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Coronavirus, l'odissea di una ricercatrice palermitana bloccata in barca a vela in Cile

Protagonista della disavventura è Barbara Brusca, giovane con la passione per la fotografia spesso in giro per il mondo. "Costretti a convivere in uno spazio stretto con un equipaggio che parla lingue diverse. Vi racconto l'ansia, la paura ma anche i sorrisi"

Era iniziata come un'avventura alla scoperta del Sud del mondo, tra i fiordi remoti e disabitati della Terra del Fuoco, ma quella di una palermitana si è trasformata in una di quelle storie appassionanti che in genere leggi solo nei romanzi o che ti tengono incollato allo schermo. Ripensate ai momenti trascorsi in questo ultimo mese e mezzo di lockdown in casa, da soli o con i vostri cari. Concentratevi sulle difficoltà, le ansie, gli attimi di tristezza, la convivenza. Ora triplicateli e immaginate se tutti quei giorni li aveste dovuti passare in barca a vela, lontani da casa, alle prese con forti piogge e correnti di marea, con un equipaggio che parla lingue diverse e senza la possibilità non di uscire ma di rientrare in un porto sicuro. E' quanto accaduto a Barbara Brusca, ricercatrice palermitana con la passione per la fotografia di 31 anni che da tre vive in Germania ma che spesso è in giro per il mondo. 

Schermata 2020-04-24 alle 12.28.28-3Un viaggio iniziato nello scorso dicembre dalla Spagna a bordo del Copernico-Doblon (le cui avventure si possono seguire sul canale Instagram @alegriamarineros), una barca a vela di 68 piedi capitanata dallo spagnolo Pedro Jimenez Torrecilas, e che dopo aver attraversato Brasile, Uruguay, Argentina e Antartide, ha raggiunto il Cile il 7 marzo di quest'anno. Il 18 marzo il governo cileno a causa dell'epidemia da Covid-19 dichiara lo stato di catastrofe e chiude tutte le frontiere marittime e terrestri. E' da qui che inizia il racconto di Barbara che condivide con PalermoToday le immagini di questa avventura-disavventura. "In quei giorni eravamo lontanissimi dalla civiltà e dalla pandemia, ma grazie al telefono satellitare ci arrivavano notizie di familiari che ci avvisavano della chiusura dei porti cileni. Così, abbiamo deciso di fare rotta verso Nord per avvicinarci a grandi città portuali e all’aeroporto internazionale di Santiago del Cile, dove l’equipaggio avrebbe potuto prendere un volo per rimpatriare. Dopo circa 600 miglia nautiche, il 7 aprile arriviamo al porto di Quintero, nella regione di Valparaiso in sette: tre spagnoli (Pedro, Moni e Javi), una palermitana (io), un argentino (Leo), due cileni (Santi e Victor) e un cane di nome Allegria. Stavamo bene ma avevamo la necessità di fare il carico di acqua, gasolio e viveri. Appena ci siamo messi in contatto radio con la capitaneria di porto, ci hanno avvisati che avremmo dovuto fare un controllo sanitario per poter sbarcare, anche se praticamente noi eravamo in quarantena da un mese e stavamo bene. Con guanti e mascherine, sono venuti così a misurarci la temperatura e a farci compilare un documento. Il giorno dopo, però, lo sbarco è stato concesso solo ai due cileni".

Passano i giorni e nonostante l'ambasciata italiana e quella spagnola avessero già inserito i membri dell'equipaggio nella lista di un volo di rimpatrio per la Germania, tutto era fermo senza il nulla osta allo sbarco da parte della capitaneria. "Nel frattempo - racconta la giovane ricercatrice - l’ambasciata tedesca ci ha avvisati che non ci sarebbe stato alcun volo di rimpatrio e, come se non bastasse, che gli ultimi voli di linea disponibili stavano terminando. Se fossimo sbarcati senza il via libera della capitaneria ci avrebbero arrestato, non avevamo altra scelta che aspettare disperatamente la concessione dello sbarco". 

Schermata 2020-04-24 alle 12.28.56-3"A bordo - racconta Barbara - abbiamo iniziato ad organizzare dei turni per cucinare, pulire e svolgere delle riparazioni. Convivere in uno spazio piccolo può essere molto difficile, specialmente in una situazione così incerta dove ognuno è più stressato del solito e quindi ci siamo sforzati di andare il più d’accordo possibile gli uni con gli altri. Durante la navigazione si organizzano i turni di guardia, dove una persona o due sono responsabili della barca e della navigazione per qualche ora e poi si va così in rotazione. Quindi non esistono più la notte e il giorno. La zona dei fiordi della Terra del Fuoco è una delle più umide della Terra, così potevamo passare anche sette giorni di seguito con pioggia. Per non bastare, aggiungere alla tua stabilità mentale il peso dell’incertezza di come e quando poter ritornare a casa fa la differenza. Il nostro ritorno era previsto per inizio aprile, ma già da metà marzo ci rendevamo conto che la pandemia si stava espandendo e che probabilmente avremmo incontrato molte difficoltà per rimpatriare".

