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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

"Rischiate un esercito di kamikaze", parla il pentito della Jihad: 15 fermi

Blitz antiterrorismo dei carabinieri del Ros tra Palermo, Trapani, Caltanissetta e Brescia. Gli indagati sono accusati anche di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La tratta Tunisia-Sicilia costava 2.500 euro. Il leader dell'organizzazione inneggiava all'Isis su Facebook

Parla un "pentito" della Jihad che racconta i retroscena su sbarchi fantasma, ma anche su persone vicine al terrorismo islamico, e così scatta il blitz dei carabinieri del Ros. Nell'ambito dell'operazione denominata Abiad i militari hanno fermato 8 persone nelle province di Palermo, Trapani, Caltanissetta e Brescia. Si tratta di Michele Mercurio, palermitano di 61 anni, residente in zona Sperone; Salvatore Sutera, palermitano di 57 anni, residente in zona Acqua dei Corsari; Mongi Ltaief, tunisino (46 anni); Aymen Ouafi, tunisino (34); Noureddine Jallali, tunisino (46); Mohamed El Kouch, marocchino (30); Hassen Fadhlaoui, tunisino (28); Saber Toumi, tunisino (42). Altri 7 soggetti sono ancora ricercati.

Messaggi pro Isis e bandiere bruciate: così la propaganda corre su Facebook | Video

I provvedimenti sono stati emessi dalla Procura di Palermo e gli indagati sono ritenuti a vario titolo responsabili di istigazione a commettere più delitti in materia di terrorismo, associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e al contrabbando di tabacchi plurimi episodi di ingresso illegale di migranti clandestini nel territorio nazionale ed esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria. Tutti "reati aggravati  - spiegano i carabinieri - poichè commessi avvalendosi del contributo di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività delinquenziali in più di uno Stato".

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Il gruppo, secondo gli inquirenti, "si è sempre dimostrato in grado di rigenerare la propria struttura logistica attraverso l’acquisizione di nuovi recapiti cellulari fittiziamente intestati a terzi e da destinare alle comunicazioni riservate tra gli associati, il reperimento e l'acquisto di nuovi potenti natanti off shore da utilizzare per gli illeciti servizi di trasporto e il ripristino dei canali di commercializzazione dei tabacchi contrabbandati dalla Tunisia, attività questa ultima operata con la preziosa collaborazione di fedeli sodali palermitani.

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La "lode" alla Jihad

Uno degli indagati è accusato di avere fatto apologia dell'Isis. L'uomo, secondo la Procura antimafia, avrebbe istigato al terrorismo, invocando anche la morte in nome di Allah e facendo apologia dello Stato islamico. Sul suo profilo Facebook gli inquirenti hanno trovato anche immagini di bandiere americane bruciate, o di bandiere nere dell'Isis. "Il martirio e la jihad la sola via per aspirare al paradiso", scriveva. Per i magistrati "ulteriore segno di radicalizzazione a sfondo religioso è l'iscrizione dell'indagato al gruppo Facebook 'Quelli al quale manca il paradiso'".

Su Facebook le immagini pro Jihad

"L'indagato - sottolineano i carabinieri - operando in perfetta coerenza con le attuali caratteristiche della cosiddetta 'Jihad 2.0' - che vede nell’operatività dei 'mujaheddin virtuali' un formidabile strumento di radicalizzazione delle masse e propaganda dei dettami del terrore di matrice islamista - si adoperava per la diffusione e condivisione tramite social network di documenti e di materiale video-fotografico volti al proselitismo e alla promozione dello Stato Islamico 'Daesh'".

Uno degli indagati ha condiviso "sul suo profilo Facebook e sulle pagine Facebook relative ad altri gruppi, sia aperti che chiusi, materiale propagandistico delle attività svolte da gruppi islamici di natura terroristica, sia di tipo documentale (preghiere, scritti, ordini, istruzioni ed altro) che videofotografico (scene di guerra, immagini di guerriglieri, discorsi propagandistici, kamikaze, uccisioni di ostaggi ed altro), di cui preliminarmente si riforniva in rete, nonché attraverso altri strumenti di comunicazione e, in particolare, mantenendo contatti e condivisioni con pagine Facebook e profili Facebook tutti inerenti attività di tipo terroristico in Tunisia, in Iraq, in Siria , in Medioriente, in Europa e negli Stati Uniti", come si legge nel provvedimento di fermo della Dda.

Il rischio kamikaze

"Vi sto raccontando quello che so perché voglio evitare che vi troviate un esercito di kamikaze in Italia", avrebbe detto il "pentito" che ha fatto scattare le indagini.

A parlare con gli inquirenti è stato Arb Ben Said. Nelle sue parole informazioni su "strutturate attività di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina dalla Tunisia verso le coste siciliane di Marsala (Trapani) e di Mazara del Vallo (Trapani) con contestuale contrabbando di tabacchi lavorati esteri", scrivono i pm nel provvedimento di fermo

Secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia, l'organizzazione rappresentava "una attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale". Gli investigatori parlano di "rischio terrorismo di matrice jihadista". "Sussistono significativi ed univoci elementi per ritenere che l'organizzazione in esame costituisca un'attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale poiché in grado di fornire a diversi clandestini un passaggio marittimo occulto, sicuro e celere che, proprio per queste caratteristiche, risulta particolarmente appetibile anche per quei soggetti ricercati dalle forze di sicurezza tunisine, in quanto gravati da precedenti penali o di polizia ovvero sospettati  di connessioni con formazioni terroristiche di matrice confessionale", dicono i magistrati.

"Reati - spiegano i carabinieri -  aggravati poiché commessi avvalendosi del contributo di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività delinquenziali in più di uno Stato". L'operazione è stata denominata "Abiad".

La tratta di migranti

I componenti dell'organizzazione, prevalentemente tunisini, utilizzavano potenti gommoni che trasportavano migranti dalla Tunisia a Mazara del Vallo in cambio del pagamento di 2.500 euro. Gli inquirenti parlano di "trasferimenti rapidi e tendenzialmente in grado di eludere gli ordinari dispositivi di controllo".

"L’associazione - dicono i carabinieri - curava anche l’espatrio dalla Tunisia di soggetti ricercati dalle autorità locali e dalle forze di polizia e incrementava i propri illeciti guadagni implementando la descritta condotta delittuosa con costanti attività di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, distribuiti nel territorio palermitano attraverso la preziosa mediazione esperita dagli associati italiani".

Risorse economiche e nuovi "investimenti"

Gli ingenti guadagni ricavati, dopo essere confluiti nella “cassa comune” della banda, venivano in parte riutilizzati per il rifinanziamento della struttura operativa e logistica - tra l’altro per l’acquisizione di nuovi natanti in caso di inagibilità o sequestro da parte delle forze di polizia. Parte del denaro serviva anche al pagamento delle spese legali dei membri sottoposti a processo. Infine una quota era destinata ad alimentare e gestire l’attività d’intermediazione finanziaria esercitata abusivamente nei confronti dei connazionali tunisini.

Dalle indagini è anche emerso che "le risorse economiche venivano anche occultate in proprietà immobiliari e parte depositate in banche tunisine su conti fittiziamente intestati a soggetti residenti in Tunisia, circostanza questa che, per quanto emerso grazie alle intercettazioni svolte, avrebbe suscitato l’attenzione del Battaglione Anti-Terrorismo Tunisino il quale starebbe svolgendo delle investigazioni volte ad accertare la finalità di sospette operazioni finanziarie che vedrebbero coinvolto uno degli odierni fermati".

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