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Cronaca Bagheria

Operazione Reset, i nuovi equilibri delle famiglie mafiose

Le indagini hanno delineato il ruolo fondamentale ricoperto dal boss bagherese Nicolò Greco, riconosciuto in gergo mafioso come la "testa dell'acqua": ovvero la "sorgente" del mandamento mafioso di Bagheria

“A Palermo hanno ricostruito di nuovo tutto”. Con queste parole Antonino Zarcone, allora reggente del Mandamento di Bagheria aveva confidato Sergio Rosario Flamia, ora collaboratore di giustizia, come la mafia si era riorganizzata dopo le indagini e gli arresti dell’Operazione Perseo del dicembre 2008. In Cosa nostra non è mai venuta meno la necessità di trovare unione e rappresentatività, di dotarsi di un organo direttorio, con al vertice il più influente tra i capi mandamento liberi, in grado di relazionarsi con i capi operanti fuori dalla provincia di Palermo, di delineare le strategie operative, di dirimere eventuali conflitti interni. Le indagini che hanno portato stamattina all'arresto di 31 persone (NOMI), hanno delineato il ruolo fondamentale ricoperto dal boss bagherese Nicolò Greco, riconosciuto, in gergo mafioso, come la “testa dell’acqua”, ovvero la “sorgente” del mandamento mafioso di Bagheria. (GUARDA LE INTERCETTAZIONI)

Dopo l’operazione Argo, da cui era derivata la completa disarticolazione della compagine operativa del mandamento mafioso di Bagheria, tre delle persone arrestate hanno deciso di collaborare con la giustizia: Giuseppe Salvatore Carbone, Vincenzo Gennaro e il citato Sergio Rosario Flamia. Anche grazie alle loro dichiarazioni è stato possibile mettere a segno l’operazione Reset e, così, disarticolare completamente il mandamento di Bagheria, storica roccaforte di Cosa nostra, insieme ai reggenti del mandamento e delle famiglie mafiose di Bagheria, Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia.

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LA FAMIGLIA MAFIOSA DI BAGHERIA. Il vertice strategico della famiglia mafiosa di Bagheria e dell’omonimo mandamento è rappresentato dall’anziano boss Nicolò Greco, fratello dell’ergastolano Leonardo, alle cui direttive risponde Giuseppe Di Fiore, reggente operativo della consorteria (quest’ultimo è succeduto, nel maggio 2013, a Giacinto Di Salvo, arrestato nell’operazione Argo). Nicolò Greco ha iniziato il suo percorso criminale già nel lontano 1969, iniziando a far valere il suo carisma e la sua forza intimidatrice con la scalata al potere fino  a giungere al vertice del mandamento mafioso di Bagheria. Il Greco, servendosi della collaborazione operativa di vari uomini d’onore succedutisi nel tempo nella qualità di reggenti operativi del mandamento, di fatto ha gestito il sodalizio bagherese sancendo alleanze, determinando scelte operative e decidendo sulle sorti di importanti sodali, tra cui Carmelo Bartolone. Carlo Guttadauro e Francesco Pipia, anziani “uomini d’onore”, sono i collaboratori più fidati del Di Fiore uno degli storici affiliati della famiglia mafiosa di Bagheria. Con il ruolo di “capo decina” operano Giorgio Provenzano e Giovanni Pietro Flamia. Costoro, particolarmente autorevoli anche perché “formalmente combinati” (“pungiuti”), si avvalgono dei “soldati” Salvatore Lo Piparo, Giovanni Di Salvo, Francesco Pretesti, Luigi Li Volsi, Benito Morsicato, Nicolò Lipari e altri.

In merito alla reggenza di Giuseppe Di Fiore, emblematica risulta la conversazione tra Giovanni Di Salvo e Lo Piparo in cui quest’ultimo affermava: E sono andati a prendere, a questo “PEPPINO U’ CIURE” (Giuseppe Di Fiore) (…) ...perché è come quando c’era Gino Di Salvo, c’era lui, a chi faceva comparire, a Sergio (Sergio Rosario Flamia n.d.r.) . … giusto è? lui era però il primo”.

