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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Incidenti finti, lacrime vere: "Mattoni per rompermi il braccio, piangevo ma non si fermavano"

I retroscena dell'operazione Over e il racconto dell'orrore. Una banda spregiudicata e arrogante. Così uno dei leader alla madre di una vittima: "I vigili vogliono sapere le modalità dell'incidente di tuo figlio? Me li pesto come se fossero scarafaggi..."

Il pagamento dell'affitto di casa e il 30 per cento dell'importo liquidato dall'assicurazione. Tanto bastava per farsi spezzare le ossa del braccio a una delle vittime dell'organizzazione che inscenava finti incidenti stradali per truffare le compagnie assicurative sgominata dai carabinieri del nucleo Investigativo del Gruppo di Monreale. Nove persone sono finite in carcere, sette ai domiciliari, mentre per 25 è scattato l'obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria.

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"Di questi soggetti colpisce l'estremo cinismo nel privilegiare l'avvicinamento di persone in precarie condizioni economiche, in alcuni casi anche colpite da disabilità intellettive o da tossicodipendenza per riuscire più facilmente a contenere le loro successive richieste di denaro" spiegano gli investigatori dell'Arma.

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Il racconto di uno dei "cuccioli"

E' uno dei 'cuccioli', così venivano chiamate le vittime dai membri della banda, a raccontare come avvenne il 'reclutamento'. "Quando ancora vivevo a Capaci, versavo in un precario stato economico. Lavoravo in un bar e lì venni a conoscenza del fatto un soggetto che lo frequentava faceva parte di una organizzazione che simulava incidenti stradali finalizzata alla truffa in danno di compagnie assicurative". Così lo contattò per ottenere qualche informazione. "Mi disse che mi sarei dovuto far rompere uno o più arti. Versando in gravi condizioni economiche in un primo momento ho accettato la sua offerta". In cambio chiese una contropartita.

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"Alessio e gli altri organizzatori mi avrebbero dovuto pagare due mesi di affitto anticipato, provvedendo al successivo pagamento mensile dell'affitto dell'appartamento da me occupato fino alla liquidazione dell'indennizzo da parte dell'assicurazione. Ad avvenuta liquidazione da parte dell'assicurazione avrei percepito il 30 per cento di quanto incassato mentre il restante 70 per cento sarebbe stato appannaggio degli altri membri dell'organizzazione".

Quelle lacrime (inutili) per il dolore

Il 30 ottobre del 2017 fu inscenato il falso incidente stradale. "Nel pomeriggio di quel giorno - racconta la vittima agli investigatori - Alessio (Cappello, uno degli arrestati del blitz 'Over', ndr) mi venne a prendere a Capaci per portarmi a Palermo zona viale Michelangelo, dove ad attendermi vi erano almeno altre tre o più persone, a me sconosciute". Nell'abitazione di un'altro degli arrestati, Alessandro Bova, gli fu spaccato il braccio sinistro. Senza anestesia.

"Mi hanno fatto togliere il giubbotto - racconta ancora - e dopo avermi fatto sdraiare mi hanno carteggiato con carta vetrata il braccio sinistro. Subito dopo mi hanno fatto posizionare il braccio su due mattoni di tufo e mi hanno colpito violentemente con altro mattone della stessa specie per ben tre volte, anche se dopo il primo colpo io avessi chiesto in lacrime di fermarsi". I tre colpi gli hanno fracassato l'arto.

"Dopo la frattura mi hanno fasciato il braccio con un sacchetto di plastica in modo di impedire che il sangue gocciolasse all'interno della macchina che di lì a poco mi avrebbe accompagnato sul luogo dove doveva essere inscenato il finto incidente". Non lontano da viale Michelangelo, dove altri complici avevano portato uno scooter e un'auto. "Mi hanno fatto sdraiare per terra e ricordo soltanto che poco dopo giungeva un'ambulanza che mi portava all'ospedale Villa Sofia".

