oggi sotto sequestro, non è altro che il frutto del reimpiego di una parte dei capitali di illecita provenienza".

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