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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cognomen omen

Cognomen omen

A cura di Francesco Miranda

Etimologia, origine, significato, diffusione dei cognomi a livello provinciale e regionale: fenomeni migratori. Collegamenti e riferimenti storici sulle famiglie nobili siciliane, tradizioni popolari, personaggi del mondo della cultura, della politica, dell’arte, della cronaca. “Nomen omen”, locuzione latina che significa “un nome, un destino” o “il destino nel nome”: per i Romani nel nome della persona era indicato il suo destino, appunto “I cognomi come brand”, “marchio” che ti accompagna per tutta la vita, insieme dei valori che nel tempo le generazioni hanno costruito.

Cognomen omen

L'origine dei cognomi Livatino, Nisticò, Di Blasi, Sorgi

L'origine dei cognomi Livatino, Nisticò, Di Blasi, Sorgi di Francesco Miranda

Livatino

(come Rosario Livatino, magistrato, assassinato dalla mafia)

Livatino è generato dalla cognominizzazione del termine dialettale siciliano “livatinu/livatina” con cui si intende il lievito per il pane. Nelle varie province siciliane esso è espresso come “lavatina, levatina, livatina, luvatina, ecc.” (cfr. Vocabolario siciliano G.Piccitto). Il cognome è probabilmente riferito a soprannome del capostipite la cui attività lavorativa era identificata come lavorazione o vendita di pane. È un cognome molto raro diffuso perlopiù in Sicilia, nell’agrigentino (Canicattì, Naro, Agrigento), nel catanese (Catania, Misterbianco), nel palermitano (Palermo). Qualche famiglia Livatino è attestata in Emilia-Romagna, in Veneto, Lombardia, Lazio, Toscana, Puglia, Campania.

Riferimenti storici e personaggi. ROSARIO LIVATINO (Canicattì 3/10/1952 – Agrigento 21/7/1990), magistrato, assassinato dalla mafia. È uno di quei giudici che Francesco Cossiga, allora Presidente della Repubblica, otto mesi dopo la morte di Livatino, definì “giudici ragazzini”, magistrati neofiti impegnati nella lotta alla mafia. Laureato a 22 anni in giurisprudenza all’università di Palermo con il massimo dei voti, Rosario Livatino consegue una seconda laurea in scienze politiche, partecipa a diversi concorsi pubblici, diventa dirigente dell’Ufficio del Registro di Agrigento; poi si qualifica fra i primi del concorso in magistratura del 1978. Diventa uditore presso il Tribunale, poi in Procura, infine in Pretura. Il 24/9/1979 è sostituto procuratore della Repubblica presso la Procura di Agrigento: vi rimane per più di otto anni. Indaga sulle cooperative giovanili di Porto Empedocle, centro di interessi politico-mafiosi, indaga su un giro di fatture false che fruttano decine di miliardi di lire che vanno ad impinguare i fondi neri di alcuni gruppi imprenditoriali catanesi, impara a destreggiarsi nello studio dei documenti contabili e bancari, scopre loschi rapporti fra gruppi imprenditoriali e famiglie della “stidda” (la mafia agrigentina), si mette in luce per capacità, laboriosità, impegno. Il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) nel 1981 delibera la sua nomina a magistrato del Tribunale: fra il 1984 e il 1988 “risulta essere il magistrato più produttivo della Procura di Agrigento”; il 21/8/1989 viene nominato giudice del Tribunale di Agrigento. Non passa molto tempo: la mattina del 21 settembre del 1990 è una giornata particolare, in Tribunale si dovrà decidere sulle misure di prevenzione da adottare nei confronti di alcuni boss mafiosi di Palma di Montechiaro; il giovane giudice percorre con la sua auto la SS. 640, quella che da Canicattì porta ad Agrigento; due killer lo inseguono, lo colpiscono, lo finiscono con due colpi al capo.  Il processo per la canonizzazione del Servo di Dio Rosario Livatino ha avuto inizio il 19 luglio 2011 quando il vescovo Francesco Montenegro ha firmato il decreto; postulatore è stato nominato Don GIUSEPPE LIVATINO. Nel corso di questi anni il Tribunale ecclesiastico ha prodotto oltre quattromila pagine, raccogliendo 47 testimonianze, compresa quella di una donna pugliese guarita da leucemia dopo l’apparizione del giudice.

