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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

"Noi ai boss come padrini di battesimo": il decreto dell'arcivescovo di Monreale

Il prelato ha stabilito regole precise per potere partecipare alle funzioni religiose. La polemica si era riaperta il mese scorso quando, a Corleone, il figlio di Totò Riina ha battezzato una nipotina

"Non possono essere ammessi all'incarico di padrino del battesimo e della cresima coloro che si sono resi colpevoli di reati disonorevoli o che con il loro comportamento provocano scandalo; coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici e hanno avuto sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato". A stabilirlo, in modo ufficiale e formale, è l'arcivescovo di Monreale monsignor Michele Pennisi.

Il prelato ha emesso un decreto con le regole per essere ammessi al ruolo di padrino, dopo avere avuto parer favorevole del Consiglio Presbiterale Diocesano. Il documento si basa su vari testi della conferenza episcopale siciliana del 1982, del 1994, del 1996 e del 2012 secondo i quali "tutti coloro che, in qualsiasi modo deliberatamente, fanno parte della mafia o a essa aderiscono o pongono atti di connivenza con essa, debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, alla sua Chiesa".

In base al codice di diritto canonico ai padrini è "richiesto che conducano una vita conforme alla fede e all'incarico che assumono e si impegnino ad educare nella fede coloro che ricevono i sacramenti del battesimo e della cresima perché adempiano fedelmente gli obblighi che derivano dai sacramenti ricevuti e si comportino come veri testimoni di Gesù Cristo".

Il dibattito sulla possibilità che pregiudicati per mafia assumano il ruolo di padrini si era riaperto il mese scorso quando sull'altare, per il battesimo di una nipote, era salito il figlio del boss Totò Riina, Giuseppe Salvatore. Riina jr è stato carcerato nel 2001 e da allora ha il divieto di tornare a Corleone, eppure gli è stato concesso il permesso di rientrare in città per la cerimonia. Già in quella circostanza monsignor Pennisi aveva preso posizione definendo il fatto "censurabile e inopportuno".

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