Difficile, però, avere la reale percezione dell'espansione del virus in una barca, lontana da tutti e tutto. "In navigazione, però - continua - ci sono tante regole e tante priorità, la più importante è che la barca galleggi e ci porti in salvo. La mente adotta quindi un mind-set di sopravvivenza che pone in secondo piano tutte le altre questioni della vita. Anche se la quarantena in una barca può sembrare un’idea allettante vi assicuro che qualsiasi situazione, anche la più paradisiaca, se è vissuta senza libertà di scelta si tramuta in una prigione. Abbiamo passato più di un mese senza poter scendere dalla barca e senza molte possibilità di movimento. E’ importantissimo in queste situazioni organizzare una routine e che le 24 ore siano impegnate. Abbiamo deciso di fare colazione tutti insieme alle 8, poi ognuno si dedicava a lavori individuali: chi ad aggiustare parti meccaniche, chi all’edizione delle foto e dei video del viaggio, chi a cercare soluzioni per attraccare barca chiamando i vari porti del Cile, chi si dava alla pesca dei granchi della zona e così via… Alle 11, grazie a Leo che è specialista in cross-fit organizzavamo una piccola palestra in coperta e fuori, con bidoni dell’acqua e cime per allenarci un po' e restare in forma. Ogni giorno si incaricava una persona di preparare pranzo e cena, lavare e sparecchiare. Alla fine si è creato una specie di contest per chi cucinasse il pranzo più fantasioso con la limitata varietà di alimenti a bordo. Dopo il tramonto spesso guardavamo dei film o bevevamo vino e rum come buoni marinai".

Schermata 2020-04-24 alle 12.29.14-3A volte, però, in situazioni simili tenersi impegnati non basta. "La convivenza tra persone tanto diverse tra loro e con diverse abilità comunicative può essere abbastanza difficile, specialmente quando non si trova un accordo. In una situazione normale le due persone si allontanerebbero e ognuna andrebbe per la sua strada, ma qui siamo costretti a convivere e a condividere uno spazio limitato e a volte anche la stessa cabina. E la mente cambia trasformando all’improvviso la puzza dei calzini sporchi di un membro dell’equipaggio nella cosa più terribile nel mondo, finendo per attribuirgli addirittura la ragione del perché tu sia ancora bloccato in Cile. Ogni personalità (spesso a bordo sono tutte forti) si eleva all'ennesima potenza con tutti i suoi pregi e difetti. Ci sono storie di marinai che bloccati su una navigazione lunga e senza via di scampo si sono addirittura uccisi a vicenda, ed erano marito e moglie. Beh, la convivenza in barca espande tutte le tue emozioni e bisogna saperle controllare. Sicuramente dopo questa esperienza tutti noi, a livello mondiale, abbiamo migliorato le nostri abilità nell’essere pazienti".

Il 18 aprile arriva finalmente la notizia tanto attesa: la barca può attraccare in un porto. "Siamo attualmente fermi in una cala all’ancora, perché il porto di Quintero non ha una struttura che permette l’attracco di una barca grande come questa. Due membri dell'equipaggio una volta a settimana, armati di guanti e mascherine, vanno a fare la spesa o ad acquistare i pezzi per le riparazioni. Utilizziamo il dinghy e in 5 minuti arriviamo al porto e da lì chiamiamo un taxi che ci lascia al supermercato. Al ritorno dei marinai disinfettiamo tutto e lo stiviamo in coperta, ma la felicità di poter sbarcare e poter comprare frutta e verdura fresca è sempre contrastata dalla tristezza di non poter rimpatriare: non ci sono voli disponibili per l’Europa".

Schermata 2020-04-24 alle 12.28.46-3L'attesa però non è finita: ancora oggi, infatti, non esiste alcun volo di rimpatrio. "Le compagnie aeree dicono tutto e dopo qualche ora il contrario di tutto. Alcune compagnie dicono che inizieranno a collegare il Cile all’Europa a partire da giugno, ma sappiamo bene che questi dati potrebbero cambiare da un giorno all’altro. Sono iscritta a vari gruppi Whatsapp e Facebook di europei bloccati in Cile e stiamo iniziando a raccogliere numeri e informazioni per poter far sentire la nostra voce. C’è chi ha partner e figli in Europa, chi ha problematiche di salute e chi ancora non ha abbastanza mezzi finanziari per sopravvivere all’estero. Io a maggio mi sarei dovuta trasferire a Bruxelles per cominciare un dottorato in chimica. Sappiamo bene che come noi ci sono tante altre persone nel resto del mondo che cercano di rimpatriare e non possiamo far altro che condividere la nostra solidarietà e unire le voci. Fortunatamente, il motto della barca che è 'Alegria Marineros' è stato anche il nostro, che ci ha permesso di ridere ogni giorno e prendere un po' tutto con filosofia. Alegria Marineros".

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