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La vera storia di Santa Rosalia e di altri santi “palermitani”

La storia di Rosalia Sinibaldi è problematica, ha molti punti oscuri. Ma siccome, come diceva Kierkegaard, la Fede comincia lì dove la ragione finisce, io credo

Faccio una premessa che mi potrebbe salvare dalle torture di qualche moderno inquisitore. Sono cattolico e devoto a Santa Rosalia. Con cadenza bimestrale mi reco a pregare al suo santuario, e almeno una volta all’anno faccio l’acchianata a piedi al monte. Fatta questa professione di fede, da fedele appunto, vi devo dire che la storia di Rosalia Sinibaldi è problematica, ha molti punti oscuri. Ma siccome, come diceva Kierkegaard, la Fede comincia lì dove la ragione finisce, io credo!

Facciamo una premessa sugli esordi del cristianesimo a Palermo, tra II e VI secolo. In città la religione cristiana è lenta ad affermarsi, anche rispetto alla parte orientale dell’Isola. E non dipende dal fatto che San Paolo approda e predica a Siracusa, piuttosto che a Trapani o Palermo; quanto perché tra il II ed il IV secolo d.C. tanti ricconi romani (latifondisti) si trasferiscono in pianta più o meno stabile a Palermo o comunque in Sicilia centro-occidentale. Infatti, Roma era sempre meno sicura, caotica, affollata, piena di ladri e di immigrati. E anche perché questi ricconi romani che avevano vasti latifondi a grano proprio qui da noi, colsero l’occasione per curare da vicino i propri affari! Questa massiccia presenza di aristocratici romani, ancora fortemente ancorati al paganesimo, ostacolò o nel migliore dei casi scoraggiò, la diffusione del cristianesimo a Palermo.

Sta di fatto che nessuna sepoltura di santo palermitano è nota nei primi secoli di storia del cristianesimo. Ancora, in città non ci sono prove certe della presenza o del passaggio di santi almeno fino alla fine del VI secolo; né ricordiamo nomi di grandi vescovi o papi palermitani (gli unici due papi palermitani della storia, Agatone e Sergio sono rispettivamente della fine del VI e della fine del VII secolo). I dotti siciliani, tra il 1500 ed il 1800, hanno disperatamente cercato di dimostrare le origini antichissime del cristianesimo palermitano, addirittura apostoliche, utilizzando come fonti tradizioni agiografiche (cioè che si occupano della vita dei santi) medievali, prive di ogni valore storico. Infatti gli agiografi medievali, in quanto a fantasia, non avevano da invidiare nulla neanche ai più visionari scrittori moderni.

Bisogna aspettare la fine del VI secolo per avere documenti affidabili che ci dicano qualcosa sulla comunità cristiana palermitana. In alcune lettere Gregorio Magno (540-604, che aveva vasti possedimenti a Palermo in quanto sua madre, Santa Silvia, sembrava avesse origini palermitane) fornisce abbondanti ed interessanti notizie sulla diffusione e l’organizzazione delle comunità cristiane palermitane. E non manca di rimproverare e correggere comportamenti poco consoni di vescovi e preti palermitani... Al contrario, nella parte orientale dell’isola abbiamo testi antichissimi ed autentici di martiri già del III secolo come Agata, Lucia ed Euplio, il coraggioso diacono catanese. Tombe famose, catacombe grandi e decorate. Insomma ad est un cristianesimo sicuramente più antico e più appassionato.

Andiamo ai santi palermitani più noti. Secondo la tradizione, ma meglio sarebbe dire la leggenda, San Mamiliano fu il primo vescovo di Palermo (proto vescovo)! E la chiesa a lui dedicata, sebbene sia conosciuta anche come Santa Cita, la potete ammirare vicino piazza Tredici Vittime. La testimonianza più antica su Mamiliano proviene da Viterbo e risale al VII secolo, ma non fa nessun riferimento alla terra di nascita di Mamiliano, né a rapporti del santo con la Sicilia. In una altra vita del santo, scritta 5 secoli dopo, quindi in pieno medioevo, v’è invece un veloce accenno al fatto che Mamiliano fosse vescovo di Palermo.

