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"Babbu" e pure "ciuncu": spagnolismi e germanismi in bocca ai siciliani

I nostri cugini spagnoli e tedeschi, sebbene la dominazione austriaca in Sicilia sia stata brevissima, hanno lasciato in eredità ai siciliani qualche parolina

E chiudiamo questa nostra rassegna linguistica (ma nelle prossime settimane parleremo dei modi di dire dei palermitani) con i nostri cugini spagnoli e con i tedeschi che, sebbene la dominazione austriaca in Sicilia sia stata brevissima, hanno lasciato in eredità ai Siciliani qualche parolina. In Sicilia il potere parlò spagnolo sia durante il periodo aragonese che in quello spagnolo vero e proprio, ossia dalla fine del Duecento fino agli inizi del Settecento. Più di quattrocento anni che giustificano una cospicua presenza di parole di origine iberica nel nostro dialetto.

Inutile dirvi che i siciliani, dagli spagnoli, hanno mutuato anche molti usi e costumi, a volte buoni a volte meno (come le Madonne addolorate e tutte vestite a nero, come una certa forma di cattolicesimo austero, ma anche melenzane, fagioli e tanto altro, ma ne parleremo in un’altra occasione). L’elenco è lungo e non sarà affatto esaustivo. Abbuccàri (capovolgere o versare) viene dal catalano e spagnolo avocar; accabbàri (terminare, finire) dal catalano-castigliano acabar. Anche nel letto si parla spagnolo per addurmiscìrisi (addormentarsi) da adormecerse e la manta così in spagnolo e in siciliano altro non è se non la coperta, da cui poi anche l’italiano ammantarsi, anche se con significato un po' diverso. Accanzare, che in siciliano viene usato sia come ottenere che come guadagnare, viene da alcanzar (ottenere o raggiungere). Che vuoi dire con questa taliata (modo di guardare) dal catalano taliar-taiare (guardare da luogo alto). Mentre arricugghìrisi (ritornare) da arrecogerse. Ma attenzione, usato in senso assoluto in frasi del tipo “u Signuri t’arricugghissi”, vuol dire essere assunto in cielo e non è proprio un bell’augurio!

Anciòva (acciuga) non siamo sicuri se dal catalano anxova ma forse anche da anciöa genovese. Nzirtari, nel senso di indovinare o comunque centrare un obiettivo da encertar Catalano, a sua volta dal Latino inserere; smammare dallo spagnolo desmamar, termine marinaro, con il significato di togliere le poppe e quindi partire per una nuova navigazione; altro vocabolo di origine marinara assummari (con il significato di raggiungere una certa somma o un certo livello) da asomar, venire a galla; truppicari inciampare da trompicar; boffa schiaffo forte, con rumore aggiungo io, da boffeton; babbu, scimunito in siciliano, dall’antico spagnolo bobo, ancora molto usato nel centro America. Arriffari, sorteggiare in lotteria, da rifar. Atturràri (tostare) dal catalano e spagnolo torrar, utilizzato anche in senso figurato per chi disturba o insiste!

La parola allistirisi (che vuol dire essere o rendersi pronti), nasconde una inaspettata origine militare perché viene da alistar (arruolarsi). Usato molto in macelleria la parola capuliàri (tritare) dallo spagnolo capolar e, a proposito carnizzeri (macellaio) da carnicer: mentre curtìgghiu (cortile) da cortijo e pignàta (pentola) dallo spagnolo piñada, che si pronuncia pignada, per via di questa ondina sulla n che si chiama tilde. Queste sono solo alcune delle tante parole di origine spagnola e sono sicuro che i miei lettori ne vorranno indicare delle altre.

Andiamo ai germanismi della nostra lingua/dialetto. Pochi ovviamente, non solo perché la  Germania è lontana e perché, il dominio austriaco fu brevissimo, ma anche perché secondo me tedeschi e siciliani, ordinati e disciplinati i primi, caotici e indisciplinati i secondi, hanno poche possibilità di linguaggi comuni! E poi il tedesco è una lingua dura, mentre il siciliano è lingua ruci (lingua dolce). Lapardeo in siciliano è un altro modo per dire una specie di Attila locale, dove passano i lapardei non resta nulla, come i parenti affamati che svaligiano il frigorifero o si autoinvitano a pranzo. La storia della Sicilia austriaca comprende un periodo di appena quindici anni, dal 1720, con il passaggio dell'isola da Vittorio Amedeo II a Carlo VI, e si concluse nel 1734, quando l’isola tornò ai Borbone.

E così i soldati austriaci, gli Hallabardier (perché muniti di Alabarda), tutt’altro che simpatici ai siciliani (ma credo che l’astio fosse assolutamente reciproco), divennero lapardei/laparderi perché si prendevano tutto e campavano sulle spalle dei siculi. La parola sparagnare (risparmiare) sembra venga dal tedesco sparen, mentre la parola guastedda/vastedda (pane rotondo) dal tedesco wastel. Arrancare (ossia andare avanti con difficoltà) viene da rank.  Abbanniàri (proclamare, gridare) dal tedesco bandujan (dar pubblico annuncio di leggi). Attenzione proprio a questo termine e noterete l’abisso tra noi e Tedeschi. I Tedeschi lo utilizzavano in senso ufficiale e serio, ossia il banditore che proclamava leggi e norme per strada in nome e per conto del Re o dell’Imperatore… Per i palermitani vuol dire gridare confusamente per strada, mandare qualcuno a quel paese! Il senso più ufficiale che riusciamo a dare a Palermo a questo termine è quando un commerciante pubblicizza la propria merce gridando ad alta voce tra i banchi di Ballarò o al Capo! Altro che leggi, Stato, Re e Imperatore! Infine lo storpio, in siciliano detto anche ciùncu sembra venga dal tedesco cionk, forse mutuato dall’italiano arcaico cionco. Che ne pensate della nostra lingua?   
 
Igor Gelarda (storico allafannato)
medioevo infinito@yahoo.it 

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