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Cronaca

"C'è il Coronavirus": nonostante la nomina sia illegittima Vazzana resta a capo dell'Arpa

Il tribunale ha accolto parzialmente il ricorso del chimico calabrese e della Regione. L'assessore Cordaro: "Stiamo pressando ma con lo smart working è tutto più complicato. Durante la pandemia l'Arpa ha dato la sua disponibilità", senza però svolgere alcun ruolo

La sua nomina è stata dichiarata illegittima dal tribunale ma sino a quando non verrà ripetuta la selezione, Francesco Carmelo Vazzana potrà restare alla guida di Arpa Sicilia. Nelle scorse settimane la corte d’appello del tribunale di Palermo ha accolto parzialmente il ricorso presentato dal chimico calabrese che aveva chiesto la sospensione dell’esecuzione della sentenza con cui era stato spodestato dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Nell’ordinanza però i giudici hanno sottolineato come la procedura che aveva portato all’insediamento di Vazzana si sia sviluppata, si legge, nel breve arco temporale di 69 giorni. “Stiamo lavorando agli atti preparatori perché attendiamo una valutazione degli uffici legali su come dovremmo porre in essere la nuova selezione. Noi stiamo pressando ma in tempo di Coronavirus e con lo smart working è complicato”, spiega l’assessore regionale all’ambiente Toto Cordaro.

Tra le motivazioni del ricorso, Vazzana ha fatto presente di essere stato sospeso il 13 febbraio scorso, “ragione per cui - si legge nell’ordinanza - in attesa della decisione di secondo grado egli ‘potrebbe perdere… il bene oggetto della controversia’ e soffrire ‘un pregiudizio irreparabile alla sua professionalità’, stante la prossima scadenza (‘fissata tra circa due anni’) del suo contratto di assunzione e la ‘discrezionalità di cui godrebbe l’Amministrazione nell’individuare il vincitore, ‘in caso di ripetizione della procedura selettiva’”. Anche l’assessorato regionale retto da Toto Cordaro, nel costituirsi in giudizio proponendo appello incidentale, ha chiesto di sospendere l’esecuzione della sentenza deducendo che l’Arpa Sicilia sarebbe rimasta priva di un direttore generale. Nella sentenza di febbraio scorso il giudice del lavoro aveva dichiarato illegittima la nomina di Vazzana, giustificata da “requisiti professionali assai blandi”, e gli atti consequenziali da lui firmati.

cordaro2-2Secondo l’assessorato l'assenza del direttore generale avrebbe causato un “evidente pregiudizio - specialmente ‘nell’attuale situazione di allerta in considerazione dell’emergenza sanitaria epidemiologia’ - alla ‘continuità dell’azione amministrativa’ preordinata alla ‘salvaguardia della protezione ambientale’ e della salute della popolazione siciliana’”. Come confermato oggi dall’assessore Cordaro l’Arpa, durante la pandemia del Coronavirus, avrebbe potuto avere un ruolo importante. “L’Arpa - spiega Cordaro (foto allegata) - ha dato sempre tutta la disponibilità del mondo. Disponibilità accolta, per esempio, nel mettere a disposizione tutti i laboratori di analisi qualora questo dovesse essere necessario. Allo stato attuale, ringraziando Dio, i numeri ci aiutano e non è stato necessario coinvolgere l’Arpa. E’ chiaro poi che c’è un’altra autorità che si occupa di gestione del Covid-19”.

Nonostante l’emergenza sanitaria infatti, nessuno - tra l’assessorato regionale alla Salute e quello all’Ambiente - ha confermato l’intervento di Arpa Sicilia nella gestione dell’emergenza sanitaria. L’agenzia regionale, dagli inizi di marzo, è stata infatti guidata da un dirigente “anziano” chiamato a svolgere il ruolo di dirigente generale facente funzioni, Vincenzo Infantino, precedentemente direttore tecnico sulla scorta di una decisione presa proprio da Vazzana agli inizi del 2018. Difficile oggi, proprio a causa del Coronavirus, fare una stima sul tempo che ci vorrà prima di arrivare alla fine della prossima procedura selettiva. Ma l’assessore Cordaro precisa: “E’ interesse nostro mettere la parola fine a questa vicenda Arpa, in un modo o nell’altro, anche per dare serenità al lavoro dell’Agenzia”.

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Il 2020 per il chimico Vazzana è stato segnato da una grana, quella del sequestro da 3 milioni di euro disposto dalla Corte dei conti per la Calabria ed eseguito dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro. Secondo l’accusa tra il 2011 e il 2015 lui e il Commissario per mitigazione dei rischi Calabria, Domenico Percolla, avrebbero indebitamente utilizzato fondi pubblici destinandoli irregolarmente alla realizzazione di rilievi cartografici e satellitari per lo studio della pericolosità idrogeologica del territorio calabrese. Stando a quanto emerso dalle indagini il servizio sarebbe stato commissionato senza alcuna procedura di evidenza pubblica, a prezzi superiori a quelli di mercato, ad un ente che non aveva i requisiti per essere considerato di diritto pubblico.

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