La vita di Mamiliano si romanza ancora di più, se mai ce ne fosse stato bisogno, quando questi diventa uno dei protagonisti degli Atti (tecnicamente si chiamano così i documenti relativi alla biografia di un santo) di Santa Ninfa, composti in periodo medievale. Gli autori medioevali decidono di mettere ordine una volta e per tutte, stabilendo che Mamiliano sia stato il primo vescovo di Palermo e che, rimasto vittima delle persecuzioni anticristiane, sia stato costretto a fuggire via dalla città! E così ci siamo costruiti il primo vescovo di Palermo.

Il personaggio di Santa Ninfa, ancora di più di quello di Mamiliano, è una splendida creazione degli agiografi, probabilmente palermitani, tra il IX o X secolo. Già nel IX secolo a Roma esisteva, una chiesa intitolata alla beata Nympha martyris. Tuttavia il nome della santa sembrerebbe derivare dalla storpiatura del nome di un luogo non distante da Roma, tra la via Cornelia e la Portuense, chiamato ad Nymphas per l’abbondanza di acque che c’erano. Luogo che poi, nei primi secoli dopo Cristo, venne definitivamente storpiato in “Santa Ninfa”! Quindi un luogo trasformatosi in santa! Il culto per Ninfa, vergine e martire perseguitata dal suo stesso padre fervente pagano, è divenuto popolare a Palermo solo dalla fine del Medioevo. Potremmo pensare che all’inizio del Medioevo Palermo, che in realtà non aveva santi importanti, abbia cercato attraverso santa Ninfa di ottenere un maggiore prestigio. Un primo tentativo di creare una santa tutta palermitana, vergine ovviamente e martire.

Che dirvi poi di S. Oliva, totalmente ignorata dalle fonti antiche, della quale  possediamo notizie scarse e poco affidabili. La sua vicenda è narrata per la prima volta in un libro liturgico del XIII secolo, dove si afferma che era nata a Palermo da una famiglia aristocratica. Ma a soli tredici anni, poiché era una fervente cristiana, è esiliata a Tunisi dove è costretta a vivere di stenti. Ma siccome compie tanti miracoli è arrestata, torturata e decapitata. In seguito il suo corpo è riportato a Palermo e seppellito in gran segreto in una chiesa vicino la città. Forse questa storia, tutta da verificare, è la memoria di una qualche persecuzione anticristiana risalente alla periodo islamico. Solo così si spiegherebbe la presenza di Tunisi nella storia e il fatto che il corpo della donna, riportato a Palermo, sia stato sepolto in segreto, come se lo volessero nascondere alle autorità… Che evidentemente non erano cristiane.

Anche le catacombe palermitane sono poca cosa, relativamente piccole con pochi dati a nostra disposizione. E' questo contrasta ancora di più con il fatto che, dall’altra parte della Sicilia, a Siracusa, si trovano le catacombe cristiane più grandi d’Italia dopo quelle romane. Alcune di queste catacombe si trovavano nella zona del Transkemonia, tra Ballarò e la vecchia Giudecca, altre sul piano di porta Mazara (più o meno di fronte l’ospedale dei bambini), altre ancora nella zona di Casa Professa, ma piccole, come se fossero d’uso privato. Le catacombe pubbliche, quelle più importanti, sono quelle di Porta d’Ossuna, riscoperte nel Settecento (ingresso da C.so Alberto Amedeo, visitabili il primo martedì di ogni mese!). Sono le più grandi e le meglio strutturate, scavate con un’organica distribuzione degli spazi. Ma nessuna lapide (una sola in realtà), nessuna pittura, nessun mosaico, diversamente da Roma, Siracusa o la stessa Carini!…sono catacombe mute, per certi versi.

In questa mancanza di santi e comunque di grandi figure cristiane antiche, Palermo che era stata capitale del regno, ma che aveva dimostrato una fede cristiana tiepida, aveva assolutamente bisogno di un santo storicamente credibile, ma Dio non sembrava mandarne! Fallito il tentativo di impossessarsi della nobile Agata, e risultando troppo fantasiose le storie di Mamiliano, Oliva e Ninfa…..ecco che arrivò Rosalia (continua nel prossimo articolo…).

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Igor Gelarda storico cristiano (medioevoinfinito@yahoo.it)
 

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