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Cronaca

Anfore millenarie esposte in salotto, la Finanza denuncia due persone

Le tenevano in casa, come fossero dei vasi qualunque, quando invece si trattava di reperti unici. I manufatti risalgono ad un periodo compreso tra il primo ed il secondo secolo a.C. I due denunciati rischiano la reclusione sino a tre anni

Le esponevano in salotto, come un ornamento qualsiasi, e invece si trattava di anfore del I secolo a.C. dal valore inestimabile. I "berretti gialli" hanno portato a termine un’operazione a tutela del patrimonio archeologico nazionale, conclusa con il sequestro di cinque reperti di pregevole valore storico-culturale e la denuncia dei due responsabili. Il sequestro è giunto dopo due perquisizioni mirate, effettuate sulla base dell'attività investigativa svolta, all’interno di due distinte abitazioni private di altrettanti soggetti palermitani, un imprenditore edile ed un professionista.

Le successive perizie tecniche, eseguite dagli archeologi della sovrintendenza del Mare, hanno permesso di appurare che i reperti, di valore economico non facilmente stimabile in ragione della loro peculiarità, risalgano al periodo compreso tra il primo ed il secondo secolo a.C., diretta testimonianza dell’occupazione Cartaginese, delle colonie della Magna Grecia e del dominio dell’Urbe in età repubblicana in terra di Sicilia.

I recipienti in questione, utilizzati in antichità per il trasporto di grano, vino, olio ed altre merci a bordo di navi onerarie lungo le fiorenti rotte commerciali del "Mare Nostrum", sono stati rinvenuti in ottimo stato di conservazione, in parte intatti ed in parte sapientemente restaurati, indizio di un precedente passaggio da "mani" al momento sconosciute, ma sicuramente esperte in materia. Gli illegittimi possessori, colti in flagranza di reato, sono stati deferiti alla Procura della Repubblica per impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato (cosiddetto "furto archeologico").

I due denunciati, secondo quanto previsto dall’articolo 176 del decreto legislativo numero 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), rischiano di essere condannati alla reclusione fino a tre anni. "Attese le improbabili spiegazioni fornite dagli indagati - spiegano dalla guardia di finanza - sono stati attivati ulteriori accertamenti finalizzati alla ricostruzione della reale provenienza dei beni posti in sequestro.

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