Nisticò

(come Vittorio Nisticò, storico direttore del giornale L’Ora di Palermo)

Nisticò potrebbe derivare da soprannomi originati dal vocabolo greco “nistika” (digiuno) ad indicare forse dei capostipiti che osservavano il digiuno con regolarità. Il soprannome era ispirato al nome di un santo sant’Ieiuno (nella forma latina) che in origine era Nisticò e che predicava il digiuno di penitenza; il santo è venerato a Gerace (Reggio Calabria). Nisticò è diffuso in Calabria, nel catanzarese (Catanzaro, Cardinale, Soverato, Badolato, ecc.), nel reggino (Monasterace, Riace, Reggio Calabria, ecc.); è inoltre diffuso in Lombardia, Lazio, Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna, Veneto, ecc. In Sicilia è noto nel catanese (Catania, Trecastagni), nel messinese (Messina), nel palermitano (Monreale, Palermo) nel trapanese (Marsala).

Riferimenti storici e personaggi. Nisticò fa parte del sistema cognominale reggino la cui caratteristica principale è la loro origine neogreca, insorta nel medioevo quando, accanto alla latinità si era affermata una grecità culturale, etnica e linguistica dovuta alla forte influenza politica e religiosa bizantina, ma anche per la presenza di coloni provenienti dalla Grecia, quindi di lingua neogreca e, in particolare, per il prestigio della chiesa bizantina. GIUSEPPE NISTICO’ (Cardinale 16/3/1941), politico e farmacologo, presidente della Regione Calabria dal 1995 al 1998, senatore della Repubblica Italiana nella XII Legislatura, gruppo Forza Italia, sottosegretario di Stato al Ministero della salute. Nel 1999 e fino al 2004 è stato eletto componente del Parlamento europeo e qui è stato membro della Commissione per l’ambiente, la salute pubblica e la politica dei consumatori e membro della Commissione parlamentare mista “Spazio economico europeo”. Laureato in medicina e specializzato in neuropsichiatria presso l’Università di Modena, ha insegnato Farmacologia dal 1970 al 2011 nelle Università di Napoli, Londra, Messina, Catanzaro (dove è stato preside della Facoltà di Farmacia e prorettore dell’Università) e Roma Tor Vergata. È autore di oltre 300 pubblicazioni scientifiche e autore ed editore di oltre 20 volumi nel campo delle neuroscienze. VITTORIO NISTICO’ (Soverato 29/9/1919 – Roma 8/6/2009), giornalista, storico direttore del giornale L’Ora di Palermo durante gli “anni ruggenti” in cui la mafia spadroneggiava nel Paese. Maestro di tre generazioni di cronisti diresse per oltre un ventennio un giornale che pubblicò la prima grande inchiesta sulla mafia, sulla sua evoluzione e i rapporti con il potere politico: per questo subì attentati, persecuzioni e denunce; tre suoi giornalisti, Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, furono uccisi. Nisticò si era formato come giornalista nei quotidiani di area comunista, in particolare nel “Paese” come cronista politico. Nel 1954 l’editore Amerigo Terenzi gli affidò la direzione dell’Ora, la testata fondata da Ignazio Florio. Egli ne fu direttore per oltre 20 anni, fino al 1975, quando il giornale entrò in crisi e rischiò la chiusura. A metà degli anni Settanta una cooperativa di giornalisti e amministratori ottenne l’uso della testata e degli immobili in comodato d’uso e Nisticò assunse la presidenza della cooperativa che per dieci anni gestì L’Ora. Poi il giornale ritornò alla gestione diretta della proprietà riconducibile al PCI, fino alla chiusura delle pubblicazioni nel 1992. Nisticò fondò e diresse per alcuni anni il mensile di cultura e politica mediterranea Euros. Nel 2002 gli fu assegnato il Premio Saint-Vincent di giornalismo alla carriera; nel 2003 Azeglio Ciampi lo nominò Grande Ufficiale al merito della Repubblica.

