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Il Traditore Buscetta al cinema: "Amante di donne e bella vita, tutti hanno subito il suo fascino"

Il film di Bellocchio, uscito nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci, ha ricevuto 12 minuti di applausi al 72° Festival di Cannes. Favino, il protagonista: "E’ stato un lavoro lungo, mi è quasi dispiaciuto doverlo abbandonare dopo aver finito le riprese"

Un film di vendette e tradimenti, che racconta un Tommaso Buscetta inedito, interpretato da Pierfrancesco Favino. C'è l’arresto in Brasile, l'estradizione in Italia, il rapporto con Giovanni Falcone e il Maxiprocesso alla mafia. Poi la strage di Capaci e le rivelazioni su Andreotti. E' “Il Traditore” di Marco Bellocchio, unico film italiano in concorso per la Palma d’oro, uscito nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci, che ha ricevuto dodici minuti di applausi al 72° Festival di Cannes.

Pierfrancesco Favino, il protagonista, ha raccontato come ha lavorato sul suo personaggio del boss Tommaso Buscetta, rappresentandone anche le fragilità. “E’ stato un lavoro lungo e affascinante, molto accurato. Mi è quasi dispiaciuto doverlo abbandonare dopo aver finito il film, perché quando inizi a scavare scopri anche cose che non hanno solo a che fare con Buscetta” ha detto.

“Il punto di partenza è stato: io so cose che Buscetta vuole che io sappia di lui, perché si è costruito da solo la sua memoria storica. Quindi cosa non vorrebbe che sapessimo su di lui Tommaso Buscetta? E da lì ho iniziato una sorta di indagine personale, da cronista, cercando anche altre fonti, e questo ha aperto tantissime porte. Poi c’è la libertà dell’interprete di intuire delle cose anche dai piccoli dettagli: dalla vanità, dall’ossessione per il cambio delle fattezze, dal non voler invecchiare, dal volere donne giovani al suo fianco, tutto quello che andava anche un po’ in contrasto con quello che diceva. E questo contrasto, secondo me, visivamente c’è tanto nel film. Nel film c’è tanto dell’uomo Buscetta, anche delle sue fragilità”.

Marco Bellocchio: “E’ un progetto televisivo e cinematografico che già in molti volevano fare e il personaggio di Buscetta ricorre ma come personaggio secondario in film e serie tv”. Fondamentale spiega Bellocchio, la scelta del protagonista. Un grande Favino. “Veramente in modo creativo ha dato al film un carattere e una personalità”.

Favino ha lavorato a lungo sul personaggio, scavando, indagando, parlando con chi conobbe Buscetta, studiando le sue ossessioni. "E' una specie di gangster anni ’50-’60 - ha spiegato l'attore - amante di donne e bella vita che vuole fare la bella vita e pensa di essere più bello e intelligente degli altri, cosa che in effetti gli viene riconosciuta. Non c’è stato uno con cui io abbia parlato che non abbia subito il fascino dell’uomo Buscetta. Il fatto che lui sia un criminale, eticamente mi pone in una situazione scomoda. A volte io credo al fatto che possa avere delle sofferenze per ciò che gli è accaduto e sento di partecipare”.

“Penso che Bellocchio sia riuscito a fare una cosa miracolosa: non fare nessuna glorificazione epica dell’ambiente mafia, forse per la prima volta nella mia esperienza di spettatore vedo la mafia rappresentata come un ambiente rurale di persone con un bassissimo livello culturale e legate a dinamiche di guerra, potere, denaro e appartenenza”. La mafia è raccontata anche in modo teatrale: “C’è nel film qualcosa più che di shakespeariano, di operistico, questa è stata una scoperta che non era prevista ma nel gran teatro dell’aula bunker abbiamo cercato di rivivere questa tragedia come un gran teatro, un’opera, in cui c’è il tragico grottesco”.

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