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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Contrasto al lavoro nero: 9 attività sospese, 250 mila euro di multe

I carabinieri del nucleo Ispettorato del lavoro hanno passato al setaccio diversi esercizi commerciali e due società edili: scoperti 23 lavoratori "sommersi", sequestrato un cantiere. Puntata l’attenzione anche sull’uso non autorizzato di impianti di videosorveglianza

Ventitré lavoratori in nero scoperti, 9 attività sospese, un cantiere sequestrato e sanzioni per quasi 250 mila euro. E' il bilancio di una serie di controllo eseguiti dai carabinieri del nucleo Ispettorato del lavoro e del comando provinciale, che hanno passato al setaccio diversi esercizi commerciali e due società edili. Sedici in tutto le aziende controllate dai militari, che in 10 hanno trovato 23 lavoratori privi di tutela assicurativa e previdenziale. Sono così scattate le sospensioni amministrative.

Due le denunce a carico di titolari di ditte edili, a cui sono state contestati l'omessa nomina del coordinatore per la sicurezza, del medico competente, il non avere informato i lavoratori sui rischi del cantiere, l'omessa consegna dei dispositivi individuali di protezione degli operai, il non avere utilizzato scale a norma con i previsti ancoraggi, non avere predisposto l'idoneo accesso al cantiere, il non avere predisposto idonee protezioni verso il vuoto, oltre all'impiego di lavoratori in nero.

Contestualmente alla lotta al lavoro nero e alla sua emersione i carabinieri hanno puntato l’attenzione anche sull’uso non autorizzato di impianti di videosorveglianza. In 6 casi diversi, in città e provincia, è stato accertato l’uso non autorizzato di impianti di videosorveglianza che “possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali, ovvero, in difetto di accordo, su autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro”. L’uso di questi impianti è uno strumento dei datori di lavoro per tenere alla larga i malintenzionati, ma talvolta anche un indebito espediente per controllare i propri dipendenti: questo collide con quanto stabilito appunto dallo Statuto dei Lavoratori e da quanto previsto dal Garante per la privacy che ne limita il campo di applicabilità. I responsabili sono stati deferiti alla Procura della Repubblica.

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