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Giovedì, 25 Aprile 2024

Dal Nilo al Papireto: quando alla Vucciria spuntò un coccodrillo

La leggenda del "cuncutrigghiu": la tradizione popolare vuole che abitasse la fontana di piazza Caracciolo. Arrivato non si sa come direttamente dal fiume africano, riuscì a trovare quel comodo rifugio, ma per sfamarsi cominciò a mangiare i bambini che si attardavano a giocare oltre le ore del tramonto

In Egitto il coccodrillo era considerato un animale sacro, collegato ai cicli di fertilità del fiume Nilo di cui era l’incontrastato dominatore. Sobek era una divinità egizia, il dio coccodrillo, a volte rappresentata con la sola  testa di coccodrillo, a volte con il corpo intero di coccodrillo. E se da un lato assicurava la fertilità della zona del Nilo, che con il suo Limo concimava la terra, era comunque una divinità feroce e spietata. Una divinità collegata al ciclo della natura, ma ostile agli uomini. Nella cultura occidentale cristiana il coccodrillo perde invece ogni connotazione positiva, associato all’ipocrisia per le sua famose lacrime fu spesso chiamato drago di terra. San Giorgio, patrono dell’Inghilterra e del Portogallo, dovette affrontare e sconfiggere questo drago/coccodrillo, per liberare dal male una città.
Il caso volle che a Palermo c’era un grosso coccodrillo impagliato appeso dapprima nel popolare e antico rione del Capo e poi, emigrò nel cuore della Vucciria.

Il primo a dare testimonianza scritta di questo coccodrillo impagliato fu il gentiluomo Vincenzo Di Giovanni. L’aristocratico palermitano racconta di una palude profondissima che nel cuore del Capo, esattamente in via  Panneria, si era creata con le anse, gli affluenti e i ristagni del Papireto. Ma nel suo “Palermo restaurato” dice nel 1612, anche che “[…] in questa palude vi si trovò un coccodrillo il quale è oggi nella Commenda di San Giovanni […]”.  Da cui la deduzione, in realtà  una idea da secoli nel cuore dei palermitani, che il Papireto, ricco di Papiri e con i coccodrilli, fosse una derivazione sotterranea del Nilo. Non si capisce come... avrebbe attraversato sott'acqua il Mediterraneo e poi sarebbe nuovamente allegramente spuntato a Palermo!

Nel 1816 Gaspare Palermo nella sua “Guida istruttiva per Palermo e i suoi dintorni” scrisse: “Alla volta dell’ingresso del Cortile (della chiesa di San Giovanni alla Guilla) è appesa la spoglia di un coccodrillo ripieno di paglia che dicono essere stato ucciso in detto passaggio di acqua (il Papireto) ai tempi del re Pietro d’Aragona”, re di Sicilia nella metà del duecento. E accanto al coccodrillo c’era una lapide di marmo, con un distico del poeta monrealese Antonio Veneziano “Traggo origine dal Nilo e il nome dal Papiro: ed io ch’ero stato onda del mare, ora son corso d’acqua terrestre”. Questa strofa della seconda metà del Cinquecento, proviene da una composizione del poeta monrealese che aveva reinterpretato in chiave locale la simbologia della fontana Pretoria, destinata in origine ad un giardino in Toscana, e che, proprio come tradizione palermitana voleva, faceva nascere il Papireto direttamente dal Nilo.

Rimane da capire quando, e perché, il coccodrillo fu trasferito dal cortile della Commenda di San Giovanni alla Guilla alla Vucciria, e più esattamente al negozio Castiglia, di via Argenteria. Dove nel 1872 lo scrittore, nonché abate e capo bibliotecario della Biblioteca comunale di Palermo, Gioacchino Di Marzo riferisce di averlo visto appeso al soffitto di una drogheria. A onor del vero, non era l’unico coccodrillo imbalsamato segnalato a Palermo. Nel 1743, Antonino Mongitore, erudito e giudice del tribunale della Santa Inquisizione, fa menzione di un altro coccodrillo trovato, sempre al Capo, sotto la Chiesa dei due santi medici e martiri Cosma e Damiano.

Scomparso nel corso del tempo dalla Vucciria, il coccodrillo, diciamo pure una sua copia, è ricomparso in via dell’Argenteria, al numero 45, nel 2011. Posto all’interno di un esercizio commerciale, grazie anche ad una associazione, l’Unione Italiana Fotoamatori. La tradizione popolare vuole che il coccodrillo, chiamato “U tignusu” abitasse la fontana che si trova nella piazza Caracciolo, alla Vucciria. Arrivato non si sa come direttamente dal Nilo e dopo avere risalito il fiume Papireto, riuscì a trovare in quella fontana comodo rifugio per la sua esistenza. Tuttavia per sfamarsi cominciò a mangiare tutti quei bambini che si attardavano a giocare oltre le ore del tramonto, nei dintorni della fontana. Nel quartiere, ben presto, si diffuse la paura che la bestia potesse divorare tutti i bambini e così alcuni tra i più coraggiosi giovani della Vucciria un giorno decisero di farlo fuori. All’imbrunire, appena il coccodrillo si affacciò dal bordo della fontana in cerca del suo pasto, in cinque lo agguantarono per la coda e lo squartarono. Una volta ucciso, però, il pianto di una bambina si udì provenire improvvisamente dall'interno del suo stomaco e venne estratto il corpicino di una bimba, miracolosamente ancora viva, che subito venne salvata.

Storie e leggende di coccodrilli in giro per il resto dell’Italia ce ne sono tante: A Ponte Nossa (Bergamo), nel santuario di Campolongo sulla sinistra dell’ingresso c’è un coccodrillo appeso, che si dice vissuto nel fiume Serio e poi catturato da alcuni volontari. Un documento del 1594, conservato presso la curia di Bergamo, fa menzione di questo coccodrillo. Un coccodrillo si trova pure in una chiesa a Curtatone, in provincia di Mantova, nel santuario di Santa Maria della Croce, secondo la tradizione catturato nel Mincio alla fine del Quattrocento. Un coccodrillo impagliato stava pure, almeno fino alla metà dell’Ottocento, sopra una porta a Castel Nuovo a Napoli, dove si dice che nelle prigioni della Fortezza si aggirasse questo enorme rettile che divorava i prigionieri muovendosi tra i tombini sotterranei. Nella chiesa madre di Ragusa ci sono resti appesi di ossa di coccodrilli, che secondo la tradizione popolavano i fiumi della zona. Guarda caso nel ragusano è molto diffuso il culto di san Giorgio e il giorno della Festa di San Giorgio, a fine aprile viene portato in giro un grosso coccodrillo meccanico.

Non sappiamo da dove sbucò fuori questo coccodrillo palermitano, nè quando né perché. Nella fervida fantasia dei palermitani, tuttavia, servì ad argomentare che i palermitani oltre che dai punici discendessero pure dal favoloso Egitto dei Faraoni. 

Igor Gelarda (Storico d’acqua dolce)

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