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Cronaca

Coronavirus, "vietato" nascere a Pantelleria: "Costrette ad arrivare a Palermo per partorire"

Dal 2 marzo il punto nascita dell'ospedale isolano "Nagar" è chiuso e l'aeroporto di Trapani-Birgi - in virtù delle misure di contenimento del contagio - è aperto solo per voli militari e di soccorso. L'unica soluzione è Palermo

Se il primo obiettivo del lockdown è la tutela dei più fragili dal contagio da Covid-19, il rovescio della medaglia è che non tutti possono restare a casa, e paradossalmente, a rigor di legge. E' il caso delle gestanti di Pantelleria, isola di poco più di 7mila anime, costrette a muoversi per recarsi negli ospedali di Palermo o Trapani a partorire, perché dal 2 marzo il punto nascita dell'ospedale isolano 'Nagar' è chiuso.

Una storia di chiusure e riaperture che a Pantelleria va avanti dal 2012, e si è conclusa, in piena emergenza coronavirus, per mancanza di rinnovo della deroga che garantiva l'attività del reparto (la legge prevede la chiusura dei punti nascita nelle strutture ospedaliere con meno di 500 parti l'anno, ndr). Ma le donne pantesche in dolce attesa non ci stanno e lanciano la petizione online 'Pantelleria vuole nascere', lo stesso nome del comitato spontaneo che ha creato l'hashtag #perilmiopartoionon...

"Pantelleria, ad oggi, è un'isola felice: ci sono zero contagi - racconta all'agenzia Dire Annalucia Cardillo, portavoce del comitato 'Pantelleria vuole nascere' - In Sicilia, invece, il contagio è in crescita, anche a Trapani e Palermo dove ci sono i nostri ospedali di riferimento. Proprio in questi giorni una ragazza alla 37esima settimana è partita per andare all'ospedale Sant'Antonio di Trapani. Quando l'ho sentita era agitatissima, sia perché sarà costretta a partorire senza qualcuno che possa entrare con lei, sia perché per andare in reparto ha dovuto fare tutto un giro perché c'era una persona infetta".

"Ansie su ansie" che, per le quasi mamme di Pantelleria potrebbero essere evitate se solo si riaprisse il locale punto nascita. "Prima di questa, l'ultima chiusura c'era stata nel febbraio del 2016- continua Annalucia -. Poi nel 2017 hanno riaperto in deroga ma solo per parti fisiologici a basso rischio, certificati dal ginecologo sulla base dei criteri stabiliti da un protocollo dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Trapani". Una responsabilità che il personale sanitario raramente decideva di assumersi e, quindi, "delle circa 55-60 gestanti l'anno, solo una ventina riusciva a partorire qui. Le altre, circa un mese prima della data presunta del parto, dovevano recarsi sulla terraferma, con tutti i costi che ne conseguono per vitto e alloggio, per cui non era sufficiente il rimborso previsto dal decreto Gucciardi (3mila euro, ndr)". Tra l'altro a chi aveva la 'fortuna' di ottenere la certificazione di basso rischio "veniva chiesto di firmare una liberatoria". Si tratta di una modulo di responsabilità personale con cui in pratica la donna in gravidanza dichiara di rifiutare l'assistenza sulla terraferma consapevole dei rischi a cui va incontro optando per il parto sull'isola.

"Diverse gestanti - continua Annalucia - hanno quindi scelto di dare alla luce il proprio bambino o la propria bambina altrove". Ma altrove significa 180 chilometri al di là del mare (questa la distanza dalla prima struttura sanitaria da Pantelleria, ndr), che a percorrerli in aereo, nella migliore delle ipotesi, ci vogliono 20 minuti, più altri 30-40 tra aeroporto e ospedale. L'aeroporto di Trapani-Birgi, però, proprio in virtù delle misure di contenimento del contagio, è aperto solo per voli militari e di soccorso, mentre sono sospesi i voli civili e privati. Quindi "si tratta di arrivare a Palermo e prendere la navetta per arrivare alla stazione di Trapani e poi andare in ospedale".

Per chi sbarca in Sicilia in anticipo c'è anche l'aggravio economico per le spese di vitto e alloggio fino alla data del parto, in una situazione che è di crisi economica, oltre che sanitaria. Il problema al di là dell'emergenza, per Annalucia, è che "la legge non tiene conto della situazione delle isole minori". Il reparto quando è attivo è funzionale non solo ai parti a basso rischio, ma anche "a quelli d'emergenza", fa sapere la donna. E allora perché non può esserlo anche per quelli di routine?. Il motivo è presto detto: questione di numeri. "Abbiamo un ginecologo fisso più uno pendolare - racconta la portavoce di 'Pantelleria vuole nascere' - quattro ostetriche fisse, una pediatra, un'infermiera, mentre gli anestesisti sono prestati da altri reparti".

"Nessun parto a Pantelleria è stato assistito da meno di otto figure mediche, un'eccellenza rispetto ai contesti sulla terraferma", si legge sulla petizione. Eppure questi numeri non sono sufficienti "a garantire una turnazione h24, che però a noi non serve- insiste Annalucia- perché ci sono mesi in cui abbiamo due o tre parti". Assistenza h24 che comunque è garantita dalla reperibilità del personale. La richiesta delle gestanti di 'Pantelleria vuole nascere', quindi, è di "arrivare ad una soluzione definitiva per le isole minori", con una legge che vada a "riaprire i punti nascita chiusi dal decreto Balduzzi. Vogliamo che l'ospedale di Pantelleria sia potenziato se necessario, per avere un punto nascita funzionale sempre- insiste Annalucia -. Per questo chiediamo che a fine emergenza venga assolutamente istituito un tavolo tecnico tra istituzioni, amministrazioni e cittadini, affinché vengano stabiliti dei requisiti più idonei e più opportuni alla nostra posizione orografica, in maniera tale che il nostro punto nascita e quello delle altre isole minori possa essere aperto in maniera definitiva e permanente".

Un aiuto potrebbe arrivare dalla prima stesura del ddl 497 presentato il 19 giugno 2018 'Legge quadro per lo sviluppo delle isole minori' (approvato con il nuovo titolo 'Legge quadro per lo sviluppo delle isole minori marine, lagunari e lacustri', in corso di esame al Senato) che all'articolo 8 comma 4 recitava: "Sono mantenuti i punti nascita di cui all'allegato A (elenco delle isole minori, ndr), anche in deroga alla normativa vigente, implementando adeguatamente le professionalita' e le dotazioni strumentali occorrenti, anche al fine di garantire la corretta gestione delle situazioni di maggiore criticita' e il trasferimento in sicurezza del neonato che necessiti di interventi particolari in centri di livello avanzato". Nel frattempo, però, la richiesta è di "riaprire immediatamente il punto nascita a chi aveva già il parto programmato", conclude Annalucia. E garantire ai bambini di Pantelleria di poter nascere a casa.

Fonte agenzia Dire

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