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Cronaca

Il Coronavirus e gli effetti sui bambini, la psicologa: "Passeggiate? Non ora, ma al più presto"

Giovanna Perricone, presidente della Società italiana di psicologia pediatrica, analizza i danni che la clausura sta provocando ai più piccoli: "Il loro percorso di crescita è bloccato, sono privati di esperienze fondamentali". E avverte: "Adesso meglio stare a casa, ma le loro uscite devono essere una priorità"

Sopportare la clausura forzata determinata dalla pandemia non è facile per nessuno, ma coloro che certamente stanno soffrendo di più in questo periodo sono senz’altro i bambini, ai quali viene in qualche modo vietato di essere tali: chiusi in appartamenti dove è impossibile correre spensierati e sfrenarsi, tenuti lontani dagli amici e dai compagni di scuola, ma anche dai nonni, senza la possibilità di abbracciare, toccare o giocare in gruppo, se non virtualmente. Il tema delle passeggiate genitori-figli ha non a caso scatenato un polverone e sul tema interviene adesso anche Giovanna Perricone, presidente della Società italiana di psicologia pediatrica, che è netta: “Per ora - dice a PalermoToday - visti i gravi rischi per la salute legati all’epidemia, meglio non fare passeggiate con i propri figli ed evitare le uscite per i più piccoli, ma al più presto occorrerà ridare questa possibilità e deve essere una priorità nel nostro lento ritorno alla normalità. E bisogna pensare ora alle modalità, non dopo”.

Cosa comporta per i bambini stare chiusi in casa ormai da più di tre settimane? Quali danni può provocare ai più piccoli questa condizione surreale?
“Questa condizione riduce l’orizzonte di esperienza dei bambini e di conseguenza blocca il loro percorso di sviluppo e di crescita. Soprattutto per i più piccoli, la varietà di esperienze e la possibilità di vivere spazi e situazioni diversi sono fondamentali per lo sviluppo dei processi cognitivi. Il bambino che vive solo lo spazio domestico finisce per sviluppare schemi di interpretazione, di conoscenza e di relazione con gli altri, ridotti. In questo momento, dunque, è in corso un depauperamento e un depotenziamento del suo sviluppo cognitivo dei bambini”.

Si può dire che in questa fase è come se venisse negato ai bambini il diritto di essere tali o è eccessivo?
“Di fatto è come se i bimbi fossero ‘maltrattati’ perché sono sottoposti ad un’iperstimolazione e ad un’adultizzazione e non possono quindi vivere la serenità della loro età. Peraltro, per via della ‘segregazione’ in casa, siamo improvvisamente passati da un momento in cui molti genitori erano trascuranti e disattenti, ad un eccesso di genitorialità, dove i genitori diventano invece invadenti. Ai bambini serve un sano rapporto con il gioco, fuori dalla programmazione e da schemi pianificati, senza un bombardamento costante di cose da fare, per permettere loro di essere sereni”.

Nel caso di bambini con disabilità, la situazione è ancora più grave…
“Certo purtroppo. Pensiamo ai bambini che per esempio non parlano e che conoscono la realtà soltanto attraverso le sensazioni e la percezione, attraverso esperienze tattili e visive: stiamo togliendo loro l’unica possibilità di sviluppo e di crescita”.

Come si può spiegare ai più piccoli ciò che sta succedendo?
“Occorre usare un linguaggio calibrato rispetto all’età del bambino o dell’adolescente. Con questi ultimi si può prendere in carico il disorientamento con un approccio critico, ragionando, e può essere anche una grande opportunità per affrontare il tema della necessità delle regole, che un ragazzo, proprio per la fase di crescita in cui si trova, tende invece a contestare. Con i bambini più piccoli è naturalmente più opportuno un ricorso alla fantasia, usando delle favole come metafora, mentre quelli in età scolastica hanno già un’ottima capacità di ragionamento. Non bisogna mentire o negare la realtà, però, perché i bambini se ne accorgerebbero e questo peggiorerebbe solamente il loro disorientamento. E il disorientamento, è importante esserne consapevoli, può portare a gravi forme di disagio”.

Giovanna-Perricone-2Cosa pensa della querelle sulle passeggiate genitori-figli? Cosa è meglio per i bambini in questo momento?
“Sinteticamente direi: passeggiate genitori-figli sì, non adesso, ma al più presto. E mi spiego meglio: condivido pienamente l’adozione delle norme restrittive contro la diffusione del contagio, sono l’unica salvezza che abbiamo e  più siamo ligi a queste regole e più benefici avremo. Occorre restare a casa, rispettare queste norme, farle rispettare, senza però attaccare gli altri, e prendere atto dei rischi che ci sono. Allo stesso tempo, però, dobbiamo anche prendere in carico la questione legata alle uscite dei bambini, perché impedirle costituisce un problema, e dovrà essere il primo passaggio importante appena sarà possibile un lento ritorno alla normalità. Non dovremo pensarci dopo, ma adesso”.

Vuol dire che sin da ora occorre riflettere su come bisognerà organizzare le cose una volta che le restrizioni cominceranno a diminuire?
“Esatto. E’ necessario cominciare ora a pensare al passaggio alla normalità, che sarà un’altra condizione di disorientamento. Pensiamo a quante cose in questo momento avvengono attraverso la tecnologia e in modo virtuale, a cominciare proprio dalla scuola: bisognerà poi ritornare alla realtà, alla vita di classe, per esempio, e non è affatto un passaggio scontato. Adesso dobbiamo acquisire energia per potenziare la nostra capacità di resilienza e se necessario farci aiutare, ma è adesso che bisogna iniziare a pensare al traghettamento verso la normalità, quando sarà necessario riannodare i legami. In quest’ottica, dalla settimana prossima, partirà il progetto ‘Legami’, attraverso il quale, come Società italiana di psicologia pediatrica, cercheremo di dare supporto al disorientamento di genitori e figli. Sarà possibile ricorrere a consulti di massimo quattro incontri, che avverranno con professionisti di quindici regioni diverse, tramite Skype o Whatsapp. Tutte le informazioni saranno reperibili sul nostro sito, ma esiste già un numero di telefono al quale rivolgersi: 366.9396334”.
 

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