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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Calatafimi

Minacce a negozi per avere il pizzo Arrestati tre presunti mafiosi

I carabinieri hanno eseguito tre ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di Enrico Scalavano, Filippo Annatelli e Santo Dell'Oglio. Sono accusati di estorsione e di appartenere alla cosca di Corso Calatafimi

Intimidivano i commercianti usando i soliti avvertimenti: attak nei lucchetti delle saracinesche e perfino il “lei lo sa chi sono io?”. I carabinieri hanno eseguito tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip Nicola Aiello, su richiesta del sostituto procuratore distrettuale Francesca Mazzocco, a carico di altrettanti soggetti ritenuti, a vario titolo, responsabili dei reati di estorsione e violenza privata con l’aggravante di essersi avvalsi della forza intimidatrice dell’associazione mafiosa al fine di favorire Cosa nostra.

Le indagini hanno consentito di raccogliere “inconfutabili indizi” a carico di Enrico Scalavino, 41 anni, Filippo Annatelli 49 anni e Santo Dell’Oglio 37 anni, in merito ad alcune estorsioni perpetrate nei confronti di esercizi commerciali ricadenti nella zona di influenza della famiglia mafiosa di Corso Calatafimi.

Secondo quanto hanno accertato le indagini dei carabinieri, i tre intimidivano gli esercenti (danneggiando le attività commerciali,  poste spesso nell’impossibilità di aprire al pubblico poiché le serrature erano state cosparse con l’attak) manifestando apertamente la loro appartenenza a Cosa nostra e costringendoli così a versare per le festività di Pasqua e Natale denaro da destinare al mantenimento degli appartenenti al sodalizio mafioso ristretti in carcere.

L’attività investigativa, confortata dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Angelo Casano, ha consentito di dimostrare, tra l’altro, anche che Scalavino, riferendo di essere stato “mandato dagli amici”, quindi vantando la sua appartenenza all’organizzazione mafiosa, aveva costretto il titolare di una società ad assumerlo come dipendente. Ciò al fine di poter dimostrare lo svolgimento di un’attività lavorativa alle autorità preposte alla vigilanza nei suoi confronti (in quanto sottoposto alla libertà vigilata).

 

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