Di Blasi

(come Francesco Paolo Di Blasi, giurista, rivoluzionario, scrittore)

Di Blasi è un cognome patronimico: significa “il figlio di Blasi” (Biagio), generato dal latino “blaesus” e dal greco “blaisos”. Gli étimi, in entrambe le lingue, significano “balbuziente, storto”, “bleso”, detto di chi pronunzia male alcune lettere, “r” e “l” in particolare. In questo caso si tratterebbe della cognominizzazione di soprannome del capostipite. Di Blasi è diffuso in tutta la Sicilia, in particolare nel messinese (Messina, Patti, Scaletta Zanclea, Giardini Naxos, Montagnareale, San Piero Patti, Santa Teresa Riva, ecc.), nel palermitano (Palermo, Cerda, Bagheria, Partinico, Villabate, Carini, ecc.), nel catanese (Catania, Palagonia, Caltagirone, Grammichele, Vizzini, Paternò, Misterbianco, ecc.), nell’agrigentino (Licata, Casteltermini, Ravanusa, ecc.), nell’ennese (Pietraperzia, Barrafranca, Valguarnera Caropepe, ecc.), nel siracusano (Floridia, Francofonte, Siracusa, ecc.), nel trapanese (Santa Ninfa, Trapani, Marsala, ecc.). Famiglie Di Blasi sono attestate, inoltre, in Lombardia, Piemonte, Liguria, Lazio, Toscana, Campania, Calabria, Veneto, ecc.

Riferimenti storici e personaggi. Di Blasi: famiglia patrizia trapanese originaria di Salemi, che ebbe un Pietro, vicario di quella città, e tanti altri personaggi illustri fra cui uno Scipione, che fu governatore del Monte di Pietà, VINCENZO DI BLASI (Palermo 1/9/1709 – 2/12/1756), giurista, a Palermo ricoprì importanti cariche pubbliche: dal 1747 fu governatore del Monte di Pietà, senatore e, da ultimo, nel 1755, sindaco. Studioso di lingua francese e latina, ebbe interessi prevalentemente letterari; nel 1734 prese parte alla disputa che a Palermo suscitò la pubblicazione di un opuscolo, in versi siciliani, da parte di L. Sarmento, contro le donne. Di Blasi rispose con due operette: “La verità manifesta in favore delle donne”, Palermo, 1735 e “Apologia filosofico-storica, in cui si dimostra il sesso delle donne superiore a quello degli uomini”, Catania 1737. Accademico degli Ereini e del Buon Gusto, cultore di poesia siciliana, fu socio attivo dell’Accademia dei Pescatori Oretei istituita nel 1745 con l’intento di coltivare la poesia dialettale siciliana. Nel 1753 promosse una raccolta di canzoni siciliane che tradusse in versi latini: di molte di queste canzoni fu autore egli stesso. Morì improvvisamente nel 1756, in casa dell’amico marchese di Villabianca, ad appena un anno dalla nascita del figlio FRANCESCO PAOLO DI BLASI (Palermo 1755-1795), giurista, rivoluzionario, scrittore, importante sostenitore del nazionalismo siciliano. Nel 1790 partecipò alla fondazione dell’Accademia Siciliana, istituzione sorta per la protezione della lingua siciliana. Affascinato della Rivoluzione francese, nel 1795, Di Blasi fu arrestato e processato, accusato di cospirazione, fu giustiziato per decapitazione a Palermo, al Piano di Santa Teresa (attuale Piazza Indipendenza). La sua azione è raccontata nel romanzo storico di Leonardo Sciascia, “Il Consiglio d’Egitto”, 1963. Tra le sue opere si ricordano “Dissertazione sopra l’egualità e le disuguaglianze degli uomini in riguardo alla loro felicità”, 1778, “Saggio sopra la legislazione di Sicilia”, 1790. Fu nipote degli abati benedettini SALVATORE DI BLASI (Palermo 1719/1814, bibliotecario e archivista) e GIOVANNI EVANGELISTA DI BLASI (Palermo 1720/1812, storico)

