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Cronaca

Mafia, l'allarme del comitato Cosia: "Ancora poco sostegno agli imprenditori vittime"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PalermoToday

Era giugno dello scorso anno quando le vittime di pizzo restarono in silenzio: solo uno su ventitré decise di costituirsi parte civile nel processo contro i boss di Cosa Nostra di Brancaccio che gli avevano chiesto il pizzo. Titolari di panifici, macellerie, piccoli alimentari, un pub tunisino, un Conad e anche titolari di botteghe artigianali hanno deciso di non chiedere il risarcimento danni ai boss che li hanno vessati. Un imprenditore edile, invece, ha chiesto ai suoi avvocati di potersi costituire nel processo contro i 53 imputati e di ottenere anche il rimborso delle spese legali. Oggi, dopo un anno, tutto ancora tace. Ancora qualcuno si chiede perché.

E a provare a dare una risposta Maricetta Tirrito del Comitato Cosia (Comitato di Supporto agli Imprenditori Abbandonati): "Il senso di sconfitta e di abbandono che vivono gli imprenditori che denunciano finiti i clamori delle cronache li portano all' isolamento assoluto diventano "appestati, morti che camminano" e  piano piano falliscono. Le procedure di supporto che lo Stato ha messo in campo nel tempo sono inadeguate lente ed ormai obsolete. Mentre la mafia viene spalleggiata da quell'inspiegabile stop bancario, per cui chi denuncia non ha più credito, "perché a rischio" come avvenuto agli Spera, a Datati o Misuraca . E lo Stato resta Indietro e perde!". "Abbiamo fatto proposte - dice Tirrito - e attendiamo risposte. Ci vuole un decreto ad hoc, non ci fermeremo fino a che chi ha bisogno di denunciare abbia riacquistato fiducia, con consapevolezza e sicurezza”.
 

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