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Cronaca

Incendi, "Quando la montagna è di tutti e quindi di nessuno"

Il presidente dell'Alto Mountain Club Palermo Roberto Giammalva scrive alla redazione di PalermoToday: "Pochi attimi è il tempo necessario affinché andasse in fumo la Conca d'Oro e con essa il suo enorme patrimonio naturalistico"

Riceviamo e pubblichiamo:

Era la notte di domenica, poi era il lunedì, poi era il pomeriggio in cui la nazionale perdeva il suo mondiale mentre, affacciato al balcone, osservavo attonito ed impotente l’orrido scenario di vari incendi che da tre giorni attanagliavano Palermo come in una morsa, devastando i monti della Conca d’Oro. I giorni successivi sono stati un ronzio continuo di motori ed un volare incessante dei mezzi antincendio che affannosamente, giorno e notte, cercavano di arginare quei roghi che non cessavano di espandersi.

È bastato un pomeriggio di afa, di vento e caldo da sud, uno di quei pomeriggi da passare al mare o sotto l’ombrellone, per inaugurare l’ennesima stagione di incendi, l’estate siciliana. Pochi attimi, l’innalzamento repentino della temperatura e mesi, anni di noncuranza per un quadro  finale agghiacciante: ciò che è rimasto del versante nord di Monte Cuccio, del versante est di Monte  Moarda, Pizzo Orecchiuta alle pendici del quale le fiamme lambivano le abitazioni, la est e la nord  di Monte Grifone, ora sono solo un triste manto marrone, cenere ed odore di terra bruciata che profuma l’aria di Palermo.

Pochi attimi è il tempo necessario affinché andasse in fumo la Conca d’Oro e con essa il suo enorme patrimonio naturalistico; qui come dall’altra parte dell’Isola, dove intere riserve sono state  arse ed intere montagne sono bruciate: panorami, profumi, luoghi ed ecosistemi persi  irrimediabilmente per i mesi e – nei casi più tristi – anni, come Cavagrande del Cassibile,  consolidata lentamente nei secoli, che oggi ci addolora vedere come i nostri occhi non l’hanno mai  vista. Sono giorni difficili, in cui su tutto il territorio regionale si combattono come meglio si può roghi su  roghi, cercando ormai di arginare i danni, perché quello che perso è perso e con esso una parte della  Sicilia.

Intere montagne devastate per noncuranza e leggerezza, entità astratte nell’immaginario siciliano di  un’isola che vive solo di mare, eppure quota considerevole del nostro territorio e meta silenziosa di  un turismo in forte crescita. Il bandolo della matassa è proprio questo: nella credenza comune della Sicilia come “isola di sole e  di mare”, dove il turismo si crede che sia esclusivamente balneare – e anche li la digressione da fare  sarebbe lunga - la montagna, non solo pascolo per le greggi, non viene investita delle attenzioni  dovute e meritate, divenendo meno che un’entità astratta, un’utopia in Sicilia su cui vale la pena  forse economizzare.

Non solo soffriamo della carente promozione dei nostri territori montani, ma  sulla errata convinzione di una distinzione tra la “Sicilia di mare” e la montagna si impianta un  circolo perverso fatto di mancata prevenzione, deficiente tutela e mancata promozione del territorio,  noncuranza in materia di soccorso sanitario in tale ambiente e servizi al fruitore e un’errata  concezione dell’eco-turismo che giustifica apparentemente il risparmio di mezzi e risorse in un  periodo di revisione di spesa. La montagna è di tutti, nessuno ha mai pensato di lucrarvi o vietarne l’accesso. La montagna è di  tutti, sì, anche in Sicilia: una montagna così selvaggia ma allo stesso tempo così astratta e così sregolata; una montagna che è di tutti e quindi, in Sicilia, di nessuno.

La storia si ripete ogni anno: a fronte di nove mesi di neve, piogge e fresco, accogliamo ogni anno  l’arrivo del caldo impreparati, gridando “al fuoco!” troppo tardi, quando basterebbe investire sulla  prevenzione, con il risultato di un maggiore profitto e una notevole economicità a fronte delle spese  che, per correre ai ripari, l’amministrazione regionale si appresta a sostenere: prevenire, in fondo, è  meglio che curare ed in questo caso sarebbe anche più facile. Al di là di dolo e fuochi fatui, ma soprattutto al di là della politica finanziaria dell’amministrazione  locale, mi chiedo se una qualche politica di prevenzione sia possibile, per la tutela del patrimonio  naturalistico, la promozione del territorio e soprattutto per la tutela della salute pubblica, o se  saremo costretti a vedere le stesse scene di un film ormai conosciuto a memoria – e siamo ancora  all’inizio.

Roberto Giammalva
Presidente Alto Mountain Club - Palermo

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