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Cronaca

I dubbi della Boccassini: "Genchi chiese di indagare su Falcone e le sue carte di credito"

La deposizione dell'ex Procuratore aggiunto di Milano al processo sul depistaggio sulle indagini di via D'Amelio. L'attacco all'ex poliziotto: "Era pericoloso, vedeva complotti ovunque". La replica: "E' la prima vera responsabile dei depistaggi"

"Quando arrivai come pm applicato alla Procura di Caltanissetta, la prima decisione fu quella di rifare il sopralluogo a Capaci, perché leggendo le carte, e non solo la ricostruzione, mi resi conto che era stato fatto male. Mancava una regia". E' iniziata con queste parole la deposizione dell'ex Procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini al processo sul depistaggio sulle indagini di via D'Amelio, in corso a Caltanissetta. Alla sbarra tre poliziotti, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di calunnia aggravata in concorso.

Boccassini oggi non era presente in aula ma in videocollegamento da Milano, per problemi di salute. Il magistrato, andata da poco in pensione, è stata inquadrata di spalle. Rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci, ha ripercorso il periodo in cui era stata applicata alla Procura nissena dopo le stragi.

"Arrivai nell'ottobre del '92 - ha detto - e rimasi fino al 1994". La Boccassini ha ricordato che quando fu rifatto il sopralluogo a Capaci "coinvolgemmo tutte le forze dell'ordine, dai carabinieri alla guardia di finanza, alla polizia fino all'Fbi e tutte le forze possibili". "Il primo periodo fu dedicato esclusivamente a questo - ha detto - ci fu una divisione di compiti delle forze di polizia che dovevano partecipare all'indagine sulle stragi ma con competenza specifica".

Contrada e i servizi segreti

"Appresi della notizia di una collaborazione tra i servizi segreti e la Procura di Caltanissetta solo da giornali. Io vidi Contrada per la prima volta durante un interrogatorio Forte Braschi. Da da quando sono stata a Caltanissetta non ho saputo di un rapporto con i servizi che poi, non in mia presenza, colleghi si incontrassero con esponenti dei servizi segreti non lo so". "Ma devo aggiungere una cosa: davanti alle due stragi che hanno sconvolto il mondo e hanno destabilizzato le istituzioni che il procuratore abbia avuto contatti con i servizi non mi sembra una cosa terribile ma fa parte delle cose di un normale nucleo di rapporti che sono nati e cresciuti e mantenuti nel limite della legge. Ma questo non lo so".

"Scarantino? Subito avuto dubbi"

"Quando io sono arrivata alla Procura di Caltanissetta, anche parlando con i colleghi che già c'erano e con il capo dell'ufficio e lo stesso dottor Arnaldo La Barbera, i dubbi su Scarantino già c'erano. I dubbi su una persona che non era di spessore, anzi che non era per niente di spessore. Il suo quid, se così possiamo chiamarlo, era una parentela importante in Cosa nostra, però sin dall'inizio, io avevo delle perplessità. Forse all'inizio avevo meno perplessità perché non ero ancora entrata nelle carte, nella mentalità. Io ero lì in attesa, ma anche degli altri nessuno gridava 'ma che bella questa cosa'. Tutti erano con i piedi di piombo su questa cosa. Era l'inizio ancora e bisognava andare avanti per vedere se l'indagine portava a qualcosa di più sostanzioso".

"Tinebra mi disse: 'Cocca, arrangiati'"

"Ricordo con affetto, quando arrivai alla Procura di Caltanissetta, una frase dell'allora Procuratore capo Giovanni Tinebra, che io non conoscevo, e mi disse: 'Cocca mia, qua ci sono le carte. Arrangiati, vedi cosa devi fare'. Questo fu il primo impatto. Nel primo periodo studiavo solo le carte. Una massa di carte". "Con il collega Fausto Cardella - ha detto - anche lui applicato, che si occupava con altri colleghi della strage di via D'amelio ci fu un confronto, anche perché nacque quasi subito un rapporto di amicizia. Gli altri collegi che si occupavano delle stragi che erano volontari, si occuparono in quel momento della indagine 'Leopardo' a seguito delle dichiarazioni di Leonardo Messina". "Non conoscevo Tinebra e mi stupii molto quando mi arrivò la richiesta per essere applicata a Caltanissetta".

"Genchi pericoloso, vedeva complotti ovunque"

Gioacchino Genchi, l'ex poliziotto ed ex consulente informatico della Procura di Caltanissetta dopo le stragi mafiose, poi sospeso dalla polizia era "una persona pericolosa per le istituzioni, aveva conservato un archivio con i tabulati che aveva raccolto. E poi vedeva complotti e depistaggi ovunque". Questo l'attacco di Ilda Boccassini all'ex poliziotto, che oggi fa l'avvocato. Genchi, dopo le stragi, era stato chiamato per dare una mano al Procuratore Giovanni Tinebra ma dopo l'arrivo di Ilda Boccassini a Caltanissetta, nacquero i primi conflitti. "Non mi piacque questo suo atteggiamento - ha detto oggi Boccassini - chiese di indagare anche su Giovanni Falcone, dopo la strage di Capaci, chiese di esaminare persino le sue carte di credito. Non mi piacque e lo dissi a Tinebra, gli spiegai: 'Le analisi dei tabulati le può fare chiunque'. Insomma, non mi piaceva il suo modo di lavorare, così fu allontanato. Tinebra non voleva perdere la mia capacità lavorativa, quindi da quel momento Genchi non si è più occupato di stragi".