Mafia a Bagheria, i volti degli arrestati

mafia-10-4LA FAMIGLIA MAFIOSA DI VILLABATE. La famiglia mafiosa di Villabate, sebbene negli ultimi anni sia stata oggetto di una particolare attenzione investigativa che ha portato all’arresto di numerosi esponenti di vertice, è sempre riuscita a ricompattare le fila con rapidità sostituendo i sodali tratti in arresto con nuovi affiliati. Dopo la carcerazione di Salvatore Lauricella e il rientro in Italia da Bali di Antonino Messicati Vitale, hanno assunto la direzione della consorteria villabatese Francesco Terranova e Giovanni La Rosa, da lungo tempo organici a Cosa nostra. Alle dipendenze dei suddetti, con compiti di “esattori del pizzo”, Fabio Messicati Vitale, fratello del più noto Antonino, e Bartolomeo Militello.

LA FAMIGLIA MAFIOSA DI FICARAZZI. Sia l’indagine Argo sia le attuali investigazioni hanno fatto emergere le alterne vicende che hanno caratterizzato la famiglia mafiosa di Ficarazzi. Dopo l’arresto (anno 2010) del capo famiglia Giovanni Trapani, la reggenza della consorteria veniva affidata a Atanasio Ugo Leonfronte. Questi, ritenuto inaffidabile, è stato poi sostituito da Salvatore Lauricella, su disposizione dell’allora capo mandamento Antonino Zargone. Dopo l’arresto di quest’ultimo nel dicembre 2011 durante operazione Pedro e l’inizio della latitanza di Antonino Messicati Vitale, Salvatore Lauricella ha assunto la reggenza della famiglia di Villabate oltre a quella di Ficarazzi.

LA FAMIGLIA DI ALTAVILLA MILICIA. Dopo l’operazione Argo, in assenza di un reggente formalmente investito, Pietro Lo Coco ha preso in mano le redini della famiglia altavillese, forte sia del sostegno del sodale Giovan Battista Rizzo sia della manovalanza di spregiudicati “picciotti”. Dopo la scarcerazione di Michele Modica (7 dicembre 2013), però, alcuni autorevoli sodali, in particolare Andrea Lombardo e Giovan Battista Rizzo hanno ordito un piano per “accantonare” Lo Coco e far assumere al Modica la “reggenza” della consorteria. Andrea Lombardo, organico alla famiglia di Altavilla Milicia, nel corso di una conversazione ambientale con Rizzo, commentando l’elevato spessore criminale del Modica, ritenuto persona di grande esperienza, sottolineava il proprio ruolo di “eminenza grigia” del capo, in grado di orientarne decisioni e strategie, affermando testualmente che: “nca com'è...e ti dico una cosa... se prima non la dice a me... (…) no...se si deve vedere con qualcuno... mi dice "tu che ne pensi?...Tu che capisci?!”.

Nel mese di gennaio 2014 , Modica, facendo forza sul consenso ricevuto dagli affiliati, assumeva dunque la piena “reggenza” della consorteria e ne ripristinava gradualmente l’operatività criminale. Egli inoltre metteva a disposizione della famiglia mafiosa di Bagheria il gruppo di “picciotti” di Altavilla, cui affidava anche il delicato compito di recapito dei tradizionali pizzini, in quanto ritenuti il mezzo più sicuro per le comunicazioni. Nel mese di febbraio 2014, i carabinieri di Bagheria hanno ritrovato dei pizzini all’interno di un casolare diroccato di Altavilla Milicia. I documenti fornivano informazioni di straordinaria valenza investigativa sulle strategie operative del sodalizio e sulle potenziali vittime dell’attività estorsiva, orientata anche sulla frazione marinara di Porticello.

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