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Sabato, 20 Aprile 2024
AMARCORD1983

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A cura di Alessandro Bisconti e Francesco Sicilia

Totti, Palermo, la svolta: "Quel faccia a faccia con Lippi a Mondello, lì è nata l'Italia che ha vinto il Mondiale"

Lo sputo a Poulsen e la ripartenza in Sicilia. Un curioso retroscena raccontato dalla bandiera della Roma nel libro "Un capitano", scritto con Paolo Condò e uscito nelle scorse settimane: "Il ct voleva parlarmi, io non capivo..."

Primissimi giorni di settembre del 2004. Dopo il famoso sputo a Poulsen, negli europei portoghesi, Totti è pronto a guardare la nuova Italia di Lippi dalla tv. Lui è squalificato, gli azzurri sono impegnati a Palermo nella prima partita di qualificazione ai mondiali di Germania 2006. Totti è anche infortunato. Non sta bene, si è fatto male qualche giorno prima e sa che non sarà convocato.

Totti ha quasi 28 anni. E' a uno snodo cruciale della sua carriera. E se la Nazionale dell'era Trap lo aveva lasciato a Lisbona alle prese con lo scandalo dello sputo al medianaccio danese, quella targata Lippi sperava di trovarlo tre mesi dopo a Palermo per cominciare un nuovo cammino insieme. Perché dopo Italia-Norvegia c'è Moldova-Italia. E Totti per quella partita in realtà sarebbe convocabile. Il capitano della Roma è atteso il 4 settembre 2004 allo stadio Barbera. Ma una botta alla caviglia, rimediata in amichevole con la Lodigiani, lo costringe a rinunciare alla chiamata.

Si insinuano dubbi, il "no" sa di maledizione. "Totti resta convocato, lo aspettiamo per valutare la situazione", è la posizione della Figc, già di per sé indicativa di differenti volontà. In tarda serata o il giorno dopo, Lippi vuole vedere Totti e parlargli. Nasce a Palermo l'Italia che vincerà il mondiale.

A raccontare come sono andate le cose è stato proprio Francesco Totti nel libro "Un capitano", scritto con Paolo Condò e uscito nelle scorse settimane.

Immaginate lo sconcerto quando arriva in sede un fax della federazione nel quale si richiede comunque la mia presenza a Palermo per un controllo medico. Non c'è ancora l'esplicita ostilità di una visita fiscale ma il messaggio è chiaro: non si fidano. Mi imbarco per la Siciia il mattino dopo con la sensazione che le prossime ore saranno decisive per il mio futuro in Nazionale. Lippi ha bisogno di parlarmi, l'ha detto a Vito (Scala, ndr) che conoscendo il carattere di entrambi teme si possa arrivare a un confronto acceso.

Quando sbarco al Mondello Palace, l'albergo che ospita la comitiva la squadra è fuori per l'allenamento defatigante. L'atmosfera sembra allegra. Magari con un po' di fatica perché il 2-1 di Toni è arrivato soltanto a 10 minuti dalla fine, ma abbiamo battuto a Norvegia. Arriva il pullman e il primo compagno che abbraccio è De Rossi: la sera precedente ha debuttato e ha segnato pure il primo gol. Poi mi vede Lippi, mi viene incontro sorridendo, mi chiede come sto e mi dice che dopo mangiato, mentre gli altri riposano, vorrebbe incontrarmi da solo. Non sembra mal disposto e nessun medico mi fissa un appuntamento per la visita. Non capisco.

Mangio in fretta un piatto di pasta, a questo punto non vedo l'ora di parlare col ct. "Caro Francesco, dobbiamo cominciare a conoscerci meglio", è il preambolo di Lippi, "perché nei prossimi due mesi passeremo parecchio tempo insieme e io ti chiederò molto. Avrai letto sui giornali qualche mia intervista, i passi in cui dico che ho accettato di guidare la Nazionale perché sono convinto di avere gli uomini per compiere l'impresa e tu sei uno di quelli fondamentali. Da allenatore avversario ho passato molte notti a studiare come limitarti perché fermarti del tutto era impossibile: ora sono ansioso di godermi l'altra faccia della medaglia, organizzare un gioco che possa esaltare il tuo apporto. Ma perché questo succeda dobbiamo conoscerci ed entrare in sintonia. Per cui smettiamola di parlare di calcio, quella è l'ultima cosa e cominciamo a raccontarci che tipo di persone siamo".

Io sono a bocca aperta. Mai visto un approccio del genere. Bellissimo. Inizio a spiegargli com'è la mia famiglia, gli dico che con Ilary le cose sono diventate subito serie, lui mi racconta le ultime di suo figlio Davide - siamo amici, abbiamo fatto assieme il servizio militare - e ci facciamo qualche risata ricordando le scemate di quei tempi. Stiamo lì a parlare di tutto: musica, politica, donne, Federer e Kobe Bryant, la ricerca dello stile e quella della vittoria. Alla fine ho la sensazione di essergli piaciuto e lui certamente è piaciuto a me".

"Adesso torna a Roma e curati bene, Francesco, perché a ottobre comincerò ad avere bisogno di te sul serio", mi dice, congedandomi senza visite mediche. Immagino la delusione di chi aveva previsto forti tensioni tra me e Lippi. Stabilito il rapporto umano, quello tecnico viene di conseguenza. Lippi non esagera e mi vuole davvero al centro della sua Nazionale e per farlo mi sfrutta giustamente al massimo nelle gare di qualificazione per lasciarmi invece a riposo nella amichevoli. A giugno 2005 per esempio mi risparmia la tournée americana di un'Italia molto sperimentale consentendomi di sposarmi. E' la gestione perfetta per quelle che sono diventate le mie esigenze di quasi trentenne, ancora determinato a inseguire il grande risultato in maglia azzurra ma cui pesano ormai i ritiri troppo lunghi. Ed è in questa considerazione privilegiata che inizio l'anno del mio ultimo Mondiale". E com'è finita in Germania lo sappiamo tutti.

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