Poi lo ha ancora attaccato definendo "miserie umane" alcune dichiarazioni "fatte da Genchi sui giornali". "Era una persona di cui non avevo fiducia e non credo di essermi sbagliata". "Nei primi tempi eravamo convinti che Genchi lavorasse bene ma poi abbiamo capito che il suo apporto era stato nullo all'indagine". "Se non sui computer analizzati non ha fatto nulla - ha detto - non era un investigatore ma era un tecnico, non poteva portare nessun apporto a un indagine cosi seria". "Era una persona talmente pericoloso perché aveva conservato un archivio pazzesco, avevo chiesto persino ai miei colleghi di Milano di non utilizzarlo mai, perché vedeva complotti e depistaggi da tutte le parti".

"Dopo le stragi servivo per far fare carriera a tutti"

Non mi volevano, signor pubblico ministero. ero servita a far fare carriera a tutti, ma io non ero andata per questo scopo". Lo ha detto l'ex Procuratore aggiunto di Milano, ilda Boccassini, deponendo, in videoconferenza, al processo sul depistaggio sulle indagini sulla strage di via D'Amelio. il periodo a cui si riferisce è quello dell'estate 1994, quando Vincenzo Scarantino decise di collaborare. "Non vedevano l'ora che io abbandonassi Caltanissetta - dice ancora il magistrato andato in pensione a dicembre - Se avessero seguito le mie indicazioni, sia i pm che gli avvocati avrebbero avuto il tempo, la professionalità per capire che Scarantino non era credibile".

"Quando fui mandata in vacanza..."

"Si doveva capire subito che Vincenzo Scarantino, il falso pentito della strage di via D'Amelio "era inattendibile". Alla domanda su chi fossero i magistrati che "davano credito" all'ex picciotto della Guadagna di Palermo, le cui affermazioni portarono a numerose condanne definitive per le stragi, poi revisionate, Boccassini ha replicato: "I pm Annamaria Palma e Carmelo Petralia", cioè i due magistrati che oggi sono indagati dalla Procura di Messina per calunnia aggravata in concorso con l'accusa di avere indotto Scarantino a fare delle dichiarazioni. Il magistrato, che fu applicata a Caltanissetta dal 1992 al 1994, ha ricordato che nell'agosto 1994, poco prima che lasciasse Caltanissetta, aveva chiesto al Procuratore Giovanni Tinebra di potere partecipare agli interrogatori di Scarantino e rinviare le ferie, ma il Procuratore la mandò in vacanza. "Dopo il mio ritorno venni tenuta fiori dai giochi - ha detto -. Non ero più la protagonista della dinamica investigativa. Quando tornai dalle ferie di agosto del 1994 ed ebbi modo di vedere il contenuto degli interrogatori di Vincenzo Scarantino, lessi che diceva sciocchezze e che bisogna fare in modo di fermarlo per evitare che dicesse altre sciocchezze". 

Poi ancora su Scarantino: "Io ero disponibile persino a un trasferimento d'ufficio da Milano alla Procura di Caltanissetta, ero disposta a restare anche per la tutela delle indagini. Ma l'allora Procuratore Tinebra disse 'assolutamente no', cioè non mi volevano.... Sì, sono stata così imbecille da essere disposta a trasferirmi a Caltanissetta". "Se i colloqui investigativi con Vincenzo Scarantino servivano per addestrare Scarantino, chi li ha fatti meriterebbe solo di essere cacciato da ogni funzione pubblica...", ha aggiunto. "Prima degli interrogatori il Procuratore Tinebra si chiudeva in una stanza, solo, con Vincenzo Scarantino. Non so il tempo preciso ma per un bel po'. Poi Tinebra apriva le porte e si entrava a fare l'interrogatorio". 

La replica di Genchi

A stretto giro la replica di Genchi. "Ilda Boccassini a distanza di quasi un trentennio da quegli eventi non si rende ancora conto di essere stata - probabilmente senza volerlo, perché indotta da altri sentimenti - la prima vera responsabile dei depistaggi delle indagini sulle stragi che grazie a lei Arnaldo La Barbera ed altri, sopra e sotto di lui, hanno potuto compiere". Secondo Genchi "La sua repentina fuga da Caltanissetta dopo avere contribuito ad accreditare il falso pentito Scarantino, il suo infausto passaggio da Palermo e il ritorno a Milano, da dove era andata via per le note vicende a tutti note, ne sono una conferma".

Per Genchi "Ilda Boccassini, all'epoca in cui era pubblico ministero a Caltanissetta, dopo avermi richiesto ed autorizzato ad analizzare i computer e i dispositivi informatici di Giovanni Falcone, oltre che ad acquisire i tabulati delle sue utenze cellulari, non mi ha consentito di verificare dalle sue carte di credito l'effettiva trasferta in America alla fine di aprile del 1992, che Falcone aveva scrupolosamente annotato nel suo data bank Casio, che delle manine di Stato su cui la Boccassini non volle mai indagare avevano provveduto a cancellare"

Fonte: Adnkronos

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