Il ripensamento, le minacce: "Ormai non puoi tirarti indietro"

Del denaro pattuito la vittima intascò solo una minima parte. Appena 600 euro come pagamento dei due mesi di affitto anticipato. "Null'altro mi è stato dato né da Alessio né da nessun altro componente dell'organizzazione" ha raccontato agli investigatori, spiegando che dopo l'incidente più volte incontrò Alessio Cappello, uno degli arrestati del blitz 'Over' dei carabinieri, a cui consegnò di volta in volta tutta la documentazione sanitaria relativa all'intervento chirurgico subito e alle cure a cui si stava sottoponendo. Dopo aver accettato l'affare la vittima ci aveva ripensato e aveva tentato di tirarsi indietro. "Alessio mi disse che non potevo più farlo poiché l'organizzazione aveva investito già molto danaro per realizzare il finto sinistro". A fronte delle sue insistenze, arrivarono le minacce. "Mi inviò un messaggio contenente minacce, intimandomi di non tirarmi indietro. Impaurito dalle minacce, alla fine ho ceduto alle sue richieste".

Vittime seguite pure in ospedale

Le vittime andavano seguite anche durante la degenza in ospedale. Nulla poteva essere lasciato al caso. L'organizzazione che truffava le compagnie assicurative inscenando finti incidenti curava nei minimi dettagli le 'pratiche'. C'era da evitare che la vittima sparisse con il bottino, ma anche da scongiurare 'imprevisti' che avrebbero potuto mandare all'aria i piani. Così dopo un falso incidente, il 30 ottobre del 2017, le cimici degli investigatori intercettano un breve scambio di battute tra Alessio Cappello, che aveva reclutato una delle vittime, e Luca Reina, titolare di una agenzia di pratiche assicurative in via Leonardo da Vinci e ritenuto dagli investigatori uno dei capi dell'organizzazione.

La banda preoccupata: "E se fa la fine del topo?"

Cappello aggiorna Reina sulle condizioni della vittima. "Dimmi una cosa - dice Cappello -, questo praticamente… deve fare sei sedute di questa cazzata che ti ho detto… E praticamente dovrebbe cominciare da domani così! Cioè praticamente mi hanno spiegato che è a rischio di embolia!?...". Cappello è preoccupatissimo. "Compa' se dovesse fare la fine del topo questo?... Dio ci scansi! Dio ci scansi compa'! facciamoglielo fare al volo proprio, sua madre diciamo che… la Digos sotto casa ci porta!", trovando l'assenso di Reina: "E va bene dai, ci vediamo più tardi dai!...".

"I vigili me li pesto sotto i piedi come scarafaggi"

Una banda spregiudicata e arrogante. L'organizzazione sgominata dai carabinieri non ammetteva ripensamenti né contraddittorio. "Faccia quello che dico io, perché non è lei che mi deve insegnare a me il mestiere, mi sono fatto cinquant'anni di galera…", dice Alessio Cappello alla madre di una delle vittime preoccupata per il fatto che i vigili urbani avessero più volte invitato il figlio a fornire indicazioni sulle modalità dell'incidente. "I vigili né passano né contano, me li pesto sotto i piedi come se fossero scarafaggi" dice ancora Cappello, che avverte la donna: "Gliel'ho detto l'altra volta e glielo sto dicendo pure ora, deve fare quello che dico io. O a lei le sembra che ha a che fare con qualche scimunito?!". Poi l'avvertimento: "… è meglio che si fa i cazzi suoi e non ci entra completamente!". Il rischio è di far saltare tutto. "Ma sennò va a prendere centomila euro e me li dà lei dalla sua tasca!". Nella parte finale del dialogo la furia di Cappello si rivolge contro la vittima, il figlio della donna, che era già stato avvisato in passato sull'iter del falso incidente stradale e che adesso non poteva più tornare sui propri passi. "Non è il momento di avere i cog... rotti, già gliel'ho detto a suo figlio… punto e stop! Ora se suo figlio fa il mongoloide certe cose prima non le fa, prima parla e poi fa lo scimunito…".

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