Sorgi

(come Tommaso Sorgi, sociologo, docente universitario, politico)

Sorgi è una delle varianti di “Sorce”. Altre varianti sono: Sorci, Sorice, Sorge; tutti hanno alla base un soprannome formato con varia motivazione semantica (rapidità, aspetto del viso, ecc.) da “Sorce” = topo. Il vocabolo proviene dal sostantivo latino sōrex – sōrícis (sorcio, topo). (Da E. De Felice).

Il cognome Sorgi è diffuso con più o meno frequenza in Abruzzo (L’Aquila, Teramo, Pescara, ecc.), Lazio (Roma, Rieti, ecc.), Sicilia, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Toscana, Liguria, Veneto, ecc.; in Sicilia è attestato nel palermitano (Palermo, Ficarazzi, Monreale, Carini), nel catanese (San Giovanni La Punta, San Gregorio, Catania, Caltagirone), nel messinese (Milazzo), nel siracusano (Lentini), nel trapanese (Partanna).

Riferimenti storici e personaggi. Sorgi fu famiglia nobile e antica; a Bologna capitanava la fazione ghibellina: fra i suoi esponenti va ricordato Giovanni, che fu capitano dei crocesignati nel 1895; Salvo, dottore in leggi, che fu pubblico lettore, giudice generale della corte di Roma e, nel 1292, membro del consiglio degli 800; e tanti altri. TOMMASO SORGI (Campli 12/10/1921 – Teramo 24/4/1918), sociologo e politico. Dal 1953 al 1972 è stato deputato al Parlamento Italiano per la Democrazia Cristiana con incarichi parlamentari vari: componente della Commissione Pubblica Istruzione, componente della Commissione Sanità, presidente della Commissione Mista Interni-Sanità per la legge sugli asilo-nido, membro della Commissione parlamentare di studio dei sistemi sanitari inglese e sovietico. Ha insegnato Sociologia presso la facoltà di Giurisprudenza e di Scienze politiche dell’Università Abruzzese (dal 1966 al 1990) e Storia dei Movimenti sociali cristiani presso l’Istituto Internazionale di Loppiano, Firenze. Dal 1972 si è impegnato nel Movimento dei Focolari, diventando collaboratore della fondatrice Chiara Lubich; dal 1986 si è occupato della conservazione e diffusione del patrimonio di scritti del Servo di Dio Igino Giordani. Con i rappresentanti del Movimento nei cinque continenti, ha elaborato la proposta di un “triplice patto”, morale, programmatico, partecipativo, per nuove forme di partecipazione politica ed un “Appello per l’unità dei popoli”, presentato all’ONU nel 1967. Da pubblicista ha fondato e diretto il periodico politico-sociale “La Specola” e ha collaborato al settimanale diocesano “L’Araldo abruzzese” e del quindicinale “Lotta Nuova” di Roma.

MARCELLO SORGI (Palermo 31/3/1955), giornalista, scrittore, già direttore del TG1; ha iniziato la sua attività a 18 anni nel giornale “L’Ora” di Palermo, poi è passato al Messaggero. Tiene un taccuino quotidiano dedicato ai fatti della politica italiana sulla “Stampa”, di cui è stato direttore per sette anni, poi corrispondente da Londra, ed oggi editorialista. A lui è affidata la nota politica del giorno del programma “Agorà”, in onda su RAI 3. Ha scritto per Sellerio “La testa ci fa dire. Dialogo con Andrea Camilleri” (2000) e, per Rizzoli, “Edda Ciano e il comunista” (2009), “Le amanti del vulcano” (2010), “Il grande dandy” (2011), “Le sconfitte non contano” (2013), “Colosseo vendesi. Una storia incredibile ma non troppo” (2016).

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