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Cronaca Bagheria

"Ha violentato la nipote disabile": condanna a 6 anni, ma il reato si prescrive ad agosto

Lo zio la insultava e la minacciava perché lei soddisfacesse le sue voglie. La vicenda venne a galla a Bagheria quando qualcuno vide la ragazza scappare per strada. Il processo, durato oltre 10 anni, rischia ora di essere vanificato

Avrebbe violentato per anni la nipote, affetta da un ritardo mentale, sottoponendola ad ogni sorta d’abuso, di giorno come di notte, in una casa di Bagheria. La giovane, che all’epoca dei fatti, nel 2004, aveva 21 anni, per via dei suoi problemi di salute, sarebbe stata però come una bambina. Lui, allora trentenne, non le avrebbe risparmiato insulti e minacce perché lei soddisfacesse le sue voglie. Ieri l’uomo (difeso dall’avvocato Francesca Maria D’Amico) è stato condannato a sei anni di reclusione dalla terza sezione del tribunale (collegio presieduto da Vincenzina Massa). I giudici hanno anche riconosciuto un risarcimento di 130 mila euro per la presunta vittima.

L’imputato però non sconterà mai – anche se dovesse diventare definitiva – la sua pena perché il reato sarà prescritto ad agosto. L’iter giudiziario è stato così lungo e complesso, infatti, che sono trascorsi gli oltre dieci anni che la legge indicava per la violenza sessuale. L’anno scorso i termini di prescrizione per questo reato sono stati infatti raddoppiati, ma all’imputato vanno applicate le norme vigenti nel momento in cui sarebbero avvenuti i fatti.

In primo grado l’uomo aveva chiesto di essere processato con l’abbreviato condizionato ad una perizia che verificasse l’attendibilità della presunta vittima. Il tribunale aveva però respinto l’istanza, concedendo invece l’abbreviato “secco”. Nel 2013, era così arrivata la prima condanna a sei anni, poi ridotta in appello a quattro. La Cassazione, però, aveva deciso di annullare queste sentenze, ritenendo illegittima la scelta di non concedere il “condizionato”, operata in prima battuta dai giudici. La Suprema Corte aveva così disposto che il processo ricominciasse dal primo grado di giudizio. Che è quello che si è concluso ieri. Il percorso giudiziario, peraltro, non è affatto concluso: il difensore dell’imputato preannuncia il ricorso in appello.

La terribile vicenda era venuta a galla nel 2004, quando alcune persone avevano notato la giovane scappare per strada e lo zio rincorrerla, dicendole che avrebbe dovuto tornare a casa, e avevano chiamato la polizia. La casa sarebbe stata quella della nonna della ragazza, alla quale era stata affidata a causa dei disturbi psichici di cui era affetta sua madre. Una casa in cui – come poi la presunta vittima ha riferito agli inquirenti – sarebbe stata violentata ripetutamente per anni dallo zio.

Gli altri parenti della ragazza hanno sempre negato gli abusi, anche se un altro zio era finito sotto processo per le stesse accuse, ma era stato prosciolto per incapacità di intendere e di volere. Diverse le perizie compiute per verificare l’attendibilità della presunta vittima, anche alla luce della sua disabilità. Tutte, compresa l’ultima, hanno sancito che la giovane sarebbe stata attendibile quando era stata sentita durante le indagini, ma poi diventata incapace di testimoniare. Ancora ieri la difesa dell’imputato ha chiesto di poterla risentirla durante il dibattimento, ma i giudici hanno respinto la richiesta. Si sono ritirati in camera di consiglio e hanno deciso poi di condannare l’imputato a sei anni. Ritenendo dunque fondate le accuse della ragazza.

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